Prologo

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Ti è mai capitato di credere così tanto in qualcosa al punto da farlo diventare una parte di te o del tuo modo di pensare? A me sì: ho passato la maggior parte della mia adolescenza a credere che la soluzione migliore ai problemi del mondo fosse l'apocalisse zombie.

Esatto. Hai capito bene: ritenevo che l'idea dell'apocalisse zombie fosse molto allentate e vantaggiosa. Credevo che avrebbe eliminato o quanto meno diminuito l'inquinamento perché come minimo i ¾ della popolazione mondiale sarebbero morti, liquidando il problema della fame nel mondo, e il restante ¼ avrebbe avuto di meglio da fare che inquinare aria, acqua e terra. Tutto il resto si sarebbe risolto quasi allo stesso modo.

È ovvio che tutti quelli a cui lo dicevo, incluse le mie amiche, pensavano che fossi strana o addirittura pazza, ma a me non importava.

Mi ritenevo quasi un'esperta in quel settore perché mi ero "documentata", avevo visto un sacco di film e serie tv al riguardo, avevo letto molti articoli che spiegavano i pro e contro dell'apocalisse, i motivi per cui si sarebbe potuta verificare o meno e alcune guide su come sopravvivere. Avevo considerato ogni aspetto, ogni variabile, tutto. Ero anche giunta ad un conclusione: non ero pronta a perdere ogni familiare, amico o comfort. Non ero pronta a perdere tutto quello che avevo e in ogni caso non sarei sopravvissuta a lungo per via della fame, della paura, della solitudine, dei non-morti, delle intemperie. Ogni cosa sarebbe stata un ostacolo.

Però era comunque così facile immaginarmi mentre combattevo decine di zombie con delle armi d'assalto tra le mani, assieme ad un mio gruppo. Ci immaginavo tutti " felici" e uniti, con un unico scopo in mente: nessuno doveva morire. Saremmo tornati insieme a casa e avremmo vissuto la nostra vita in pace dentro alle mura, uccidendo qualche non-morto ogni tanto. Chiunque avrebbe potuto ricominciare da capo e dimenticarsi di chi era prima per essere una persona migliore o peggiore; avrebbe potuto essere se stesso senza badare a preconcetti, giudizi o regole.

Vedevo l'apocalisse zombie come un nuovo inizio per tutti e poco importava se sarebbero morte milioni, se non miliardi, di persone. Nemmeno se io fossi stata una di loro. Almeno avrei provato, come tutti, a capire il vero valore della vita, delle cose, dell'amicizia, dell'amore e di tutto il resto.

Tutte queste mie convinzioni si rafforzavano di giorno in giorno e con esse il desiderio di essere pronta nel caso fosse accaduto qualcosa di inaspettato; così iniziai ad andare in palestra per migliorare la mia muscolatura e cominciai a fare lunghe corse per aumentare la mia resistenza. Intorno ai 18 anni mio padre mi diede il permesso di andare al poligono di tiro per imparare ad usare una pistola perché era d'accordo con me sul fatto che dovessi imparare a difendermi (non dagli zombie, ma dai pervertiti che vivevano nella nostra città).

Avevo persino considerato l'idea di entrare a far parte della polizia o dell'esercito, ma l'avevo scartata perché avevo capito che non potevo passare la mia vita a prepararmi per qualcosa che probabilmente non sarebbe mai accaduto. Per questo col passare del tempo avevo messo da parte la mia ossessione per dedicarmi alla mia vita. Andai al college, mi feci degli amici e mi trovai persino un ragazzo. Ero tornata normale, se così si può dire, e pensavo che l'apocalisse zombie non mi avrebbe più assillata anche se nella mia mente l'idea che non sarei comunque riuscita a sopravvivere rimaneva un pensiero fisso.

Nonostante ciò, dopo tre anni da quando i morti avevano cominciato a camminare per le strade, io ero ancora viva e questa era l'unica cosa su cui mi ero sbagliata.

Watch your back [Z Nation-The Walking Dead] SOSPESA Where stories live. Discover now