Capitolo 11.

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"Proviamo ad entrare in casa tua come due persone normali, per una volta?" Chiese Zayn, una volta atterrati sul tetto della mia casa.

Il vento leggero ci scompigliava i capelli, faceva un po' freddo.

Lo guardai. "Che intendi dire?"

Mi sorrise.
I suoi denti bianchi brillavano nel buio della notte, che lui rendeva magica con la sua sola presenza.

"Intendo, non entriamo dalla finestra della sua stanza come sempre.
I tuoi non ci sono. Possiamo provare ad essere normali, se vuoi."

Risi, contagiando anche lui.
"È okay."

Volammo, dal terrazzo fino giù al marciapiede.
Ricordavo quando, fino a poche settimane prima, avrei sclerato per scendere appena sul mio balcone.

Scacciai quei pensieri ed estrassi la chiave dalla tasca dei miei jeans, per poi inserirla nella serratura del portone.

Zayn si guardava intorno stranito.

"C'è qualcosa che non va?" Gli chiesi allora.

Mi guardò e sospirò, mentre entrammo nell'ascensore. "È solo che, tutto questo, mi ricorda la mia vecchia vita.
Un normale ragazzo di Bradford che apriva con le chiavi il misero portone della sua casa."

"Adesso entri dalla finestra immagino", ironizzai.

Scoppiò a ridere.
"Adesso ho tre appartamenti per ogni città dell'America", disse scuotendo la testa, con un amaro sorriso.

"Oh beh, non ti invidio proprio." Dissi io.

Mi guardò come se stessi dicendo una stupidaggine, ma non era così.

Uscimmo dall'ascensore. "A che mi servono quaranta ville se per vivere mi basta una cucina, un letto e un lavoro decente?" Domandai poi.

Mi sorrise. "Sei perfetta."

La fortuna sembrò dalla mia parte, quando mi accorsi che lui non potè vedere il rossore sulle mie guance poiché gli davo le spalle, intenta ad aprire la porta di casa.

Entrammo e ci togliemmo le scarpe, lanciandole da qualche parte, e lui si buttò sul divano accendendo la televisione.

"No ma, fai come se fossi a casa tua", dissi io andando in cucina.

"Ti ricordo che vivrò qua per due settimane!" Disse cambiando canale ogni due secondi.

Ruotai gli occhi avvicinandomi al salotto, notando il mio pigiama piegato sulla sedia accanto alla televisione.

"Dio", disse ad un certo punto.
"Giuro che ho portato tutto, ma ho dimenticato proprio il pigiama."

"Non è un problema, dovrei averne uno", gli dico.

Lui annuisce.

"Ehm.. Zayn" lo chiamai.

Mi rivolse uno sguardo.

"Ti presterò il pigiama che ho io, okay? Non ne ho da uomo." Tagliai corto, non volevo prendere quello di mio padre...

Mi sorrise. "Non c'è problema."

"Sta al piano di sopra, nella mia camera sul letto."

"Vado", disse alzandosi svogliatamente.

Quando si allontanò un pochino, sciolsi i miei capelli, che quella sera stettero tutto il tempo legati in uno chignon, e districai i nodi con le dita.

Rimasi in salotto, e mi sfilai la maglia tre volte più grande di me che portavo quella sera, restando in reggiseno.

Quando mi girai verso il divano per abbassare il volume alla TV, notai Zayn sulla punta delle scale che mi guardava con un mezzo sorriso, con il pigiama in mano.

Red planet | Zayn MalikDove le storie prendono vita. Scoprilo ora