Capitolo quattordici.

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Doncaster, 12 Febbraio 2014

Sai quando ti dicono che c’è tempo?
Sai quando ti dicono che il Mondo può aspettare?
Sai quando ti dicono che se sei giovane e hai tutta la vita d’avanti, troverai un modo per risolvere i tuoi problemi?
Bè in questo momento mi è chiaro che sono tutte stronzate.
Perché il tempo scorre, inesorabile e netto, che tu lo senta o no, che tu lo voglia o meno.
Ed il mondo gira, perché non si fermerà per i tuoi problemi, non si fermerà nessuno per te.
Ma soprattutto, ora come mai, dal momento in cui Louis mi ha praticamente annunciato la sua morte, sento il mondo girare, sento le nuvole spostate dal vento, sento il freddo pungermi la faccia ed il sole sbattermi contro la pelle, sento le risate dei bambini in strada, ed i sorrisi della mia famiglia toccarmi il cuore, sento ogni cosa accellerare mentre il tempo scorre più veloce, il mondo gira più frenetico, ed io non posso far altro che prepararmi al momento in cui dovrò sentire sul serio la sua mancanza, perché come un automa ogni giorni mi sveglio con la consapevolezza che possa essere l'ultimo giorno che, anche se da lontano, Louis è con me. E più di tutto sento il dolore impadronirsi di ogni muscolo, di ogni arto, perché è grazie a lui che sono diventato chi sono adesso, è grazie a lui se so sorridere davanti ad un neonato e commuovermi davanti ad una poesia. E’ grazie a lui che sono in grado di sentire, e la paura più grande è che andando via sia in grado di portarsi dietro tutte le cose che mi ha insegnato, se senza di lui non sentirò più nulla.
Ed io ho anche combattuto, ci ho provato ad azzittire i miei pensieri, occupavo ogni secondo, ogni istante per non pensare a lui, per non pensare a nulla, uscivo, lavoravo più del dovuto, accumulando ore e ore di straordinario, e tornato a casa cercavo di non dormire, perchè dormire voleva dire sognare i suoi occhi, la sua risata, le sue mani, sognavo che tutto era così vicino, così preciso che sembrava reale, lo sognavo e lo amavo, ma lui iniziava a correre via da me, correva ed io non riuscivo proprio a prenderlo, proprio come quella volta al parco, tanti anni fa, in cui mi disse che sarei diventato forte e bello, che sarei cresciuto, che sarebbe stato al mio fianco, che un giorno avremmo corso insieme.
Ma poi mi sono reso conto di non poter fare nulla, che occupare i giorni non avrebbe posticipato il dolore, che correre mi avrebbe avvicinato solo alla meta, che scappare, pur lontano, non mi avrebbe di certo permesso di non soffrire, eppure so in qualche modo di non poter reclamare tutto questo dolore, perchè non ho fatto nulla per salvarlo, perchè non sono nessuno per piangerlo.
Non sono più nessuno, non sono più il suo migliore amico, non sono più suo fratello, sono un estraneo.
Un estraneo che si è visto catapultare addosso una realtà scomoda, in cui ha dovuto consolare uno Zayn abbattuto, che cadeva sempre più in basso ogni volta che il peso sulla bilancia di Louis diminuiva, che ha dovuto abbassare la testa durante qualsiasi programma televisivo nel quale si domandavano dove il modello del momento fosse finito e ha dovuto ignorare qualsiasi domanda da parte di amici troppo curiosi, perché lo pensavo disperso chissà dove, a combattere contro la dipendenza dalla droga, ma soprattutto contro le sue manie del controllo e che soprattutto ha dovuto combattere contro i suoi demoni, contro quegli incubi che gli dilaniavano il sonno e lo facevano svegliare nel bel mezzo della notte, con una sola convinzione: non ho fatto abbastanza.
E questo lo so continuamente, a lavoro, con le mani nell’impasto, penso che è grazie a lui che ho scoperto l’amore per la cucina e che presto i nostri giorni a cucinare non saranno più bei ricordi, ma pugnalate nello stomaco, per casa, in cui ogni angolo mi riporta in mente un ricordo di noi due insieme, bambini ingenui che forse non si vedranno mai più, per strada, in cui ci vedo correre, giocare o prenderci in giro, ed immagino gli spettri che ci vedrò fra qualche tempo e ci vedo perfino nei posti in cui non siamo mai stati materialmente, ma in cui avremmo voluto passare la nostra vita.
Ci vedo nel nostro attico a Londra, con una birra in mano a guardare delle vecchie puntate di Friends e a commentare la nostra giornata, ci vedo in Italia, sulle colline della Toscana, lui che legge un libro ad alta voce ed io con la testa sulle sue cosce ad ascoltarlo, ci vedo a New York, per le strade sempre in movimento, sempre in evoluzione, a guardare ogni cosa, a provare ogni cosa, e ci vedo qui, accocolati sul mio letto, a non far niente di speciale, perché noi due non avevamo bisogno di nulla, se non di noi stessi.
E poi mi rendo conto che non sarà mai più così, e crollo.
Crollo ogni notte contro il cuscino, crollo quando non riesco a mangiare, crollo quando piango contro la spalla di mia madre e lei non può far altro che accarezzarmi la schiena e dirmi che passerà, crollo perché so che non passerà mai più, perché so benissimo che lui non può passare.
Crollo e non so da dove ricominciare a vivere.
"Mostriciattolo!" Gemma entra in camera senza bussare o per lo meno chiedere il permesso, con l'andature spavalda che l'ha sempre distinta, la ringrazio silenziosamente per avermi destato dai miei pensieri.
"Gems cosa ti affligge?" Domando mentre porto le mani dietro la testa e la testiera del letto spinge contro le mie spalle.
"Mi stai prendendo per il culo?" Spalanca la finestra e si accende una sigaretta mentre mi guarda con le sopracciglia unite e le labbra contratte.
"Sei davvero una lady." Esclamo guardandola fare quei gesti meccanici che così tante volte ho visto fare a Louis: aspirando forte con le dita sottili ancorate al filtro, per poi rilasciare il fumo fuori dalla finestra ed infine guardarmi con quegli occhi di quel meraviglioso azzurro tiepido.
"Non cambiare discorso" ribatte con fare schizzinoso "è troppo tardi"
"Non dirlo" la interrompo senza darle modo di continuare e senza rendermene conto dalla mia bocca esce un ringhio. Lei mi guarda estrefatta ed io mi affretto ad alzarmi e ad abbracciarla, avrebbe sicuramente continuato dicendo che era troppo tardi per nasconderle la verità, ma il mio cervello è scattato comunque. Lei non sa che queste sono le parole che costellano i miei sogni, i miei incubi, lei non sa che queste sono le parole che mi hanno fatto capire la gravità della malattia di Louis, che si nasconde dietro la droga, che si nasconde dietro l’anoressia, ma che è completamente mentale, che è completamente annidata dentro di lui e si ciba di ogni sua sofferenza, di ogni sua debolezza, di ogni sua paura. “Scusami” lei mi zittisce e mi avvolge con le sue braccia magre “sono le parole che mi ha detto” si allontana e mi guarda confusa “le parole che ha usato lui quando mi ha detto che sarebbe andato in clinica.” La porto sul letto e mentre io mi porto le gambe al petto lei le incrocia e con fare fin troppo calmo mi fa “Ma una volta per tutte questa fottuta storia vuoi raccontarmela per bene?”
“Non ce la faccio Gems, è troppo lunga, fa troppo male” la guardo e scuoto la testa, il ricordo delle corse in alto e dei fossi improvvisi potrebbe davvero lasciarmi secco “e poi cosa c’è da raccontare?”
“Per noi Styles nulla è mai troppo” mi prende le mani “e qui c’è la tua sorellona, parti dall’inizio.”
“Io e Louis ci siamo conosciuti quando avevo a malapena cinque anni, sapevo almeno parlare?” le chiedo con i bei ricordi a spingere le mie labbra a tendersi all’insù e le mie fossette a farsi vedere come non facevano da tempo. Sento il vento, sento la canzoncina che intonava per imparare le lettere dell’alfabeto, sento le frasi dei primi libri di cui si innamorava.
“Lo ricordo ancora senza denti e con i capelli a scodella, dici che se vendiamo quelle foto in esclusiva, diventiamo ricchi?” io la guardo sollevato da queste uscite più leggere del solito, che mi fanno sorridere, che mi fanno riflettere mentre una fitta mi dilania il cervello. Non è più così.
"Louis era perfetto" Louis è perfetto, Louis è perfetto, Louis è perfetto, solo non lo capisce "andava bene a scuola, non faceva mai i capricci e non piangeva quasi mai, ma quando lo faceva..." prendo un respiro profondo e vorrei modificare tutti quei ricordi, vorrei poter avere una matita per fare uscire dalle mie labbra parole diverse, per poterlo accarezzare una volta di più, per poter stringerlo più forte ancora una volta "piangeva perchè non si sentiva parte della sua famiglia, perchè non era il vero figlio di Dan e lui bramava tanto il figlio maschio, perchè la madre di Jay gli diceva ogni volta che lo vedeva che era un errore, che non doveva essere con loro a quel tavolo perchè era solo uno sbaglio di gioventù. Louis è diventato perfetto per poter cancellare tutti quegli insulti, per poter essere un orgoglio, per poter dimostrare a tutti che meritava di esserci." Quella volta che era scoppiato in lacrime al pensiero che sua madre avrebbe potuto abortire? Stavamo scoprendo cosa significasse l'aborto, cosa significasse il sesso, cosa volesse dire rimanere incinta a 15 anni. Ed era distrutto, ed io con lui, al solo pensiero che potesse non essere lì con me. "E crollava solo con me, solo io ho visto per anni quella parte debole del suo carattere, quella parte crepata del suo cuore e adesso" ingoio il dolore senza mai staccare gli occhi da quelli di mia sorella, così simili ai miei da poterci leggere dentro la tenerezza, il rimorso e perfino la tristezza "mi maledico ogni giorno per non essere stato in grado di farlo sentire amato, perche mi ero promesso di riuscirci ed invece poi è arrivato Zayn e non so cosa è successo nel mio cervello" vengo scosso da un singhiozzo asciutto e lei mi guarda preoccupata  "lui diceva che il nostro rapporto era strano, che io lo amavo e con il tempo mi sono reso conto che non potevo che dargli ragione. E non sto dando la colpa a lui, perché semplicemente il mio amore nei confronti di Louis doveva venire a galla, ma ero sconvolto, ero seriamente innamorato del mio migliore amico? Ero sul serio gay o mi sarebbe passata?"
"Harry" raramente mi chiama con il mio nome di battesimo e quando lo fa sento, come in questo momento, un brivido attraversarmi la schiena "l'amore non nasce fra due organi sessuali, ma fra due anime. Non ti avremmo mai giudicato."
"Tu no, voi no. Ma lui?" La guardo ancora disperato, allo stesso modo ammaliato e spaventato. Perché Louis mi fa diventare matto, in un modo viscerale e sconsiderato, in ogni attimo della nostra vita insieme, mi confondeva, mi ha sempre lasciato dei segnali, che adesso con gli occhi della speranza, e dell’amore, mi lasciano senza battiti e forz, ma cos’è l’amore? "Mi avrebbe mai amato?"
"Louis ti ama glielo vedevo negli occhi" stringe la presa "perchè sei sempre stato così cieco?"
"Perchè lui ama Zayn, quando me lo disse per la prima volta gli brillavano gli occhi, ed io ero felice, lui era felice." Sorrido forte e guardo in alto per trattenere le lacrime "Chi ero io per rovinare la sua vita, la sua felicità? Io ero solo l'amico d'infanzia, il bambinone da accudire, la spalla su cui piangere"
"Non sei mai stato solo questo" mi prende dalle spalle e continua "tu l'avresti fatto sentire amato, tu l'avresti fatto vivere, non era una promessa?"
"Non ne sarei mai stato in grado, Zayn invece si. Lo faceva sentire amato, lo faceva brillare."
"E adesso?" Domanda con gli occhi semichiusi e la bocca deformata dalla curiosità. "Adesso dopo l'overdose, l'anoressia e la clinica?"
"Adesso mi guardo indietro e non so ancora se sarei stato in grado di fare di meglio o se mi sarei almeno avvicinato a quello che ha fatto lui" Zayn ha fatto di tutto, ha avuto pazienza, dolcezza, calma e amore. Soprattutto amore, un amore puro, senza sbagli, senza tentennamenti, senza interferenze. "Zayn ha fatto l'impossibile, e non ci è riuscito. Io cosa avrei fatto? Zayn mi ha chiesto così tante volte aiuto e non appena vedevo il lui che non conoscevo scappavo, lui è rimasto anche considerandolo uno sconosciuto." Mi cade una lacrima e sorrido guardandola. "Cosa mi resta da fare Gems? Cosa posso fare più di lui?"
"Tu ami tutto di Louis. Ed ecco la differenza, tu devi semplicemente accettare di amare il suo lato oscuro, perchè lo conosci già, perchè lo ami già"
"Come lo sai?" Domando scavandomi dentro e trovando lastre di lacrime e abbracci.
"Perchè ti ho visto guardarlo anche nei momenti peggiori come se volessi dedicargli una poesia, piccolo. E dimmi che non vorresti perfino il suo peggio"
“Io lo voglio accanto a me la mattina, con i capelli spettinati e l’alito pessimo, con gli occhi gonfi ed il pigiama enorme. Lo voglio con le coperte fino al collo, e i piedi freddi a strofinarsi contro i miei. Lo voglio nervoso, capriccioso e arrabbiato, lo voglio con la parlantina di prima mattina ed i morsi sulla pelle” deglutisco con forza, come ad ingoiare il pensiero che mai potrò averlo in questo modo “Io non voglio solo il suo meglio, io voglio il suo peggio, io voglio tutto di lui.”
Mi si avvicina e a pochi centimetri dal mio viso soffia "Ti sei risposto da solo, amalo Harry, ama tutto di lui, come solo tu sai fare, e allora potrà ricominciare a vivere. Potrete ricominciare a vivere. Devi solo ricominciare da voi."







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