Another boy.

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"Feeling used
But I'm still missing you
And I can't see the end of this
Just wanna feel your kiss against my lips
And now all this time is passing by
But I still can't seem to tell you why
It hurts me every time I see you
Realize how much I need you" 

Un gruppo di medici continuava a cercare informazioni sul caso di Salvatore, non sapevano a  chi credere.
Sharon accennava spesso al fatto che Dario c'entrasse qualcosa con l'accaduto, ma Lucia negava tutto e Salvatore preferiva non esprimersi: stava pian piano iniziando a parlare sempre meno.

"Allora Salvatore, ti ricordi qualcosa?" gli chiese uno dei dottori, lui non rispose tenendo lo sguardo basso.
"Prima andavi da uno psicologo, vorresti tornarci e parlare con lui?" continuò.

Nessuna risposta, l'unico rumore udibile era un sospiro da parte dell'uomo.

"Vuoi stare con Sharon?" a quel nome alzò lo sguardo, non la vedeva da due giorni, aveva tanta paura di averla ferita.
"Lei è qui?" sussurrò.
"Certo, se ne va solo alla sera per dormire" rispose.
"Posso andare a cercarla...da solo?"

Il dottore guardò un suo collega, non sapevano se lasciarlo camminare da solo era la cosa giusta, avrebbe potuto farsi male, ma d'altro canto non sapevano più cosa fare con lui, non sapevano come trattarlo quindi, forse, assecondarlo non sarebbe stata una brutta idea.

"Va bene, però non uscire dall'edificio e stai attento" rimasero qualche attimo a guardarlo per assicurarsi che avesse capito, poi uscirono dalla camera.
Salvatore si alzò dal letto, tolse delicatamente l'ago della flebo dal braccio, anche se non avrebbe dovuto, doveva portarsela dietro, ma non riusciva più a sopportare la sensazione di quell'oggetto appuntito sulla vena.
Si mise una delle sue felpone ed uscì.

In quei due giorni da solo aveva pensato molto e i suoi ricordi su Sharon si erano fatti sempre più sicuri e concreti, era certo di chi fosse.

Conoscendola sapeva che non era dentro all'ospedale, doveva per forza essere in qualche spazio aperto, lei odiava gli ambienti chiusi.

In più quando era nervosa usciva sempre a prendere un po' d'aria, la rilassava, lei era un tutt'uno con la natura.
Pensava che fosse nervosa, agitata, o comunque che non stesse bene proprio perché non si vedevano da giorni.

Camminò lentamente guardando attraverso le grandi finestre se vedeva i suoi lunghi capelli biondi.
Ogni tanto si fermava poiché era senza forze, ma non voleva smettere di cercarla, aveva bisogno di lei, doveva assolutamente chiarire quello che era successo.

Non avrebbe mai dovuto trattarla così perché, alla fine, lui si ricordava di lei, era solo spaventato.

La sua espressione quando aveva ammesso di non ricordarsi cos'aveva fatto suo padre l'aveva reso insicuro, più di quanto non lo fosse già, gli aveva fatto dubitare di se stesso.

Non l'aveva fatto apposta però, non era colpa di Sharon, lei non poteva aspettarsi una simile reazione e Salvatore aveva esagerato.

La sua attenzione venne catturata dalla porta che dava sul retro dell'ospedale, nel corridoio non c'erano medici o infermieri, nessuno si sarebbe accorto se fosse uscito.
Controllò un'ultima volta che non passasse nessuno e aprì la porta.

L'aria fredda lo fece rabbrividire, si strinse nella sua felpa e uscì.

Si guardava attorno, mentre scendeva le scale, sperava di trovarla li.

Le mancava tanto quella ragazza, sentiva un estremo bisogno di abbracciarla, di averla accanto.
Sharon era l'unica persona che voleva al suo fianco e, in quanto tale, si sentì mancare quando la vide abbracciare un ragazzo.

Reject||SurrealpowerWhere stories live. Discover now