1 - Rei

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Okay, okay. Non è grave.

A tutti può capitare di avere quarantacinque minuti di ritardo al colloquio che potrebbe cambiare per sempre la propria vita, no? Insomma, cosa sarebbe la vita senza qualche piccolo intoppo? Chimasi "intoppo" dimenticarsi di impostare la sveglia del cellulare poi.

Faccio un'altra volta il giro dell'isolato e mi ritrovo, per la terza volta di fila, su Constituiton Hill alla maledetta ricerca di un parcheggio dove mollare la mia auto e dirigermi verso la Everent Tower, una multinazionale che offre diversi sbocchi lavorativi. Allungo il collo per scorgere qualche posto sgombero dalle eleganti e lussuose auto che sfilano accanto alla mia, ma tutto ciò che vedo sono altri interminabili minuti di ritardo che stanno andando ad aggiungersi alla mia più grande ed epica figura di merda. E dire che avevo anche assillato il responsabile delle risorse umane per questo posto!

«Merda...» sbotto tra i denti non appena un elegante grissino esce dalla sua Audi; come diavolo è riuscita quell'anoressica biondo ossigenata a trovare parcheggio prima di me?! Ma che ingiustizia è mai questa? Dai, ti prego, ti prego! Ho bisogno assolutissimamente di questo lavoro: sono anni che studio per diventare una designer degna di nota e dopo tre anni rinchiusa in un'azienda pubblicitaria londinese a creare manifesti per sconosciuti teatri celati nei sobborghi della città inglese, ora mi si presenta l'occasione di tutta una vita. Chi non vorrebbe lavorare alla D.Dyshing Company? È solo una delle sette aziende grafiche e pubblicitarie più importanti di tutta l'Irlanda!

Svolto a destra e imbocco una breve traversa iniziando a pregare di trovare posto. Lancio un'occhiata furtiva all'orologio digitale del cruscotto: le undici meno cinque. Il mio volto si tinge di pura disperazione ed emetto uno verso di frustrazione, ma come per magia intravedo uno spazio libero proprio di fronte ad un bar. Esulto mentalmente e mi appresto a parcheggiare lì l'auto, spengo il motore, afferro velocemente la cartella con il mio book grafico contenente tutti i miei lavori e mi allungo verso la borsa abbandonata sui sedili posteriori della mia fidata Nissan: non è il massimo, lo so; ma questo "gioiellino" è il regalo di laurea di mamma e papà e per me vale più di una Ferrari... più o meno.

Non appena i miei piedi toccano l'asfalto mi pento amaramente della scelta del mio abbigliamento: come faccio a correre i cento metri con dei tacchi così vertiginosi? Guardo sconsolata l'unico paio di decolté nere lucide e inspiro profondamente, chiudo l'auto e mi affretto a tornare su Phibsborough Road. Mentre cammino a passo spedito cerco in tutti i modi di non perdere l'equilibrio e cadere rischiando di spezzarmi l'osso del collo, e intanto mi ripeto mentalmente una scusa che possa risultare plausibile per giustificare il mio ritardo: mia nonna è morta? L'auto mi si è rotta? Ho trovato traffico? Ma che! Abito a soli quindici minuti da qui, come diavolo è possibile che io abbia trovato tutto questo traffico?!

«Maledizione» impreco ad alta voce e un signore in giacca e cravatta si volta per scoccarmi un'occhiataccia. Ora siamo realisti: togliendo il fatto che voglio lavorare in quell'azienda, ho disperatamente bisogno di soldi. Sono in arretrato di due mesi con l'affitto; sono due settimane di fila che continuo a mangiare vasetti di yogurt e insalata e non posso deludere i miei genitori. Ho rotto così tanto loro l'anima per potermi trasferire qui in Irlanda che non mi perdonerei mai se fallissi in un compito così semplice come la ricerca di un lavoro. Ammetto che forse sono "leggermente" ambiziosa e miro sempre in alto, ma non è ingiusto passare anni e anni a studiare per poi accontentarsi? Dov'è il "Siate affamati" di Steve Jobs?

Giungo dinnanzi ad una porta girevole limpidissima e alzo il capo per ritrovarmi davanti ad un enorme grattacielo che riflette i palazzi paralleli e persino il cielo: la Everent Tower. Mi catapulto dentro l'imponente struttura in acciaio e vetro e il ticchettio dei miei tacchi sul luminoso marmo bianco rimbomba ovunque. Una receptionist in tailleur nero e con i capelli perfettamente acconciati in uno chignon mi riceve con un sorriso paragonabile ad una paralisi facciale: «Salve, come posso aiutarla?» domanda squadrandomi dalla testa ai piedi.

Choose You?Where stories live. Discover now