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Apro gli occhi, mettendo a fuoco i drappeggi scuri di un letto a baldacchino. Deglutisco, mettendomi a sedere. Se non avessi consumato tutte le lacrime, piangerei ancora. Purtroppo non è solo un brutto sogno: è la realtà. Sono tornata nella mia prigione. Riconosco nella penombra i dettagli della stanza di Evan.

- Vi siete ripresa, finalmente.

Volto la testa di scatto verso la poltrona davanti al camino spento, dove Evan è seduto. Si alza lentamente, avanzando verso il letto. Inizio a fissare un punto di fronte a me, in modo tale da fargli capire di non avere alcuna intenzione di avere a che fare con lui. Ha ucciso la mia famiglia e mi ha portata qui contro la mia volontà.

- Guardami, - ordina.

Non mi volto.

- Guardami, Eleanor. Adesso.

Continuo a fissare la porta.

- Guardami! - esclama, afferrandomi il mento con una mano ed inclinandomi la testa all'indietro di scatto, in modo tale da costringermi ad immergermi nei suoi pozzi smeraldo. Rifiutando di obbedirgli, chiudo gli occhi.

- Aprili, - freme. La sua presa sul mio mento diventa più salda. Scuoto la testa, e quando parla di nuovo, la sua voce è un sibilo minaccioso diretto nel mio orecchio:

- Obbedisci.

Lentamente, faccio ciò che ha ordinato, guardandolo con aria di sfida. Non ha più importanza la mia incolumità. Seguire i suoi ordini non è più nei miei interessi.

- Uccidetemi. Perché non lo fate? Sono fuggita e voi mi avete trovata. Secondo la maledizione dovete togliermi la vita - sputo, guardandolo con disgusto. I suoi lineamenti si induriscono mentre serra la mascella ed un lampo rosso gli attraversa gli occhi.

- A che mi servireste da morta? - dice gelidamente.

- Non sono il vostro stupido giocattolo. Per quello c'è Ermine, non è così? - lo sfido.

Le sue pupille si dilatano, in preda all'ira.

- Non osare mancarmi di rispetto un istante di più - ringhia, afferrandomi per i polsi e costringendomi a sdraiarmi all'indietro. Si posiziona sopra di me, infilandomi un ginocchio tra le gambe, immobilizzandomi.

- E voi non osate toccarmi
ancora! - esclamo, cercando di divincolarmi.

- No, Eleanor. Questo è solo l'inizio.

China la testa per sfiorarmi la pelle del collo con le labbra. Il mio corpo reagisce d'istinto alla sua vicinanza e non posso far altro che inarcare la schiena sotto di lui. La sua risata sommessa mi dimostra che si aspettava esattamente una reazione del genere da parte mia. Ricomincio a lottare invano contro di lui, maledicendo me stessa per la mia debolezza. Quando la punta della sua lingua lascia una scia umida sulla mia pelle, stringo i pugni, conficcandomi le unghie nei palmi per concentrarmi sul dolore e distrarmi dalle sensazioni contrastanti che Evan mi sta facendo provare.

- Lascia che ti ricordi quanto ti piace essere in balia del mio
tocco - soffia sulla mia bocca, prima di chinarsi nuovamente sul mio collo ed avventarsi su di esso, penetrando la tenera pelle con i canini affilati.
Emetto un grido strozzato, inarcando la schiena ancora di più, mentre uno strano desiderio inizia a farsi strada nella mia mente.
- Che mi state facendo? - riesco a chiedere, il respiro affannoso.
- Tu mi vuoi. Sei collegata a me, adesso. Seppur parzialmente - dice, e dal tono di voce capisco che sta sorridendo.
- Che cosa significa? - domando, non riuscendo a mascherare il terrore nella voce.
- Come credi che ti abbia trovata? I tuoi sogni poi, non erano semplici sogni. Prima che tu fuggissi ti ho marchiata con il mio sangue mentre dormivi, una notte. In questo modo ho creato fra noi un collegamento che si rafforzerà e diverrà indissolubile solo una volta che anche tu berrai il mio sangue ed io sarò marchiato con il tuo, - spiega. Si scosta da me dopo avermi liberato i polsi e si pulisce il mento con il pollice della mano destra.
Mi metto immediatamente a sedere e striscio all'indietro.
- Mi avete marchiata? - ripeto, scioccata ed inorridita. Quando si avvicina, mi alzo di scatto e mi appiattisco contro la parete, in un maldestro tentativo di porre fra noi quanta più distanza possibile.
- Sì, con il mio sangue - ripete lentamente. Si avvicina senza lasciare il mio sguardo, fino a fermarsi di fronte a me.
- Ti ho segnata qui, - sussurra sfiorandomi con un dito la fronte, - per essere presente nella tua mente. Qui, - prosegue, seguendo il profilo della mia bocca, - per essere sempre sulle tue dolci labbra. Ed infine qui, - conclude, facendomi scivolare il dito sul petto fin sopra il cuore e sorridendo con ironia, - per possedere il tuo cuore e la tua anima.

Gli colpisco la mano, allontanandola bruscamente da me ed inizio a prendere le distanze da lui, disgustata.

- Non avvicinatevi, - intimo, alzando una mano. Evan sorride divertito.

- Credevo di potervi aiutare a sciogliere la maledizione, ma sono stata una sciocca ed un'ingenua. Un essere incapace di provare amore e pietà non ne sarà mai in grado. Siete un mostro! - sputo.

- Sapevi esattamente cosa fossi, eppure hai scelto di tua volontà di essere mia, alla fine - replica con tranquillità, avanzando di un passo.

- Avreste preso ciò che volevate comunque.

Sorride compiaciuto. - Vero, - concede, - ottengo sempre quello che voglio e nulla è in grado di fermarmi. Soprattutto se si tratta di qualcosa che mi appartiene.

- Non sono un oggetto ed io non vi appartengo - ribatto.

- No?

In un attimo, è davanti a me.

- Non si direbbe, perché tutto di te urla che sei mia - sussurra direttamente nel mio orecchio e prendendomi il lobo fra i denti, seguendone il profilo con la punta della lingua. Trasalisco, scostandomi da lui.

- Lasciatemi - sibilo, - non intendo avere a che fare con voi ancora. Torno nella...mia camera - concludo, e l'ultima parte del discorso mi costa un enorme sforzo nel pronunciarla, dal momento che non considero affatto quella camera da letto come mia.

- Temo non sarà possibile, Miss Donato. Da adesso in poi condividerete la stanza con me. Quindi è questa la tua camera, Eleanor - dichiara ghignando e sospingendomi verso il letto, approfittando del mio momentaneo smarrimento.
Indietreggio, inciampando e cadendo sul materasso.
Non è possibile. Sarò costretta a passare le notti con Evan? Nello stesso letto?
- Che cosa? - la voce mi esce debole mentre indietreggio ancora scivolando sul letto. Il materasso si abbassa sotto il suo peso quando punta un ginocchio su di esso.
- Sono certo che tu abbia inteso bene - soffia sulla mia bocca, - ed ora riposa, il tuo corpo deve abituarsi di nuovo ai miei...bisogni.

La sua risata mi rimane in testa anche quando, inaspettatamente, scivolo nel sonno.


Bleeding RosesWhere stories live. Discover now