Capitolo 36

13.2K 481 100
                                    

Quando quella mattina mi svegliai, mi sentivo ancora confusa.

Gli ultimi giorni erano stati talmente frenetici da lasciarmi con la testa in subbuglio, gli ultimi avvenimenti che mi sembrava fossero accaduti un attimo prima. Avevo ancora fresco il ricordo del bacio con Logan, poi il bacio con Harry, la nostra litigata, la verità che veniva a galla, lo scoop, l'isola di Ellis... Harry che se ne voleva andare. Soprattutto, Harry che se ne voleva andare.

Sapevo che ne avesse profondamente bisogno, sapevo che era qualcosa che doveva assolutamente concedersi, soprattutto prima dell'uscita del nuovo album e prima di tutti i programmi che ne sarebbero succeduti. Doveva staccare la spina, capire di cos'avesse bisogno in quel momento e darsi la possibilità di accantonare tutto ciò che di tossico aveva infettato la sua vita negli ultimi mesi.

Da un lato, avrei dato di tutto per essere con lui, per stargli affianco, ma sapevo che era grande abbastanza ed era arrivato il momento che si prendesse cura di sé stesso, nonostante la sua fragilità. Ci sarebbero stati Louis, Zayn, Liam, Niall... Sapevo che li avrebbe fatti avvicinare, volente o nolente, quando avesse per primo chiarito le idee dentro di sé.

Nonostante ciò, combattevo nel mio cuore una peste che era difficile da debellare.

Sapevo che avrei dovuto ascoltare Harry, che avrei dovuto solamente lasciargli spazio, fidandomi di lui e delle sue parole. Eravamo migliori amici. Volevo aggrapparmi unicamente a quello.

C'erano sentimenti contrastanti, da un lato e dall'altro, che mi portarono a prolungare la preparazione della valigia più di quanto non avessi voluto. Avevo come la testa altrove, in un mondo tutto mio in cui continuavo a ripensare al giorno precedente.

Era qualcosa che ancora non riuscivo a ritenere possibile, o anche solo probabile. La mia mente si era così tanto affaticata ad immaginare la vita di Harry da sposato, che ora dovevo resettare tutto. Non che mi dispiacesse, ci avevo sperato tanto – anche troppo – solo non riuscivo quasi a concepirlo.

Sentii dei passi tranquilli arrivare allo stipite della mia porta e una figura comparire da essa.

«Rue, sei pronta?» mio padre si affacciò nella mia stanza, mentre ancora riponevo delle felpe all'interno del borsone. Era quasi pieno, mancavano solo i panni sporchi degli ultimi giorni che avevo riposto in un sacchetto e il beauty case – neanche tanto beauty, dato che non vi riponevo nulla di troppo utile per la mia bellezza, se non un'umile mascara e il blush color pesca per dare un po' di colore al mio viso.

«Sì, sto arrivando» abbozzai un sorriso, tirandomi su e afferrando la busta, prima di spingerla all'interno facendo pressione.

«Bene, ti aspetto giù, vado a fare colazione» mi informò, sparendo un attimo dopo.

Annuii più a me stessa che a lui, rilasciando il respiro.

Quando finalmente chiusi il borsone, me lo misi in spalla con poca fatica, per poi afferrare la giacca verde acido dal letto e osservare la mia stanza. La rimirai più che altro, perché non pensavo avrei più alloggiato in un luogo talmente lussuoso, sarebbe stata la mia ultima occasione.

Quasi meglio della limousine rosa shocking e del vomito di Ireland fuori dal locale. Decisamente meglio.

Sospirai, appurando di non aver lasciato nulla delle mie cose e controllai anche l'atrio e la stanza di mio padre, perché era possibile che anche lui si fosse dimenticato qualcosa.

Mossi i passi incerti attorno al suo letto, quando fui attirata da un movimento fuori dalla finestra, proprio sulla strada.

Mi affacciai e mi resi tristemente conto che all'ingresso dell'hotel ci fossero accalcate numerose fan e soprattutto paparazzi. E constatai che fossero felici ed entusiaste, a quanto leggere dai cartelloni che avevano preparato da mostrare.

Il matrimonio del mio migliore amicoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora