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Mi sveglio di soprassalto, il cuore galoppante. Qualcuno mi stringe forte, mentre il respiro si fa pesante non appena le immagini del giorno passato mi tornano in mente. Ricordo tutto: il labirinto, la fontana, Evan, Amelia che tenta di uccidermi. Emetto un singhiozzo strozzato e la presa che mi stringe si fa più forte.

- Shh, Eleanor. È tutto finito. Sei al sicuro, qui - bisbiglia Evan al buio.

- Voleva uccidermi - dico soltanto, pensando alla forza con cui Amelia mi ha tenuta sott'acqua, al dolore lancinante provato a causa dei suoi canini nella mia pelle.

- Non gliel'ho permesso.

- Che cos'è lei? - chiedo, deglutendo.

- La responsabile della mia dannazione eterna, colei che ha lanciato la maledizione. Era così ossessionata da me -- lo è ancora -- da rendermi il mostro che sono ora. Mi ha trasformato, maledicendomi affinché non potessi trovare pace ed appagare la mia sete senza una Donato. Impresa ardua, dal momento che la mia sete di sangue e vendetta mi ha sempre spinto fino al limite, ad uccidere quelle ragazze - fa una risata amara.

- La maledizione...- inizio.

- La maledizione non potrà mai essere spezzata, Eleanor. Non fino a quando Amelia sarà ossessionata da me e mi vorrà al suo fianco. Solo lei ha il potere di terminare tutto questo definitivamente.

Resto in silenzio, voltandomi per guardarlo in faccia. I miei occhi si stanno intanto abituando all'oscurità della stanza e riesco quindi a distinguere vagamente i suoi lineamenti.

- Amelia non riuscirà a nuocerti in alcun modo - sussurra, sporgendosi verso di me.

- Ma devi promettermi che rimarrai al mio fianco, Eleanor. Non allontanarti mai da me, non uscire in giardino. Intesi?

Annuisco, e prima che possa fermarmi, dico:

- Sei tu che ti allontani da me, Evan. In questi due giorni sei stato a Londra per affari.

Le parole escono flebili e timide. Gli ho dato del "tu", ed anche lui pare essersi accorto di questa novità, ma dal sorriso che sfodera non direi che gli sia stato sgradito.

- Hai ragione, ma i miei affari erano di estrema importanza - sussurra, facendomi rabbrividire.

Si posiziona su di me in modo tale da bloccarmi ogni possibile via d'uscita.

- Suppongo che se vi chiedessi  a che tipo di "affari" vi siete dedicato ultimamente, non mi dareste la risposta che cerco - sentenzio, cercando di scivolare all'indietro, in modo tale da mettere ancora una certa distanza fra noi due, ma sbatto con la schiena contro l'imbottitura della testiera del letto.

Evan fa una smorfia, ma non nega la mia supposizione, anzi: fa un breve cenno di assenso, per poi inclinare da un lato la testa.

- Per quanto possa essere piacevole a volte, smetti di darmi del "voi" e rivolgiti a me con più confidenza. Soprattutto quando siamo solo noi...in camera da letto...- soffia.

Deglutisco rumorosamente, maledicendomi mentalmente per questo. Oh, cosa posso fare? Come dovrei comportarmi, agire? Se mi abbandonassi totalmente, finirei per irare il Signore? Non sarei più fra le Sue grazie? Ma ormai non lo sono più da tempo.
Sollevo lo sguardo, incontrando quello di Evan. Nonostante i miei occhi si siano abituati all'oscurità, la sua vista è certamente più sviluppata e più acuta della mia. Un lieve rossore mi pervade le gote, e spero vivamente che non si noti, invano. Mi sorride, mostrando il candore dei suoi denti.
Evan è già dannato da molto tempo, ed io lo sto diventando. I miei pensieri non sono più casti come una volta. Le mie usanze, le mie abitudini ed i miei modi di fare, la maniera in cui parlo, non seguono più la buona etichetta, insegnatami da mia madre.
Mia madre. La donna che mi ha data alla luce, mi ha cresciuta ed educata, il tutto al fine di consegnarmi ad Evan. La stessa donna che è morta per mano del mostro che tanto temeva. Così tanto da volermi sacrificare più di una volta per placare la sua furia eventuale.
Il dolore per la morte di mia madre e di Alice è ancora vivo, certo, ma adesso, osservando il viso di Evan, non posso fare a meno di pensare al motivo che ha spinto a compiere le sue azioni, ed è uno solo: io.
"Potrò aver commesso azioni deplorevoli in passato, potrò averle commesse nel presente, ma tieni a mente la differenza che vi è tra esse."
Finalmente comprendo il significato celato nelle parole aspre di Evan: tutto ciò che fa ha lo scopo di tenermi al sicuro, di proteggermi, seppure il più delle volte possono portare molto dolore ed incomprensioni. Ma perché uccidere ciò che restava della mia famiglia, del mio passato? Aveva detto che era solo per mantenere una promessa. Ho sbagliato a provocarlo troppo, perciò lui ha voluto ammonirmi.
Oh, a chi potrò mai chiedere aiuto, comprensione o consigli nel momento del bisogno? In un momento come questo, in cui non sono sicura di ciò che provo, delle mie stesse emozioni?

- Evan...- sussurro, mentre il suo sguardo si fa più intenso. Non posso terminare la frase, perché so ciò che voglio. Basta il suo nome, il suo fiato che mi carezza il volto. Desidero perdermi nelle sensazioni che è in grado di suscitare in me, seppur contrastanti. Voglio abbandonarmi completamente agli istinti.
Con una mano tremante, afferro il colletto della sua camicia per attirarlo a me.
Spero solo di non pentirmi della mia scelta, in futuro.
La sua bocca è così vicina alla mia adesso che basta un solo movimento per unirle, ma rimango immobile, pervasa da nuovi timori e paure improvvise.
Evan non è paziente, non aspetta. Emette uno strano suono direttamente dalla gola e poi si preme contro di me, sfiorandomi le labbra con le sue, in una sorta avvertimento. Si sta trattenendo, lo sento. Un'altra leggera pressione e poi essa si fa più intensa, facendo muovere le nostre bocche in una lenta danza che diviene sempre più veloce, aumentando il suo ritmo.
Evan mi spinge con il suo corpo contro il materasso, mentre con una mano mi carezza voracemente e con l'altra si mantiene in equilibrio senza il minimo sforzo. Un gemito mi sfugge direttamente nella sua bocca.

- Evan, non voglio che tu ti trattenga, - ansimo.

Si ferma, allontanandosi di poco da me. Poi, lentamente, inizia a sbottonarsi la camicia, gli occhi fissi nei miei.

- Non sapete quello che dite, Miss Donato - il suo tono è malizioso e roco.

Sollevo lo sguardo per deliziarmi con la vista del suo petto marmoreo.

- Non mi riferisco al nostro futuro amplesso - aggiunge in un bisbiglio, poi si libera dei pantaloni in un solo gesto. Mi tira a sé, facendomi alzare dal letto per spogliarmi con una lentezza improvvisamente imbarazzante. Avverto il rossore sulle gote e mi mordo le labbra, pregando me stessa affinché non mi penta delle mie scelte.
La camicia da notte scivola ai miei piedi, facendomi rabbrividire d'un tratto, per la notevole vicinanza di Evan e del suo corpo solido.
China la testa e mi deposita un leggero bacio sulla guancia, poi sul collo. Mi fa distendere nuovamente sul letto, iniziando a rendere più voraci e pressanti i baci ardenti che mi lascia sulla pelle. Reprimo un lamento, ma quando sento i suoi denti affondare nella carne, gemo più forte. Non avverto alcun tipo di dolore, bruciore o fastidio; è unicamente piacere ciò che provo, e la sua intensità mi fa impazzire.
Ansimo il suo nome, ed Evan mi stringe i fianchi prima di affondare ancora i denti nella mia carne, stavolta sul seno destro.
Infine, con un colpo secco del ginocchio, mi separa le gambe ancora di più, posizionandosi meglio. Si ferma un istante per guardarmi negli occhi, ed io restituisco lo sguardo, ma un intenso bruciore mi pervade il basso ventre e mi vedo costretta as abbassare le palpebre per istinto.
Stringo i denti e resisto, finché il bruciore non si attenua a poco a poco per lasciare il posto ad una febbricitante passione. La notte passa in questo modo, testimone del nostro amplesso maledetto, finché non crolliamo entrambi alle prime luci del mattino.

Bleeding RosesWhere stories live. Discover now