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Quella mattina era stata asfissiante; aveva richiesto la giornata libera e non poteva fare a meno di pensare che se non avesse fatto in tempo a trovare quel certo Mark Jemmin avrebbe dovuto aspettare un mese o piú. Infatti non le era concesso di prendersi la giornata libera più di una volta al mese. Si asciugò il sudore della fronte. Pensava che sarebbe stato più semplice trovare quell'uomo; tra le persone che Silvia aveva fermato per strada non ce ne era nemmeno una che conoscesse Mark Jemmin.
E poi prima di partire aveva dovuto bloccare Mike perché voleva accompagnarla.

"Io rimango più di due ore in un negozio di scarpe, é molto noioso aspettare una donna mentre sceglie quelle giuste, credimi"

Aveva detto lei.

"In questo caso buono shopping!"

Le aveva risposto lui senza sospettare nulla. Senza sospettare che in realtà Silvia non andava a comprare le scarpe, ma andava a scavare su un passato su cui lo stesso Mike le aveva consigliato di non immischiarsi.
Il paesino era freddo e poco accogliente. Solo ora apprezzava la sua Kyedi.
In lontananza notò un uomo sui sessant'anni. Si stava riparando dal freddo e camminava con andatura lenta.
«Mi scusi, un'informazione» lo bloccò lei.
L'uomo la fissò. Gli occhi color nocciola non trasmettevano emozioni precise.
«Per caso conosce un certo Mark Jemmin?» chiese.
«Perché lo cerca?» chiese sospettoso alzando un sopracciglio.
«Credo che sia un parente di una persona che conosco, e vorrei fargli delle domande» rispose.
Egli continuò ad osservarla con aria grave, poi disse: «Giri a destra per questa via qui e poi svolti subito a destra. C'è una casa gialla alla sinistra, abita lí» disse senza staccare lo sguardo dagli occhi di Silvia. Sembrava volesse leggerle il pensiero e l'anima.
«Mille grazie, buona giornata» disse avviandosi soddisfatta.
Ma l'uomo la bloccò.
«Vada cauta con le parole. Cauta» disse.
Silvia annuí. L'ansia prevalse in quel momento.

E se quell' uomo fosse stato violento?

Magari era un pazzo?

Deglutí, sospirò e poi riprese a camminare. Seguí le istruzioni dell'anziano che aveva fermato e quando arrivò alla casa gialla si soffermò ad osservarla.
Considerato il colore si sarebbe aspettata un casa molto piú allegra, vivace. Invece no; dava l'idea di una casa sporca, non curata. Persino il cancello era in pessime condizioni e addirittura socchiuso.
Sarebbe potuto entrare chiunque, ma evidentemente al signor Jemmin questo non importava.
Aprí quindi il cancello arrugginito che cigolò ed entrò pian piano, tentando di non causare altri rumori. Si stava avvicinando alla porta per cercare il campanello, ma quest'ultima si aprí velocemente. Doveva essere stata colpa di quel maledetto cancello, e ovviamente quell'uomo aveva conservato un ottimo udito nonostante l'età avanzata.
Dietro la porta c'era un uomo anziano, con delle pantofole e una vestaglia color panna. Sentì subito una ventata di tristezza invaderle l'anima.
Aveva pochi capelli, e quelli rimasti erano alcuni di colore grigio e altrettanti di colore bianco. Poco curato, sembrava essersi lasciato andare.
Corrugò la fronte e con ciò evidenziò le rughe del viso, poi guardò Silvia da capo a piedi. Era molto serio. Il suo sguardo incuteva profonda amarezza.

«Piacere, mi chiamo Silvia Wond» disse cordiale la dottoressa porgendo la mano. Mark però la contemplò solo e non la strinse, per cui Silvia ritirò la mano rammaricata.
Ci fu un istante di silenzio. L'uomo non parlava.
«Sono la dottoressa dell'ospedale ps...»
«Cosa vuole?» la bloccò stizzito.
«Vorrei farle qualche domanda se non disturbo» rispose leggermente intimorita.
«Entri» disse serio mentre scompariva dietro la porta.

Cosí Silvia entrò lentamente e chiuse la porta alle sue spalle, facendo attenzione a non provocare rumori che avrebbero potuto infastidire un'anima così irascibile. Seguí Jemmin in un salotto in stile antico e poi si sedette di fronte a lui, su una poltrona color prugna.

«Lei é Mark Jemmin, giusto?»
«Sí. Mi dica cosa vuole e poi se ne vada per cortesia»
«Mi scusi, sarò breve. »
L'anziano annuí.

«Lei ha una figlia?» domandò Silvia. Forse non era la richiesta adatta. Si era lasciata trasportare dalla fretta e non aveva pensato prima di parlare. Un enorme sbaglio. In quel momento verificò il detto in cui si dice che "la fretta é cattiva consigliera", con la conclusione che quella affermazione é assolutamente vera. Ripensò a sua madre quando le diceva «Se ti accorgi di aver detto qualcosa di sbagliato, immagina subito di scrivere quella parola o frase su un foglietto e poi strapparlo in mille pezzi ».
Silvia non ebbe il tempo di seguire quel consiglio, perché non appena fece quella domanda l'uomo sgranò gli occhi e levò lo sguardo a Silvia. La guardò dritta negli occhi, furioso.

«Che cosa c'entra mia figlia?» domandò infastidito, irremediabilmente irritato.
«Laura si chiama, no?»
«Non la nomini e non si impicci nella nostra vita!»
«Mi scusi»
«Se ne vada! Via!» ordinò urlando.
Silvia rimase pietrificata.
«É per caso sorda? Vada via immediatamente!»
Quelle grida incutevano terrore. In esse si nascondeva qualcosa, la dottoressa lo percepí all'istante. Riconobbe la tristezza, una profonda angoscia che aveva trovato rifugio nell'anima di Mark. Sarebbe potuta rimanere lí a lungo per osservare gli strani e quasi ipnotizzanti movimenti della bocca del signore, mentre pronunciava le parole "Se ne vada immediatamente".
Tuttavia Silvia si alzò di scatto e corse verso la porta. La aprí e uscí in maniera rapida. Corse fuori, chiuse il cancello e sospirò appoggiandosi ad esso.
Non era andata bene, assolutamente.

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