Writing.

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"How can you see into my eyes
Like open doors?"

Purtroppo Salvatore non poté stare molto insieme a Sharon, aveva il secondo incontro con lo psicologo e, questa volta, la mano non gli faceva più così male da impedirgli di scrivere, non aveva vie di scampo e forse non era nemmeno una cosa così negativa.

Non aveva intenzione di parlare di ciò che gli faceva il padre, ma di se stesso.
Nessuno conosceva il vero Salvatore, non aveva mai permesso che vedessero la sua vera identità, allo stesso tempo, però, sentiva finalmente il bisogno di buttare tutto fuori.

Era stanco di tenersi dentro tutto ciò che provava, era come una bomba e sentiva che, prima o poi, sarebbe esploso e mancava sempre meno.
Doveva impedire quell'esplosione e quale metodo migliore se non parlarne con qualcuno che non ti conosce e quindi non può sputtanarti in giro?

Non appena lo chiamò si sedette nella sedia di quel piccolo studio.
Le pareti arancioni e i mobili in legno esprimevano calore, sicurezza, probabilmente era fatto apposta ma era una bella sensazione, ti faceva sentire bene, come se ti invitasse a sfogarti.

"Allora Salvatore, come stai?" chiese l'uomo sedendosi a sua volta e porgendogli un paio di fogli e una penna.

"Al solito" scrisse.

"Quindi immagino che tu non stia bene" conclusione semplice, ma giusta.
"La mano sta meglio?" 

Il ragazzo annuì.

"C'è qualcosa che vuoi dirmi?" 

Inaspettatamente annuì di nuovo e prese a scrivere.
Offredi, questo era il cognome dello psicologo, lo guardava incuriosito mentre passava velocemente la penna nel foglio.
Le parole uscivano come se fossero un fiume in piena, non si sarebbe mai aspettato un simile gesto.

Scrisse per dieci minuti, poi improvvisamente si fermò e guardò il foglio.
Si morse il labbro, aveva scritto così tanto in così poco tempo e a chi stava per farlo leggere? A uno che avrebbe potuto dire tutto a sua madre, che successivamente avrebbe parlato col padre.

"Hai finito?" domandò, Salvatore lo guardò e scosse la testa, prese il foglio e lo piegò accuratamente poi se lo mise in tasca.

"Non vuoi farmelo leggere?" scosse la testa di nuovo e si morse il labbro, quasi come se si sentisse in colpa  per avergli fatto perdere tempo.

"Non ti fidi di me, vero?" questa volta annuì.

"Non è un problema, insomma è normale, diciamocelo nemmeno io mi fiderei di uno sconosciuto, non devi sentirti in colpa per questo" sorrise cordialmente, come faceva a sapere che si sentiva in colpa?

"Ti senti mai solo?"

Salvatore schiuse leggermente le labbra annuendo lentamente.

"Lo immaginavo, sai si vede, i tuoi occhi scrutano ogni dettaglio, non ti lasci sfuggire nulla, non lo faresti se avessi qualcuno che ti aspetta, qualcosa da fare.
Probabilmente sei felice di essere qui,giusto? Finalmente qualcosa di diverso dal solito, o sbaglio?"

Lo guardò affascinato, aveva capito tutto senza che lui dicesse una parola.

"Non guardarmi così, sono anni che faccio questo lavoro, qualcosa l'avrò imparato" disse quasi vantandosi, e questo fece fare un leggero sorriso a Salvatore.

"Non voglio forzarti a parlare, non c'è bisogno di parlare per esprimere i propri sentimenti
ma quelli si, quelli voglio provare a farteli uscire perché ne hai bisogno, non puoi tenerti tutto dentro, e forse parlando sarebbe più facile, più veloce, ma non abbiamo fretta quindi non preoccuparti.

Alzò il capo e guardò l'orologio, com'era possibile che fosse passata già un'ora?

"Sì, abbiamo finito il tempo, la prossima volta continuiamo"

Si alzò dalla sedia seguito da Salvatore e lo accompagnò alla porta, stava per andarsene, ma lo fermò.

"Aspetta un attimo, quel foglio hai intenzione di farlo leggere a qualcuno?"

Ci pensò su, no.

"In ogni caso sappi che non è stato tempo perso, hai scritto e anche se nessuno ha letto le tue parole tu le hai fatte uscire, ti sei sfogato.
La scrittura è il modo più silenzioso per urlare il proprio dolore"

Rimase a guardarlo, come ogni volta che parlava, quell'uomo lo affascinava.
Le sue parole lo rapivano, creavano ragionamenti contorti nella sua mente e tutto ciò lo confondeva e allo stesso tempo gli piaceva.

"Coraggio, vai" lo salutò con un sorriso e Salvatore, accompagnato dalla madre si diresse verso casa con quella frase stampata nella mente.

'La scrittura è il modo più silenzioso per urlare il proprio dolore'

Lui aveva sempre usato il disegno come sfogo, ma disegnando non aveva mai fatto capire come si sentiva bensì cosa desiderava.

Il disegno per lui trasmetteva gioia, amore, amicizia.
Vedendo i suoi disegni nessuno poteva capire come si sentisse, con le parole sì invece.

Mise la mano nella tasca e strinse leggermente quel foglietto fra le dita, se qualcuno l'avesse letto avrebbe capito molte cose di lui.
Avrebbe capito come farlo stare meglio, avrebbe capito di cosa aveva bisogno Salvatore.

"Tesoro, cosa vuoi per cena?" chiese la madre mentre guidava.

"Non ho fame" sussurrò, lei lo guardò con la coda dell'occhio.

"Stai dimagrendo, tu stasera mangi, mi sono accorta che stai saltando i pasti, non pensare minimamente che ci passi sopra" confessò, almeno qualcuno l'aveva notato, non era completamente invisibile.

"Quindi, cosa mangiamo stasera?" chiese nuovamente.

"Mmh...sushi?" rispose flebilmente, come se si vergognasse di esprimere le sue preferenze.

"Va bene" cambiò strada in direzione del ristorante.

"Ma andiamo adesso? E papà?"

"Andiamo io e te, papà si farà qualcosa, sempre se è tornato a casa"

Non capiva come lei potesse stare ancora con quell'uomo, non dimostrava minimamente di amarla, anzi, chissà con quante donne andava a letto.

Quella sera cenò, dopo tanto che non lo faceva, e passò una serata bella in compagnia di sua madre, senza la paura di essere picchiato da un momento all'altro, ma quale ragazzo diciassettenne passava le serate con sua madre e non con i suoi amici?
Probabilmente nessuno, ma stare con lei era pur sempre meglio di essere soli.

Stare con qualsiasi persona era meglio che essere soli.
Tornarono a casa verso le dieci di sera, così appena arrivati Salvatore andò a letto, non dormì subito chiaramente, prese qualche foglio e, diversamente dal solito, scrisse.
Non uscirono linee dalla sua penna, ma solo parole.

Parole che se fossero state lette da qualcuno avrebbero potuto salvargli la vita. 

Dico solo una cosa, sto già scrivendo il capitolo successivo, uau.

Non significa che uscirà a breve però eh, non penso di finirlo, ma in caso lo finisca lo pubblicherò.
Fatemi sapere che ne pensate e lasciate i commenti petalosi.

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