Capitolo diciannove.

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Esher, 21 Giugno 2015

Con una freddezza e meticolositá al di fuori delle mie capacità finisco di pulire il tavolino ed il pavimento, mi congedo dal ragazzo con una frase che spero sia di senso compiuto e chiedo a Tom di poter uscire un'ora prima da lavoro, dicendo semplicemente che un mio amico non sta bene, lui mi abbraccia di slancio, capendo tutto e mi da alcune pacche sulla spalla, chiedendomi notizie al più presto. Annuisco come un automa, ed esco fuori dal negozio, riesco a fermare un taxi all'ultimo secondo, e dopo aver sussurrato all'autista la destinazione, mi rilasso contro il sedile congiungendo le mani sotto il naso. Ad invadermi le narici il solito odore di libri misto a caffè, oggi più insistente del solito...due persone che si cercano, si trovano e si perdono continuamente. Le mani tremano contro il mio viso, ma sono l'unico tratto di debolezza, l'unica piccola sbavatura che mi concedo. Ho sempre adorato il silenzio, quello che l'odiava era lui, eppure adesso mi opprime, mi pizzica la pelle con cattiveria. Ma io lo adoravo, perché era tempo per me, perché esistevo solo io ed i miei pensieri, perché ero solo io, senza fingere nulla, senza dire nulla. Ma adesso lo sto odiando, perché mi da modo di pensare, mi fa rendere conto di cosa sta davvero succedendo, perché non posso semplicemente scostare la testa se sono in silenzio, se sono in silenzio riesco solo ad immaginare il suo corpo privo di vita... Senza che me ne accorga sono fuori dalla clinica, non so nemmeno la cifra che lancio sul sedile al tassista, che sono già su per le scale, mi sembra tutto estraneo, tutte le facce che vedo mi sembrano sconosciute, perché è così che dovrebbe essere, io non dovrei conoscere nessuno, nessuno qui dentro dovrebbe sapere il mio nome, nessuno dovrebbe sapere il suo nome, perché lui doveva stare bene, e in quel modo non ci sarebbe stato bisogno di nessuna clinica, non dovevano curarlo, non dovevano costringerlo a mangiare, non dovevano costringerlo a vivere. Perché a lui la vita piace tanto, lui era il mio concentrato di vita personale, come un fuoco d'artificio continuo racchiuso nel corpo più bello, con le scintille a sfregarsi con la sua anima più luminosa del fuoco stesso. Mi fermo due secondi sul piano dove abbiamo trascorso i nostri momenti, riesco a vedere la porta che ha nascosto per mesi la nostra vita, e non vorrei, ma mi tremano le gambe, perché ho tutto d'avanti agli occhi, perchè mi scorre tutto sulla pelle, quei momenti in cui sentivo di avercela fatta, che le nostre mani unite sarebbero state in grado di portarlo fuori da quel buio in cui si era cacciato, e quei momenti in cui invece sprofondavo con lui, ma salgo le scale, corro lontano dai ricordi, perchè mi rendono debole, ed io non posso crollare, non ancora.
"Harry..." È Liam a parlare, e quando volto la testa Zayn é stretto fra le sue braccia, a capo chino, scosso da respiri profondi e meccanici, mentre Niall ha entrambe le mani a coprigli gli occhi, con un paio di occhiali incastrati fra i capelli biondi. Zayn alza la testa, mi guarda, con uno sguardo che mi trapassa l'anima, con uno sguardo che passa attraverso il mio corpo, che frantuma ogni mio osso e si alza in piedi. Mi blocco e lui si avvicina lentamente, potrebbe sembrare un morto che cammina, è un morto che cammina. È la definizione più assoluta di distruzione, è completamente e assurdamente distrutto. Non esiste più il ragazzo da copertina, quello che ho conosciuto quel giorno in quella meledetta caffetteria, quello che mi ha stregato in tutti questi anni, con sorrisi e sguardi carismatici. Non esiste il ragazzo che è stato un sostegno silenzioso, un maestro di vita, il fratello di un amore troppo grande. Non esiste nessuno, è uno spettro di se stesso, è una finta proiezione di quello che era, e di quello che può essere. E si butta fra le mie braccia, singhiozzando rumorosamente, come se vedermi abbia riportato a galla i ricordi, abbia distrutto i margini. Io invece sono ancora isolato nel mio cervello, tutti i rumori sono fuori dalle mura che ho eretto velocemente nel momento esatto in cui ho ricevuto la chiamata. Come il mio cervello ha compreso le sue parole ho eretto il primo muro, la consapevolezza andava eliminata. Poi mentre uscivo dal negozio, annullavo il lavoro, la città, il vociare. E nel taxi ho represso i ricordi, con muri più doppi, ed è stato la cosa peggiore, perché qualcuno mi è rimasto attaccato alla pelle, e lo sento ancora, ma sono circondato da mura, sono intoccabile, devo essere indistruttibile. Anche se non mi permetto di pensare o dire il suo nome, perché le fondamenta sono già precarie, ed io ho paura che possano crollare da un momento all'altro, io sento che ogni minima scossa possa farle crollare da un momento all'altro, ed io non posso, non devo permetterlo, devo essere lucido, devo rimanere analitico all'inverosimile. Zayn alza il viso e mi guarda, gli occhi rossi e gonfi, le labbra martoriate ed il viso pieno di ombre. "Ho accettato che tu venissi prima di me" inizia, e sento il cuore scricchiolare, o forse sono i muri, i muri formati dalle mie emozioni, che tengono fuori tutto il resto, ma un ricordo riesce a strisciare fra le crepe, quello del nostro primo bacio, dopo la lite violenta che ebbero in quel locale, lui crollato fra le mie braccia, quel sapore sulle labbra che non mi ha mai abbandonato, quelle frasi che senza sforzo riesco a sentire risuonare nella mia mente come se fra me e te possa mai esserci qualcosa, quelle frasi a cui non ho mai saputo dare risposta, perchè cosa c'é stato? Cosa c'è e cosa ci sarà mai fra me e lui? È una domanda che mi ha martoriato, perchè lui l'aveva posta quasi come se quello in difetto dovesse essere lui, ma sono sempre stato io quello insignificante al suo cospetto, io il bimbo normale che piangeva e faceva i capricci, io l'adolescente combattuto ed insicuro, io l'uomo ancora incerto e per niente realizzato, e anche adesso, che combatto,che stringo i denti, sono solo una luna che brilla di luce riflessa, di forza riflessa, che ruba al suo sole. Come se uno come te potesse mai innamorarsi di uno come me.
"Ti ho aiutato ad amarlo, perché era giusto così, perchè doveva andare così" Zayn che si è messo da parte, Zayn che lo ama nel modo più puro e nobile, Zayn che lo ha cresciuto e lo ha visto uccidersi, Zayn che piange fra le mie braccia perchè lo aveva affidato a me ed io non sono stato in grado di proteggerlo, Zayn che mi guarda con quei pozzi di fango, mentre le ginocchia si scontrano con il pavimento, perchè non ce la faccio, non ci riesco "perchè avete questo dannato filo rosso attaccato al dito, che non si spezza, che non si taglia, ed io ci credo più di voi" piange più forte mentre il mio corpo è scosso da singhiozzi asciutti "io ci ho scommesso la mia vita sul vostro amore" e vorrei urlare, urlare con tutto il fiato che ho in corpo e spaccare questo dannato piano, vorrei rompere ogni porta, ogni finestra, perchè non ce l'ho fatta, perchè non ci ho creduto abbastanza, perchè se non dovesse riprendersi sarebbe solo colpa mia "ma devi amarlo con tutto te stesso. Perché lo devi riportare da me, riportalo sano e salvo fra le mie braccia, Harry", è una preghiera, ed io lo stringo forte, non sapendo che dire, non sapendo che fare "ti prego Harry, perchè senza di lui neanche il mio cuore batte più" e mi alza il mento, che fino a quel momento era stato nascosto nel suo collo e “Tutto l’amore che provi per lui ce l’hai nascosto negli occhi" fa e sorride fra le lacrime, un raggio di sole fra la tempesta al ricordo di quanti anni siano passati da quando mi ha detto questa frase con la sua solita tranquillità e di quanto opposta sia adesso la situazione "devi solo trovare il modo di far arrivare quell'amore al suo cuore, perché solo allora sarà salvo" ed un pensiero mi arriva al cuore, e mi toglie il respiro, uno di quelle confessioni nostre, fatte all'ombra dei nostri alberi, una di quelle sussurrate e che arrivano come un soffio di vento: mi disse che io ero diverso, mi disse che di solito la gente quando crolla si lascia andare, guarda i pezzi intorno a se e non fa nulla per ricostruire il proprio mondo, mentre io ero in grado di sistemare tutto fra le lacrime, di rimanere lucido nella disperazione, ed io dissi che si sbagliava, io ero convinto di essere debole, e che tutta la forza che lui mi attribuiva era dovuta al bene che mi voleva, ma adesso forse gli sto dando ragione, perché mentre Zayn crolla, come un palazzo, lanciando macerie qui e là, io crollo internamente e non lascio che nemmeno un frammento tocchi il terreno, perché sono di nuovo fra le mie mani, e con quei pezzi ho costruito la mia fortezza, sono forte perché anche se a casaccio ho ricostruito me stesso in un momento che non credevo possibile, sono forte perché probabilmente riuscirò davvero a crollare solo quando i suoi occhi saranno di nuovo aperti, quando saprò che non corre più nessun rischio, quando sentirò la sua voce dirmi le sue solite parole che mi urlano poesie piene d'amore "perchè sei l'unico che lo vede quando é dall'altra parte del mondo, che lo ascolta quando non parla con te, che lo capisce quando nessuno lo fa e che lo ama mentre lui non c'è" un mattone mi colpisce al centro del petto, ed io annaspo, perché non so che fare, non so che dire, mi convinco che sono forte e poi ho paura di crollare, sono un'altalena "perché lui non c'è Harry, ed io non so che fare" scuotiamo entrambi la testa perchè non può esistere universo dove lui non c'è e noi stiamo bene, non può essere "ti prego" singhiozza ancora, mentre una cascata di mattoni mi annienta, non sento più uno straccio di pelle, un centimetro di muscolo, è tutto ovattato, distante, ma tutto allo stesso tempo preme, di un dolore che non ha fonte ma solo destinazione, che si espande mentre tutto si annienta "ti scongiuro riportalo da me, riportalo indietro da noi e con il tuo amore rendilo eterno."

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