Capitolo 3

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La porta di casa venne aperta e poi sbattuta, Hyram avvertì un brivido di terrore, percorrere la sua schiena e dopo poco, vide sbucare il soggetto di tutte le sue paure.

L'aspetto di un senzatetto e la solita bottiglia d'alcool in mano, ghignò ubriaco e Hyram posò il piatto sul lavandino, sentendo il cuore balzargli alla gola.

Non voleva essere picchiato ancora, il suo corpo non ne poteva più di tutti quei lividi che sembravano non voler guarire mai.

"Devi andartene finocchio!" sputò acidamente l'uomo che non considerava come padre.

"Cosa?" sussurrò, indietreggiando istintivamente.

"Girano voci che ti riempio di botte e non voglio finire in prigione a causa di un succhiacazzi come te. Quindi prendi i tuoi stracci e sparisci dalla mia vista o è la volta buona che ti ammazzo" sibilò, tirando poi la bottiglia in direzione di Hyram, senza centrarlo, facendolo sobbalzare dallo spavento.

Scoppiò a ridere per la paura nel volto del figlio, adorava quell'espressione terrorizzata ogni volta che gli faceva del male.

Hyram corse via dalla cucina prima che suo padre cambiasse idea e decidesse di massacrarlo, come spesso capitava.

Raggiunse la sua camera e infilò tutto ciò che poté all'interno di una valigia, tremando, piangendo, domandandosi come avrebbe fatto a sopravvivere là fuori.

Ma in quel momento l'unica cosa che voleva, era cogliere la possibilità di scappare da quella casa, testimone di crudeltà troppo grandi per i suoi diciotto anni.

Decise di non prendere neanche le scale, si affacciò alla finestra e buttò al di sotto il borsone, per poi uscire sul cornicione e saltare sul ramo di un albero lì vicino, giungendo al prato, con quale graffio in più.

Mise la valigia in spalla e iniziò a correre per le strade buie, cosciente del fatto che nella zona dove viveva, poteva capitargli di tutto, specialmente di notte.

Ma non importava, a quel punto avrebbe preferito morire piuttosto che tornare indietro.

Corse verso l'unica persona che conosceva, l'unico che in quei mesi lo aveva aiutato almeno un po', il ragazzo gelido che a modo suo, si era preso cura di lui.

Jarred sentì il campanello suonare e si accigliò, osservando l'orologio appeso alla parete.
Si alzò con calma dallo sgabello davanti alla tela e raggiunse la porta, vedendo dallo spioncino, il ragazzino.

Fu tentato di mandarlo a farsi fottere ma quando aprì la porta, lo trovò con un'espressione peggiore di quelle che aveva di solito e un borsone pesante in spalla.

"Mi ha cacciato.." mormorò sul punto di piangere e Jarred sentì di nuovo quel briciolo di sentimento attraversargli il petto.

Pena.

E fu quella a spingerlo ad aprire la propria casa al ragazzino, che si intrufolò all'interno ancora tremante.

Lo liberò dal peso della borsa e nel farlo la manica della sua felpa, si alzò quel che bastava per mostrare dei grossi lividi neri.

Jarred lasciò cadere la valigia a terra con un tonfo e afferrò la felpa dell'altro, sfilandola via con dei gesti frenetici.

"No.. Jarred ti prego.." tentò di coprirsi inutilmente, una volta che l'indumento fu tolto, il suo busto apparve per ciò che era, una tela intrisa di macchie d'orrore.

Hyram, non potendo più coprire i lividi, si copri il viso con entrambe le mani, scoppiando in un singhiozzo.

Jarred fissò ogni segno sul corpo minuto e inaspettatamente lo prese tra le braccia, abbracciandolo delicatamente, per non fargli male ma stretto per fargli capire che era lì e poteva contare su di lui.

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