Capitolo 38

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Adrien poggiò la testa contro il muro dietro di sé, osservando il display illuminato del cellulare abbandonato sul materasso vicino ai suoi piedi scalzi: tre ore, ventitré minuti e quarantacinque secondi.
Questo era il tempo passato da quando aveva lasciato Marinette a casa dei suoi, con la raccomandazione, da parte della ragazza, di riposarsi: si era sentito un mostro, soprattutto dopo che l'aveva trovata sconvolta in compagnia di Rafael; lì per lì aveva pensato che il suo collega l'avesse importunata nuovamente ma, alla vista dello sguardo preoccupato del moro, aveva capito che c'era qualcos'altro sotto.
Qualcosa di grave.
«Willhelmina Hart...» mormorò, alzando lo sguardo verso il soffitto scuro e osservando le luci riflesse, che provenivano dai lampioni dalla strada: «Chi l'avrebbe mai pensato?»
«Di certo non tu.» dichiarò Plagg, osservandolo dalla scrivania con gli occhi verdi che s'intravedevano nel buio della stanza: «E poi, ammettiamolo, l'abbiamo vista una volta sola ed era tutta mascherata.»
«Hart. La linea Heart. Coeur Noir...» elencò Adrien, sorridendo al kwami: «Di indizi ce n'erano...»
«Beh, non è che tutto ciò che ha a che fare con il cuore si può collegare a Coeur Noir, no? Altrimenti Sacré Coeur dovrebbe essere la sua base segreta, giusto?»
«Ehi, potrebbe essere...»
«Stavo scherzando, moccioso.» sentenziò Plagg, sospirando e volando davanti all'umano: «Non potevi saperlo, non angosciarti per questo. Ricordi di quando hai scoperto che tuo padre era Papillon? Quanto tempo sei stato disperato perché non te n'eri accorto?»
«E' un po' stupido non accorgersi che il tuo nemico viveva sotto il tuo stesso tetto...»
«Vogliamo parlare di me, che non mi sono mai accorto di Nooroo?»
«Siamo due idioti.»
«Quello è poco ma sicuro.» annuì Plagg, storcendo la bocca in un ghigno: «Quello che ti sto dicendo è che non sempre è facile vedere sotto le maschere delle altre persone. Andiamo! Seriamente tu avresti pensato che quella cosetta con le tette grandi, l'ancheggiamento folle e la voce stridula potesse essere quella cattivona di Coeur Noir?»
«Qualcosa mi dice che l'hai notata parecchio, eh Plagg?»
«E' una donna che non passa inosservata.» sentenziò il kwami, poggiandosi sulla gamba del ragazzo: «E poi ha un che...» si fermò, scuotendo il capino nero: «Mi sembra di averla già vista da qualche parte.»
«Magari su una rivista di mio padre o di Marinette?»
«No. Ho la sensazione di averla incontrata...»
«Forse qualche Portatore prima di me ha...»
«No. Il mio ultimo Portatore fu un sergente dell'Impero Britannico di stanza a Nanchino, nel lontano 1840.» gli spiegò Plagg, sorridendo al ricordo: «si chiamava Felix Norton e, per molti versi, era come te, quando si trasformava: battuta sempre pronta, sconsiderato e impulsivo; quando era in versione normale, invece, era serio e composto. Alle volte sembrava che avesse un palo infilato...» Plagg si fermò, voltandosi verso Adrien che, tirata su la gamba destra, poggiò il gomito contro di essa, ascoltando interessato il kwami: «A ogni modo, si faceva chiamare Black Cat ed era innamorato perso della Ladybug dell'epoca e, come tu ben sai, è la prassi per i Portatori del mio Miraculous e di quello di Tikki.»
«Era quello della scommessa con Vooxi?»
«No, quello era il precedente. Un italiano del '700.»
Adrien annuì, osservando il kwami seduto comodamente su di lui: «Felix fu mandato in Cina per quella che è passata alla storia come la Guerra dell'Oppio e, mentre era lì, fece la conquista di una ragazza, la figlia di un commerciante che aveva parecchi allacci in India e voleva espandersi anche in Cina...» si fermò, alzando il musetto verso l'alto: «Se non sbaglio si chiamava Bridgette qualcosa...Comunque Felix non la sopportava e la trattava malissimo.»
«Che successe poi?»
«Il solito: Felix incontrò Ladybug e s'innamorò. Come succede sempre, in fondo. Ai due, poi, si unirono anche gli altri Portatori, giunti in Cina per i motivi più disparati, uno dei quali era Fu: all'epoca aveva quattordici anni ed era l'allievo del Gran Guardiano Liu.»
«Ma dai! Non ce lo vedo Fu con la tutina...»
«Le tutine non c'erano all'epoca. Se non mi ricordo male Fu, o come si faceva chiamare Genbu, portava un'armatura con un elmo che gli copriva la faccia.»
«Quindi i vestiti cambiano?»
«Sì, penso che il potere del Miraculous dia delle tenute – chiamiamole così – adatte all'epoca. In verità, non so tanto come funziona.»
«Ma come?» Adrien pungolò il kwami con il dito indice, scuotendo il capo: «Che successe a Felix? Immagino che scoprì l'identità della sua bella e vissero felici e contenti.»
«Purtroppo non scoprì mai chi era la donna sotto la maschera di Ladybug.» mormorò Plagg, chinando il capo e scuotendolo: «E il vissero felici e contenti non avvenne mai.»
«E perché?»
«Perché Felix morì in battaglia, contro il nemico dell'epoca e lei lo seguì poco dopo, combattendo quel demone.»
«Demone?»
«Demone. Spirito malvagio. Non so definirlo ancora, ma so che era pura malvagità: Ladybug lo sconfisse, ma farlo le costò la vita.» Adrien annuì, inspirando profondamente e attirando lo sguardo del kwami che sorrise: «La storia fra Ladybug e Chat Noir è finita anche bene, alle volte.»
«Alle volte?»
«Diciamo che le vite dei Portatori non sono tranquillissime.»
«Grazie. Davvero. Mi sento molto rassicurato...»
«Se ti può consolare, è finita male solo tre volte da quel che mi ricordo: Felix, un giovane francese nel periodo dell'Inquisizione e...»
«E...»
«Beh, il terzo sono io.»


Marinette osservò i tre eroi che erano giunti fino a casa sua, osservandoli mentre si accomodavano nel terrazzino: «Ci stai dicendo che Coeur Noir è Willhelmina Hart?» domandò Volpina, scuotendo il capo e portandosi una mano al setto nasale: «Una esce da una maratona di Harry Potter e gli arrivano queste notizie.»
«Maratona di Harry Potter?»
«Sì. Vooxi aveva voglia di rivedersi i film: abbiamo iniziato con la Pietra Filosofale. Poi non vedi la Camera dei Segreti? E mi sono impuntata per vedere il Prigioniero di Azkaban...»
«Come? Ti sei impuntata tu?» domandò Marinette, guardando l'amica e accomodandosi sulla sdraio, cercando con lo sguardo Bee che, seduta contro la balaustra di metallo, ridacchiava.
«Ehi, c'è Gary Oldman in quello.»
«Avrei detto che eri più un tipo da Robert Pattinson.» decretò l'eroina gialla, tirando le gambe su e poggiando il mento contro queste: «Sì, ti vedevo più così.»
«No, spiacente. Preferisco il fascino maturo di Oldman.»
«Possiamo tornare all'argomento principale?» domandò Tortoise, sorridendo alle tre ragazze: «Parlete di attori quando io non ci sarò.»
«Parlerete, Wei.» lo corresse Volpina, assestandogli un leggero pugno contro il bicipite: «Dobbiamo lavorare parecchio sui verbi.»
«Se dai ripetizioni a Wei sui verbi posso esserci anch'io?» domandò Bee, sorridendo: «O ancora un po' di problemi con quelli.»
«Tu fattele dare da Rafael.»
«E perché da lui?»
«Me lo stai chiedendo veramente?»
«Non capisco perché proprio lui in particolare. Rafael è un amico, come Marinette e Adrien. E Wei. E tu.»
«Sarah. E sì, sto usando il tuo nome di battesimo nonostante il completo da supereroe: mi stai dicendo che fra Rafael e te c'è solo amicizia? Solamente questo?»
«Cos'altro dovrebbe esserci? Ammetto che è un bel ragazzo, ma...» si strinse nelle spalle, abbozzando un sorriso: «...sinceramente non credo di essere il suo tipo, quindi prima di farmi false speranze...»
«Mi stai dicendo che Rafael ti piace ma, siccome sei cieca come una talpa e non ti sei accorta degli sguardi e dei segnali che lui ti manda, preferisci rimanerci amica per non soffrire?»
«Ragazze...»
«Sguardi e segnali?»
Marinette ridacchiò, scuotendo il capo: «Penso che tutti abbiamo notato che a Rafael tu piaci, sai?» dichiarò, supportata da Volpina che annuiva vigorosamente con la testa.
«Io? Piacere a Rafael? Ma no! Mi considera come un'amica, davvero!»
«Ed io sono Papillon.» sbuffò Volpina, alzando gli occhi al cielo e sospirando: «Dammi la forza, ti prego, perché non so quanto potrò reggere ancora!»
«Ragazze!» tuonò Tortoise, portando l'attenzione delle tre su di sé e sorridendo a tutte loro: «Possiamo tornare a Coeur Noir e a Willhelmina Hart?»
«Anche Alex ha confermato la cosa.» mormorò Bee, portandosi indietro una ciocca di capelli biondi: «Mi ha chiamato proprio stasera, dicendomi che aveva visto una foto della stilista e l'aveva riconosciuta: in fin dei conti, non l'avevamo mai incontrata e quindi non sapevamo come fosse...»
«Adrien e Rafael hanno detto di voler andare da Fu domani; purtroppo Gabriel non può venire.» dichiarò Marinette, stringendosi nella felpa e osservando uno a uno gli altri: «E anch'io sono d'accordo: con quello che mi ha detto Willhelmina e quello che sta succedendo...beh, è ora che il maestro parli.»
«Non hanno sfilate domani?»
«No. Quella di Gabriel è prevista per dopodomani, quindi possono venire tranquillamente dopo le prove.»
Volpina annuì, voltandosi verso gli altri due: «Per me si può fare. Magari ci andiamo dopo scuola. Tortoise?»
«Anche per me va bene. Ma il maestro...»
«Sinceramente, ora come ora, me ne frego di quello che dice il maestro.» sbottò l'eroina arancio, voltandosi verso la bionda: «Bee?»
«Ok. Direi che è giunto il momento di sapere.»


Lanciò la bottiglia contro lo specchio, ringhiando a quest'ultimo: «Pensi di essere furba? Pensi davvero che riuscirai a liberarti di me?» urlò, afferrando un secondo oggetto e lanciando anche questo: «Tutti questi anni, due secoli in tua compagnia, e ho capito solo ora il tuo piano. Ho capito perché volevi i Miraculous: farmi credere che volevi riportare in vita lui e invece...» Si fermò, sorridendo al riflesso che ricambiava il suo sguardo: «Non te lo lascerò fare. Distruggerò quei maledetti gioielli!»


Rafael sospirò, osservando il kwami blu e il suo collega in adorazione davanti la pâtisserie.
Era andato tutto bene fino a quel momento: avevano incontrato gli altri davanti il Louis-le-grand e poi si erano incamminati in direzione della fermata della metrò, che li avrebbe portati direttamente dal maestro Fu.
Tutto era andato liscio come l'olio, finché non erano passati da quella viuzza – Rue de l'École de médecine – e si erano giocati in un colpo solo Adrien e Flaffy: entrambi, attirati come falene, da quelle vetrine cariche di dolci.
«Che facciamo?» domandò il modello, indicando i due che stavano quasi sbavando e poi il quartetto che lo seguiva: «Li lasciamo qui?»
«Per me si può fare.» dichiarò Lila, stringendosi nelle spalle e cercando, con lo sguardo, man forte in Wei: «E' un discorso serio quello che dobbiamo avere con Fu e il micetto ha il brutto vizio di parlare. Sempre e a sproposito.»
«Adrien è un Portatore come noi.» sentenziò Sarah, sorridendo alla vista del duo di golosi: «Dobbiamo portarlo.»
«Io sto iniziando a pensare che ama i dolci più di me.»
«Ah. Ti è venuto ora il dubbio?» domandò Lila, ridacchiando e superando il duo, seguita dagli altri.
«E al solito a me tocca il compito di portarvi via.» sbuffò Rafael, afferrando kwami e umano, trascinandoli via dalla vetrina: «Dovete imparare a contenervi!»
«Ehi. Hai visto quelle meraviglie in vetrina?»
«Che problemi hai tu con i dolci?»
«In casa mia non circolavano tanto, quando ero piccolo.» spiegò Adrien, alzandosi nelle spalle e raggiungendo la sua ragazza che lo fissò per un secondo, prima di voltarsi dall'altra parte; Rafael scosse il capo, vedendo il biondo stuzzicarla finché lei non cedette e ritornò a guardarlo.
«Che cos'è quello?» domandò Sarah, indicando l'edificio alla sua destra e guardando il resto del gruppo.
«Non guardare me.» dichiarò Wei, alzando le mani a mo' di scudo: «Ne so quanto te.»
«Dovrebbe essere la facoltà di medicina.» spiegò Adrien, guardando anche lui il palazzo dall'aria antica: «Questa dovrebbe essere una zona universitaria o comunque scolastica. Davanti al nostro liceo c'è parte della Sorbona, per esempio.»
«Quel palazzo davanti il nostro è la Sorbona?»
«Una parte, sì.»
Lila si fermò alla fine della strada, osservando le strada che scendeva sottoterra: «Non è questa l'entrata, vero?» chiese agli altri, cercando il cartello con il nome della fermata e non trovandolo.
«No, è più avanti quella da cui dobbiamo salire.» dichiarò Adrien, indicando davanti a sé: «Questo penso sia un sottopassaggio, sai?»
«Allora da che parte, micetto?»
«Sempre dritto.» mormorò Adrien, allungando il collo e notando le scale: «Eccola là!»
«Ed io vedo uno Starbucks lì! Perché non l'ho notato l'altra volta?»
«Lila, ti prego.» sospirò Rafael, attraversando la strada: «Andiamo a quello dell'altra volta. Adesso la priorità è il maestro Fu!»
«Voi non capite l'importanza del caffè per un italiano!»
«A parte che hai detto che non ti piace il caffè dello Starbucks.» decretò Adrien, indicando il locale in questione e fermandosi vicino alle scale della metrò: «Poi il fotografo ufficiale di mio padre è italiano e la sua fissa sono gli spaghetti.»
«Non farmelo ricordare...» sbuffò Rafael, scuotendo il capo e portandosi le mani al volto, mimando una macchina fotografica: «Pensa a un piatto di spaghetti! Sorridi come se ti trovassi davanti un piatto di spaghetti fatto dalla nonna! Ma ehi, cos'è quel muso lungo? Hai mangiato troppi spaghetti?»
«Questo ragazzo non va! Ha la pancia piena di spaghetti!»
«Questo è pazzo...» mormorò Lila, fissando il duo di modello e scuotendo la testa: «Mi rifiuto di credere che un mio connazionale sia veramente così.»
«Tolta la fissa per gli spaghetti è un piacere parlare con lui.» decretò Adrien, sorridendo: «Andiamo allora?»
«Andiamo da Fu e poi Starbucks.» esclamò Lila, alzando un braccio per aria e superandoli tutti: «L'ultimo che arriva non è un Portatore di Miraculous!»
«Ma certo! Urliamolo in mezzo alla strada!» sbuffò Adrien, seguendo l'italiana e voltandosi verso la propria ragazza: «Anni di segretezza mandati al gatto, eh?»


«Posso sedermi qui?»
Gabriel si voltò alla domanda che gli era stata posta, alzandosi in piedi e chinando leggermente la testa alla donna anziana, in piedi accanto a lui: «Siediti pure, Iris.» sentenziò, aiutandola a mettersi comoda e studiando l'abbigliamento eccentrico, appuntandosi di usare il binomo turchese-viola per un suo qualche futuro abito.
«Ieri ho conosciuto la fidanzata di tuo figlio.»
«Ragazza interessante, vero?»
Iris annuì, osservando le modelle che sfilavano davanti a loro: «Sì. Molto: ha talento. Il suo vestito era qualcosa di veramente bello, mi sarebbe piaciuto chiederle di provarlo ma dubito che ci sarei entrata. Peccato.» la donna sospirò, battendo il bastone e scuotendo il capo: «Mi ha ricordato tua moglie, sai? Quando l'ho vista sorridere ad Adrien, l'ho rivista: lo stesso sguardo innamorato, lo stesso sorriso...»
«La ricorda, in effetti.»
«Il mio Carl se n'è andato da poco, quindi posso capire cosa provi Gabriel e mi chiedo come hai fatto: è un dolore che fa impazzire.»
«Ci si fa l'abitudine, più o meno.»
Iris annuì con la testa, tirando su con il naso, guardando l'uomo da dietro le lenti rotonde e gigantesche, tornando poi a osservare la sfilata: «Bah. Io continuo a chiedermi perché fate vestiti per modelle anoressiche? Siamo noi, donne vere, che dobbiamo portarli!»


«Dovete smetterla di considerare il mio centro come il vostro covo segreto.» sentenziò Fu, osservando il gruppetto di ragazzi che si stava accomodando: «Siete la rovina per la mia attività.»
«Veramente siamo qui per parlare con lei, maestro.» mormorò Marinette, voltandosi verso gli altri e, ai loro cenni affermativi, si girò nuovamente verso l'anziano: «Ieri ho conosciuto personalmente Coeur Noir: è una stilista americana di nome Willhelmina Hart.»
«Ma davvero?»
«Era molto strana e mi ha detto alcune cose...beh, per farla breve, mi ha avvicinato in bagno, poi siamo cadute e...» Marinette, scosse il capo: «Si è guardata allo specchio ed è cambiata, diventando quasi un'altra persona. Mi ha detto di chiedere al piccolo Fu di raccontarmi – raccontarci – tutto.»
«Piccolo Fu...» mormorò l'anziano, mentre lo sguardo si puntava sul tavolino e si perdeva nei ricordi: «Era solita chiamarmi così.»
«Maestro.»
«In verità non vorrei dirvi niente. Come ho già detto a Wei: è un passato che voglio seppellire e non ricordare.»
«Maestro, ne abbiamo bisogno.»
Fu alzò lo sguardo, osservandoli uno a uno e poi alzandosi, dando loro le spalle: «Io ho centonovant'anni.» dichiarò, avvicinandosi al grammofono e accarezzando la tromba in ottone: «I Portatori dei Miraculous godono di longevità: anche voi vivrete più a lungo, rispetto alla gente comune perché la magia del Miraculous si è legata a voi...»
«Maestro...»
L'uomo sospirò, scuotendo il capo e voltandosi verso il gruppo: «Era il 1840 ed io ero stato scelto dal mio maestro, il Gran Guardiano Liu, per indossare il Miraculous della Tartaruga: una minaccia, ben più grande dell'Impero Britannico, gravava sulla Cina. Era un demone, liberato da uno dei Guardiani del tempio da cui provenivamo, che rispondeva al nome di Chi You: assetato di sangue e distruzione, aveva iniziato a vagare per la terra dopo la sua liberazione e, infine, aveva posseduto una delle Imperatrici.» si fermò, sedendosi e intrecciando le mani, spostando lo sguardo su di queste: «Il Maestro Liu era andato a Nanchino e lì, aveva trovato i Portatori dei Miraculous della Coccinella e del Gatto Nero, gli ultimi ancora in suo possesso poiché aveva già donato i restanti: Volpe e Ape erano andati a una coppia di commercianti portoghesi, che vivevano a Macao; Farfalla, invece, era in mano a una ragazza del mio stesso villaggio...Quando la tensione fra Inghilterra e Cina raggiunse il suo picco, raggiunsi il mio maestro e conobbi Ladybug e Black Cat.»


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