Capitolo 21

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Sarah si rigirò il telefono fra le mani, avvertendo lo sguardo di Mikko su di sé: aveva chiamato Alex dal pomeriggio, trovando sempre il numero irraggiungibile.
Dov'era?
Possibile che fosse rimasto coinvolto nello scontro con quel guerriero nero?
No. Non era da Alex.
Lui sapeva e riusciva sempre a mettersi al sicuro.
Lo aveva fatto tante volte in America.
No, Alex stava bene e non rispondeva alle sue chiamate...
Ecco, di questo non conosceva perché.
La ragazza alzò lo sguardo, incontrando quello della kwami, e abbozzò un sorriso: «Provo un'altra volta?» chiese, quasi più a se stessa che allo spiritello; Mikko annuì con la testa, volando fino alla sua spalla e sistemandosi fra i capelli biondi lasciati sciolti. Sarah abbozzò un sorriso, portandosi una mano al pettinino dell'Ape, che teneva ferma una ciocca su un lato, quasi come a farsi coraggio.
Sarebbe andato tutto ok.
Alex avrebbe risposto e le avrebbe detto il perché non l'aveva fatto alle precedenti telefonate.
Premette il pulsante di chiamata e si portò l'apparecchio all'orecchio: «Ehi! Supereroina!» esclamò la voce allegra di Alex dall'altro capo, dopo alcuni squilli: «Com'è andata la battaglia?»
«Com'è andata la battaglia?» ripeté Sarah, strillando quelle parole e alzandosi, ignorando Mikko che rotolò sul divano: «Hai una minima idea di quante volte ti ho chiamato?»
«Eh. Sì.»
«Eh sì. Il signorino risponde solo questo!»
«Sarah...»
«Ora tu mi dai una spiegazione chiara e sensata del perché non mi hai risposto!»
Sentì un sospiro dall'altra parte e poi il rumore di alcuni passi: «Hai visto che sono dovuto andare in bagno, mentre eravamo al locale?» le domandò Alex e Sarah mormorò qualcosa in assenso: «Ecco. Diciamo che non mi sento bene da quando sono arrivato: devo aver preso un virus intestinale o qualcosa; comunque mentre combattevi, io ero abbracciato a uno dei water del locale e poi...» si fermò, sospirando rumorosamente: «Sinceramente, non ricordo come sono tornato in albergo, però...»
«Alex...»
«E dire che quando eravamo a casa mangiavo di tutto.»
«Non è che hai preso qualche malattia strana?»
«Forse sono incinto!»
«Idiota.»
«Comunque scusami se non ti ho risposto.» mormorò il ragazzo, sospirando: «Ma ero lì, con il mio nuovo amico – si chiama wc, è un bravo ragazzo. Devo presentartelo – e non avevo la forza di alzarmi.»
«Mh.»
«Davvero.» esclamò Alex, sospirando poi al telefono: «Domani ti accompagno a scuola, ok? Così mi racconti dell'attacco di oggi, degli altri eroi e...» si fermò e Sarah alzò gli occhi al cielo, sapendo che l'amico l'avrebbe tormentata per sapere ogni dettaglio degli altri: «...e beh, mi racconti tutto. Ok?»
«E pretendo di essere presentata al tuo nuovo amico.»
«Wc sarà felicissimo di conoscerti. Mi ha detto che ha un debole per le bionde.»
«Il mio uomo, allora.»
«Decisamente.»


Plagg carezzò la forma di camembert, sospirando beato: quella mattina si era svegliato, trovando quella delizia sulla scrivania e aveva quasi pianto dalla contentezza.
Inspirò il delicato profumo che proveniva dal formaggio, assaporando quasi il momento in cui avrebbe affondato i dentini sulla superficie bianca: nulla avrebbe potuto distruggergli quel momento, nulla...
Eccetto il suo umano che, nudo come un verme, era uscito di corsa dal bagno ed era corso al cassetto della biancheria.
Plagg lo fissò, sperando che la sua mente dimenticasse le natiche esposte all'aria e...
No, basta.
Si voltò, fissando i monitor spenti.
Ecco come rovinargli un perfetto risveglio.
«Ehi!» esclamò, sperando di attirare l'attenzione del nudista: lo sentì trafficare nel cassetto e, n'era certo, nemmeno lo aveva sentito: «Ehi!»
«Che c'è, Plagg?»
Che c'era? Aveva pure il coraggio di domandarglielo?
Si voltò e subito si pentì dell'azione fatta, dato che trovò il ragazzo intento a mettersi un paio di boxer: «Senti, non è che sei un bello spettacolo...» spiegò, carezzando la forma di camembert quasi come a scusarsi di quello spettacolo.
«Ti devo ricordare che sono un modello molto ricercato?»
«Ti devo ricordare che non voglio vomitare la mia colazione? Vederti così...»
«Mi ero dimenticato le mutande, ok?»
«Potevi avvisarmi.»
«La prossima volta urlerò: umano nudo in arrivo, ok?»
«Il mio appetito ne risentirà comunque.»
«Plagg, mangia il tuo formaggio e falla finita.»
«Ehi, prima devo lavarmi gli occhi con qualcosa di forte: l'immagine del tuo sederino non se ne andrà tanto facilmente!»


Rafael sbadigliò, entrando al Louis-le-Grand e osservò alcuni studenti che ciondolavano nel cortile principale della scuola; sorrise, notando un capo biondo che conosceva fin troppo bene e, alzando una mano in segno di saluto, fece un passo verso di lei: «Sa...» iniziò, fermandosi subito alla vista del ragazzo che era con lei.
Riabbassò il braccio, studiando il tipo che stava dicendo qualcosa all'americana: non l'aveva mai visto a scuola, anche se non dava gran peso alla fauna maschile, eccetto pochi elementi. Elementi di disturbo.
Il tipo disse qualcosa e Sarah scoppiò a ridere, scuotendo il capo e facendo danzare le ciocche bionde, portandosi poi subito una mano per controllare se il pettinino, quello che Rafael le aveva visto sempre portare, fosse ancora a posto: «Buongiorno, Rafael.» mormorò una voce femminile vicino lui e un brivido corse lungo la schiena del ragazzo: si voltò, incontrando lo sguardo celeste e allegro di Marinette e, inconsciamente, le sue mani andarono a pararsi una certa parte vitale del suo corpo.
Marinette sgranò gli occhi a quell'atteggiamento mentre, il ragazzo che era con lei, iniziò a ridere divertito, attirando su di sé l'attenzione di molti, compresa quella di Sarah e del suo amico: «Marinette, hai fatto colpo.» dichiarò Adrien, passando un braccio attorno alle spalle della ragazza e ignorando lo sguardo che questa gli rifilò: «Beh, meglio così. Certa gente dovrebbe sapere dove potersi prendere libertà e dove no.»
«Certa gente, dovrebbe fare più attenzione, secondo me.» ribatté Rafael, scoccando un'occhiata verso Sarah e notandola girata verso di loro: fantastico! Ci mancava solo che venisse da quella parte...
Ecco appunto.
Non era riuscito neanche a formulare il pensiero completo che la ragazza aveva chiamato Marinette e si era diretta verso di loro: «Ciao!» esclamò Sarah, non appena fu giunta presso il trio: «Marinette, mi dispiace tanto per ieri, ma...»
«Tranquilla! Alix ha vinto, come aveva ampiamente dichiarato. E anch'io.» dichiarò la mora, voltandosi poi verso il proprio ragazzo: «A proposito...»
«Non me ne sono dimenticato.» sospirò Adrien, facendole l'occhiolino e poi spostando lo sguardo sul ragazzo che era con Sarah: «Adrien Agreste.» si presentò, allungando una mano verso il moro e sorridendogli caloroso.
«Alex.» si presentò questo, stringendo la mano che gli veniva offerta e ricambiando il sorriso: «Sono...»
«E' il mio migliore amico.» dichiarò Sarah, sorridendo a tutti loro: «Lei è Marinette, una delle mie amiche e lui è Rafael, un altro mio amico.»
Siamo tutti amici per te, Sarah?, si domandò Rafael scuotendo il capo e stampandosi in faccia un sorriso fasullo: «Piacere.» dichiarò, allungando una mano anche lui e stringendo quella dell'americano: accentuò l'espressione contenta, facendo forza e vedendo la smorfia sul volto dell'altro.
Alla fine lasciò andare la mano di Alex, fissandolo poi in volto: «Qualcuno è geloso...» cantilenò sottovoce Adrien e, Rafael n'era certo, l'aveva fatto apposta per farsi sentire solo da lui e da Marinette, che gli rifilò una leggera manata nell'addome.
«Io non sono niente.» bofonchiò il modello, salutando poi il quartetto e andandosene a passo spedito: lui era Rafael Fabre, modello e ultraricercato dalle donne, gli bastava schioccare le dita per averne quante ne voleva ai piedi.
Lui non era geloso di una ragazzina.
Per niente.


Vuoi mandare di nuovo lui?
Coeur osservò annoiata il riflesso che, serio, ricambiava il suo sguardo; sbuffò, spegnendo il televisore e allungando una mano per prendere il bicchiere di vino che aveva appoggiato sul tavolo: uno sospiro infastidito si levò dalle labbra, quando notò che era vuoto.
Rispondimi.
«Sì. Voglio mandare di nuovo lui.» mormorò, alzandosi dal divanetto e avvicinandosi alla grande vetrata, osservando il panorama cittadino: «Forse è l'unico che può portarmi ciò che voglio.»


Lila giocherellò con il cibo che aveva nel piatto, osservando gli altri due seduti al tavolo: «Che ne pensate?» domandò, attirando su di sé lo sguardo verde di Adrien e quello celeste di Marinette.
«Se intendi avere un parere sul cibo della mensa, posso dire solo due parole: fa schifo.»
«Grazie, micetto.» sospirò l'italiana, alzando gli occhi al cielo: «Comunque io volevo sapere cosa ne pensavate del nostro amico di ieri. Sai quello corazzato, che se non gli facevamo vedere il suo riflesso ci avrebbe fatto tanta bua?»
«Parla per te, volpe. Io l'avrei sconfitto.»
«Non è un nemico da prendere alla leggera.» commentò Marinette, sorridendo all'occhiataccia che gli rifilò Adrien: «Ha resistito all'attacco congiunto di Volpina e Bee. E Peacock...»
«Non ha visto nessun punto debole.» sentenziò Lila, sospirando: «Sinceramente mi chiedo come funzioni il potere del nostro pavoncello: cioè, vede. Ok. Ma cosa? Vede il futuro? Vede i punti deboli?»
«Potremmo chiedere a lui. Se sapessimo chi sia...» sentenziò Adrien, sorridendo alla propria ragazza: «Ma purtroppo non conosciamo la sua identità, perché qualcuno mi ha fermato...»
«Inseguirlo in quel modo non è stato bello. E ti sei anche scusato per il tuo comportamento.»
«Sì, sì.»
«Wei vorrebbe parlarne con il maestro Fu.» mormorò Lila, riportando l'attenzione sull'argomento principale: «Magari spera che lui sappia qualcosa.»
«E questo quando te l'ha detto?»
«Ieri sera.»
«Oh oh oh.» Adrien sorrise, abbandonandosi contro lo schienale della sedia e sorridendo all'italiana: «Qui gatta ci cova...»
«Seriamente...» mormorò Lila, indicando il biondo: «Ce la facciamo a fare un discorso serio con lui o è impossibile?»
«Adrien...»
«Ok. La smetto.» dichiarò il ragazzo, poggiando i gomiti contro il piano del tavolo e annuendo: «Penso anch'io che sia un'ottima idea quella di sentire il nonnetto. Anche se mister Miyagi sa sicuramente più di quanto ci fa credere e, quasi certamente, non ci dirà tutto: secondo me conosce molte più cose su Coeur Noir di quelle che ci ha rifilato.»
«Potremmo sentire il kwami di Wei. Fino a che non ha passato il Miraculous a Wei era al fianco di Fu, no?» propose Lila, prendendo la bottiglietta d'acqua sul suo vassoio e svitando il tappo: «Insomma, qualcosa saprà.»
«Non penso che ci dirà molto.»
«Ma perché? Adesso è Wei il suo portatore e...»
Adrien sospirò, catturando la mano di Marinette e stringendola forte sotto al tavolo: «Andiamo con Wei da mister Miyagi e sentiamo quel che ci dice.» dichiarò, sorridendo quando sentì le dita della ragazza intrecciarsi alle sue: «E se non ci basta, possiamo provare con Wayzz.»
Lila annuì, sospirando e poggiandosi contro lo schienale della sedia: «Mi chiedo cosa ci sia sotto per tutta questa segretezza. Insomma, non capisco.»
«Non sei l'unica, volpe.»


Gabriel osservò l'abito, carezzando la stoffa cremisi e sorridendo; ricordava che anche lei, una volta, aveva indossato un abito simile: era leggermente più scollato ma ricordava ancora le risate che aveva fatto, girando su se stessa e creando un mare rosso attorno a sé.
«Mi manchi...» mormorò, poggiando la testa contro il manichino e chiudendo gli occhi: sentì le pupille pizzicargli dalle lacrime che tratteneva: «Nostro figlio sta crescendo.» continuò, parlando con il nulla e sorridendo della sua stupidità: «Saresti orgogliosa di lui e ti piacerebbe la compagna che si è scelto: lo rende felice, non ho mai visto Adrien così felice da quando la conosce. Lei lo completa, come tu facevi me.» si fermò, ascoltando il silenzio nell'atelier: quanto tempo aveva trascorso là dentro? Quante volte lei era entrata, con la forza di un uragano, e l'aveva portato via?
La vita è fuori, Gabriel.
I tuoi vestiti devono prender vita fuori da questo posto.
«Gabriel?» la voce di Nooroo lo riportò alla realtà: si allontanò dal manichino, togliendosi gli occhiali e stringendosi il setto nasale: «Va tutto bene?»
«Sì. Nooroo.» dichiarò l'uomo, inforcando nuovamente le lenti e osservando nuovamente il vestito: «E' un bell'abito, vero?»
«Sì.»


Sarah sospirò, osservando le persone alla fermata degli autobus e sorridendo alla vista di Rafael: «Ehilà!» esclamò, saltellando verso di lui e battendogli una mano fra le scapole: «Ci incontriamo sempre qua, eh?»
«Mi hai fatto male.»
«Oh, scusa. Non pensavo fossi delicato.»
Rafael la fissò, sospirando e alzando gli occhi al cielo: «Il tuo amico dov'è?» le domandò, notando l'assenza di Alex.
«Mh. Non lo so. Da qualche parte.»
«Da qualche parte? Viene fin qua e poi se ne va da qualche parte.»
«Penso sia tornato in albergo, non si sente molto bene: deve aver preso qualche virus intestinale.»
«Delicato l'amico.»
«In verità no, anzi alle volte lo prendevo in giro dicendogli che avrebbe digerito anche una bomba nucleare.»
Rafael sorrise, voltandosi un attimo per vedere se l'autobus stava arrivando e poi si girò nuovamente verso la ragazza: rimase immobile, mentre una voluta di fumo nero comparve dietro a Sarah e prendeva le sembianze del guerriero corazzato che avevano incontrato il giorno prima: «Sarah!» esclamò, allungando una mano verso di lei, ma il guerriero di Coeur la catturò nella sua stretta e poi, con un balzo, raggiunse il tetto dell'edificio dietro di loro: «Lasciala andare!» ordinò, ma le sue parole furono gettate al vento: il guerriero urlò qualcosa e poi iniziò a correre con il suo ostaggio stretto fra le braccia.
Rafael rimase immobile, incapace di rendersi conto di ciò che aveva appena visto.
Il guerriero di Coeur aveva rapito Sarah.
Perché?
Per quale motivo?
«Flaf...» iniziò, voltandosi verso la borsa e osservando il kwami fare capolino: una mano si poggiò sulla sua spalla e lui si voltò, incontrando lo sguardo verde di Chat Noir e, dietro di lui, vide gli altri tre.
Ladybug, Volpina e Tortoise.
Veloci, gli eroi parigini.
«Che cosa è successo?» domandò l'eroe in nero, abbassando la mano e fissandolo serio.
«Quel guerriero è apparso e ha portato via la mia amica.»
«Sai perché?» gli domandò Ladybug, facendo un passo e osservando preoccupata Chat Noir: Rafael negò con la testa e l'eroina sospirò: «Dobbiamo inseguirlo.» ordinò e a Rafael quasi scappò una risata, sentendosi pronto a eseguire il suo ordine.
Volente o nolente era diventato uno di loro, a quanto pareva.
Sarah...
Devo salvarla.
«Vengo anch'io.» dichiarò, osservando serio i quattro supereroi: ok, ancora non sapeva perché combatteva e perché era stato scelto.
Ok, era ancora pieno di dubbi e, sinceramente, non moriva dalla voglia di combattere e faticare per salvare perfetti sconosciuti.
Ma il suo corpo, il suo essere, aveva sentito il bisogno di eseguire l'ordine di Ladybug.
E poi Sarah...
Sarah non era una sconosciuta.
Sarah era la ragazza che...
Sarah era sua amica.
Per Sarah e per tenere al sicuro la città dove lei viveva, per questo avrebbe combattuto.
«Senti, amico.» iniziò Chat, voltandosi verso gli altri e cercando sostegno: «Non è uno scherzo. E'...»
Rafael sospirò, armeggiando con la catenina che teneva al collo e tirando fuori il Miraculous del Pavone: «Lo so benissimo cosa è.» dichiarò, osservandoli sgranare gli occhi: «Flaffy!» ordinò e il piccolo kwami volò fuori dalla borsa, mettendosi davanti al suo umano con lo sguardo rivolto verso gli altri Portatori: «Trasformami.»

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