Not again.

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  "Ouch I have lost myself again 
Lost myself and I am nowhere to be found, 
Yeah I think that I might break 
I've lost myself again and I feel unsafe"  



Era così strano per Salvatore passare del tempo con qualcuno che non lo volesse solo prendere in giro, talmente strano che non era più abituato.

La mattinata passata con Sharon lo aveva fatto stare bene, davvero bene, anche se per poco ed era da tanto che non si sentiva così, non sapeva più nemmeno come ci si sentisse ad essere felici.

In quel momento stava camminando verso casa, sempre con le cuffie nelle orecchie e il cappuccio sulla testa per nascondersi dal mondo perché lui sapeva di non piacere alle persone e questa cosa gli dispiaceva ma sapeva anche  che era colpa sua, era stato lui ad iniziare ad isolarsi e ora aveva ottenuto il risultato che voleva.

Guardava i piedi andare avanti e indietro, un movimento ritmico e costante che gli permetteva di muoversi e allo stesso tempo lo rilassava.
Conosceva a memoria quel movimento poiché quando camminava teneva sempre la testa bassa.
In  poco tempo si ritrovò davanti alla porta di casa, prese le chiavi e aprì lentamente la porta come se non volesse farsi sentire, ma purtroppo fallì.

Appena la chiuse sentì una voce richiamarlo freddamente: suo padre.

Cercò di evitarlo quindi si diresse in fretta verso la sua stanza intenzionato a chiudersi dentro

Provò a scappare, a nascondersi, ma era inutile.
Lui era li con gli occhi pieni d'odio puntati sul suo volto che gli stringeva il polso per non farlo allontanare.
"Dov'eri?" sputò acidamente.

Salvatore non rispose.

Uno schiaffo lo colpì in viso facendogli girare la testa.

"Dove cazzo eri?!" Chiese nuovamente, ma ancora una volta non ricevette risposta.

Gli arrivò un altro schiaffo che gli lasciò il segno netto della mano sulla guancia.
Mollò la presa sul polso, prese il tessuto della felpa e lo fece sbattere violentemente contro al muro vicino.

"Chi pensi di prendere in giro, eh?!  Sei solo un fallito, cosa vuoi guadagnare non parlando?!"

Continuava a non rispondere, gesto che fece incazzare maggiormente il padre.
Dopo qualche secondo il ragazzo sentì un forte dolore all'altezza dello stomaco: un pugno.

Si piegò in due stringendosi la pancia fra le braccia e tossendo.

L'uomo lo fece alzare nuovamente tenendolo per il collo, Salvatore cercava di liberarsi dimenandosi.

La sua presa, però, aumentava impedendogli di respirare e togliendogli le poche forze rimaste.

"Cosa vuoi fare con quel fisichetto che ti ritrovi?" Sorrise, uno di quei sorrisi che non esprimono altro se non cattiveria.

Molte volte si era ritrovato a pensare che, forse, se l'avesse ucciso sarebbe stato meglio, per lui e per tutti, e questa era una di quelle volte.
Cercava disperatamente un modo per respirare ma più provava a farlo più stringeva.

"Per oggi ti salvi solo perché tra poco arriva tua madre, se scopre qualcosa sappi che ti distruggo" disse, mollandolo, finalmente, a terra e lasciandolo cadere per poi uscire lasciandolo li.

Non ne avrebbe mai parlato con sua madre: non voleva farla star male soprattutto perché sapeva bene quanto lei amasse quell'uomo e nonostante sapesse che Salvatore era terrorizzato da lui non sapeva fino a che punto si spingeva, e nemmeno lui lo sapeva e questo lo spaventava, e non poco.
Temeva che, un giorno, avrebbe esagerato e l'avrebbe ucciso veramente.
Temeva che potesse far del male anche alla madre.

Rimase a terra, immobile, spaventato e con il respiro affannoso mentre cercava di regolarizzare i battiti accelerati del suo cuore.

Il dolore allo stomaco si stava pian piano estendendo arrivando fino ai fianchi, sentiva gli occhi pizzicare, ma lui non piangeva, e faceva di tutto per ricacciare dentro le lacrime.

Con le poche forze si alzò reggendosi alla scrivania di legno vicina a lui, fece una piccola pausa respirando lentamente mentre il cuore stava tornando a battere regolarmente, camminò verso il letto e si stese su di esso.

Guardava il soffitto, era bianco e monotono esattamente come le pareti di camera sua.

Più volte aveva pensato di appenderci qualche suo disegno, poi si rendeva conto che, se il padre li avesse visti, lo avrebbe solamente deriso come tutti d'altronde. Tutti tranne Sharon.

Quella ragazza ai suoi occhi appariva strana, diceva di non essere estroversa eppure in poco tempo le aveva raccontato molto della sua vita, o almeno così sembrava a Salvatore.


Ancora non gli era chiaro il motivo per cui aveva chiesto proprio a lui di andare con lei, certo c'era solo lui in quel momento però avrebbe potuto entrare in classe com'era intenzionata a fare, invece non l'ha fatto.

Aveva preferito fare compagnia ad un ragazzo che non parla.

Prese la coperta e si coprì stringendola tra le dita delle mani.

Chiuse gli occhi, sospirò silenziosamente per poi entrare nel suo piccolo mondo immaginario: la realtà lo spaventava.

Si addormentò immerso nei suoi sogni e desideri dimenticandosi momentaneamente dell'inferno che viveva ogni giorno.


La cosa negativa del dormire? Alla fine ci si sveglia.

Venne svegliato da una delicata carezza sul viso, si accoccolò sulla mano mugolando, non era abituato a gesti d'affetto.

Pensava fosse un sogno.

"Piccino, stai bene?" la voce della madre gli fece capire che non si trattava di un sogno: la mano era sua.
Aprì leggermente gli occhi per guardarla poi annuì, non aveva voglia di parlare nemmeno con lei.

"Come mai stai dormendo? Di solito non lo fai, dormi poco persino di notte" 

La sua risposta fu semplicemente un 'mh'.

"Sei stanco?" chiese nuovamente e lui annuì cercando di nascondere eventuali lividi sul collo, che nemmeno sapeva se aveva o no, non aveva il coraggio di guardarsi.

Da un lato non voleva dirle la verità per non farla soffrire, dall'altro voleva farlo perché pensava che forse in qualche modo avrebbe potuto aiutarlo, ma preferiva soffrire lui piuttosto che veder soffrire lei quindi stava zitto e sopportava come aveva sempre fatto.

"Papà ha detto che oggi sei tornato più tardi, come mai?"

Si girò dal lato opposto, non perché volesse ignorarla o altro voleva solo stare solo.

"Non hai voglia di parlare?" domandò con un velo di tristezza nella voce.

Scosse la testa e lei sospirò malinconica.

"Va bene, scusami"  

Pronunciò quella frase con la voce spezzata, come se stesse per piangere e questo fece sentire terribilmente in colpa Salvatore.
Anche se cercava di non farlo riusciva a farla star male, riusciva solo a combinare disastri.
Si faceva odiare e deridere da tutti e faceva soffrire le uniche persone a cui voleva bene.

Era un fallimento straordinario.

heylà

Prima cosuccia, la scena dove il padre picchia Salvatore è un esperimento, nel senso che non ne ho mai scritte di simili quindi non so come sia uscita, scusate.
Seconda cosa, sì fallimento straordinario è un riferimento alla canzone che si chiama appunto così.
Terza cosa, non c'è una terza cosa ma faceva figo dirlo.

Ringrazio Amesisameatball perché mi ha dato un po' di ispirazione (seguitela che è simpy)
Poi, SPAM TIME.

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Ci vediamo nel prossimo capitolo, zao conili.

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