Capitolo 12: Basta

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Eravamo ancora lì, sedute sul pavimento freddo nell'ufficio del direttore, a piangere. Abbracciai Roberta e le bagnai la maglietta con le mie lacrime. Roberta fece lo stesso, poi si alzò asciugandosi gli occhi. -Aly, ho bisogno di cambiarmi- mi disse indicando i suoi jeans sporchi di sangue. Mi alzai anch'io ed aprii un armadietto, cercando un paio di jeans corti da guardia notturna. Quando li trovai le diedi i jeans ed andò a cambiarsi in bagno. Io mi guardai la mano ancora sporca di sangue. Perché a lui? Cosa aveva fatto di male? L'unico sbaglio che aveva commesso nella sua vista era stato quello di proteggerci senza volere nulla in cambio, perché teneva a noi. Io l'ho lasciato morire come un'idiota senza fare niente. Era colpa mia, solamente colpa mia. Se lo avessimo cercato nella pizzeria, quella notte, magari sarebbe rimasto in vita. O almeno, se fosse morto non mi sarei presa la colpa. Mi sembrava di essere tornata indietro nel tempo, alla morte di mio padre. Lui era morto per colpa mia, per colpa di un mio capriccio. La gente doveva seriamente smetterla di preoccuparsi per me. Strinsi la mano insanguinata in un pugno e quando Roberta uscì dal bagno, mi precipitai dentro per lavarla. Uscii di fretta e ricoprii la botola con il tappeto. Prendemmo entrambe i nostri zaini e ci avviammo fuori dall'ufficio. Nessuno delle due parlava, troppo immerse nei propri pensieri per dire qualsiasi cosa. - A-Aly...- mi chiamò Roberta ed io mi girai verso di lei.
-Adesso...come faremo senza di lui?- mi chiese, ricominciando a singhiozzare. Io mi fermai, le misi le mani sulle spalle e la guardai decisa.
-Faremo ciò che lui avrebbe voluto. Andremo avanti. Qualsiasi cosa accada- dissi, guardandola in quegli occhi azzurri con delle macchioline di castano. -Lui ci vuole forti. L'ha detto la scorsa volta, no? E noi saremo forti. E ricorda: io non ti lascerò mai da sola-. Le mie parole erano sincere ed esprimevano tutte le mie emozioni in quel momento: rabbia, tristezza e...paura. Paura di non riuscire veramente a farcela. Roberta mi abbracciò senza esitazioni ed io feci lo stesso, accarezzando i suoi capelli biondi. Singhiozzò nella mia spalla, bagnandomi la maglietta di lacrime calde, ed io feci uno sforzo enorme per non scoppiare a piangere. -E voi due chi siete?- chiese una voce maschile poco distante da noi.  Ci staccammo in un attimo e guardammo la figura davanti a noi: era un ragazzo sui vent'anni. Aveva i capelli castani, corti e spettinati, e gli occhi dello stesso colore. Portava una divisa da guardiano azzurra e un berretto con su scritto "Night Guard". Che strano, noi eravamo le guardie notturne, non lui...
Si avvicinò a noi e ci squadrò da capo a piedi, incrociando le braccia al petto. -Che ci facevate nell'ufficio del direttore?- chiese, alzando un sopracciglio. Deglutii il groppo che avevo incastrato in gola a fatica. Ci aveva viste ed ora?
-Noi...lo stavamo cercando!- disse Roberta, cercando di sorridere, ma quello che ne uscì fuori sembrava più una smorfia, così tornò seria. -Per che cos...aspettate un attimo! Ma voi due siete le nuove guardie notturne!- disse il ragazzo, sorridente. Sospirai ed annuii, leggendo poi il nome della guardia appeso nella camicia del ragazzo. Si chiamava Mike. -Ma non c'era anche un ragazzo con voi?- chiese lui, confuso. I miei muscoli si irrigidirono e mi girai a guardare Roberta, che teneva lo sguardo basso e i pugni serrati. -No. Siamo solo in due- risposi, cercando di non sputare troppo veleno e di risultare acida. In fondo, non era colpa sua. -Ah...credevo foste in tre...va bene lo stesso!- disse Mike. Certo, andava bene per lui, tanto aveva sicuramente già rischiato la vita una volta e non voleva di certo riprovare. -Io sono Mike, piacere!- disse, allungando la mano destra per stringere la mia. Ma sentii due mani afferrarmi per i fianchi e attirarmi verso di sé, facendo poggiare la mia schiena sul suo petto. Rabbrividii sentendo il contatto freddo delle sue mani e sgranai gli occhi. Guardai Roberta, che era accanto a me, e vidi Toy Bonnie che l'aveva presa per i fianchi. Girai di poco la testa per vedere chi ci fosse dietro di me, e incontrai lo sguardo di Toy Freddy. I miei muscoli si irrigidirono di nuovo e rimasi ferma, girandomi di nuovo verso Mike, cercando aiuto. Mike sbuffò infastidito. -Ragazzi, lasciatele. Non le rompete le palle già abbastanza di notte?- chiese lui, incrociando di nuovo le braccia al petto. Toy Bonnie, che stava giocando con una ciocca di capelli di Roberta, lo guardò storto. Toy Freddy mi strinse di più a sè da dietro, ma io rimasi sempre immobile. -Fatti un po' di cazzi tuoi, Schmidt!- sbottò Toy Freddy, appoggiando il suo mento alla mia spalla sinistra. Mike sbuffò ancora, si girò e se ne andò. Ma porca puttana. Pensai, mentre Toy Freddy mi girava verso di lui e mi teneva le braccia con le mani. Solo ora mi accorgevo di quanto, bensì più bassi degli old, fossero alti. Non come Freddy o Foxy, ma di sicuro lo erano più di noi. -Ciao, Aly- mi  disse, sorridendo affettuosamente. Lo guardai bene: se fosse stato un umano vero, avrebbe avuto sì e no sedici anni, mentre gli Withered sembrava che ne avessero diciotto.
Tornai seria d'un colpo e lo fissai accigliata. Di certo non mi ero scordata di ciò che avevano fatto a Lorenzo.  Roberta strattonò Toy Bonnie, liberandosi dalla sua presa, e lo stesso feci io. Ci guardammo un attimo per metterci d'accordo sul da farsi. Potevo capire dal suo sguardo che era stanca di questa situazione.
-Ma andate a fanculo!- urlai, prendendo la mano di Roberta e correndo via di lì. Loro ci seguirono per un po', ma poi smisero appena arrivammo fuori. Corremmo a casa di Roberta per riposarci e, magari, fare i compiti. Appena arrivate a casa sua, sua madre ci accolse con un gran sorriso sulle labbra. -Ciao, ragazze!- disse, salutando con la mano. Devi un sorriso forzato ed un cenno del capo e Roberta sorrise di rimando. Quello era il sorriso più falso visto sulla faccia della terra, ma risultò davvero convincente agli occhi di sua madre.
-Come è andata oggi?- chiese, ma poi si bloccò e ci guardò meglio. Per un attimo, temetti che stesse facendo la domanda su dove avessimo preso i jeans di Roberta, ma invece ne fece un'altra, molto peggiore di quella sui jeans. -Ma dove avete lasciato Lorenzo? Di solito è sempre con voi- chiese, sospettosa. Roberta si bloccò di scatto davanti alla porta di camera sua, ma non si voltò. Presa dal panico, cercai di rispondere come meglio potevo. -Ehm...oggi non è venuto a scuola...non sappiamo che fine abbia fatto- per metà era vero, anche se sapevo benissimo cosa gli fosse accaduto. La madre di Roberta ci guardò torva e poi annuì, andando in cucina. Roberta entrò velocemente in camera e fece entrare anche me, chiudendo poi a chiave la porta.
-Basta, basta, BASTA!- urlò, dando un calcio alla porta. La vidi accasciarsi al suolo e piangere. Mi inginocchiai accanto a lei e le misi una mano sulla spalla. -Anche io sono stufa di questa situazione. Ma di certo non faremo ritornare qui Lorenzo comportandoci in questo modo. Non è così che lui ci avrebbe voluto- risposi calma. Stavo seriamente respingendo la voglia di piangere come una fontana. Roberta alzò lo sguardo verso di me, si asciugò le lacrime e parlò: -Questa notte...- disse decisa -...questa notte noi la finiremo. E non moriremo. Per lui. Vivremo per Lorenzo-. Sorrisi con gli occhi luccicanti ed annuii decisa.
-E poi dimenticheremo tutto. La pizzeria, gli humatronics, il videogioco e denuncieremo il direttore!- dissi, fiera delle mie parole. Ci alzammo entrambe e ci abbracciammo. -Che si fottano tutti!- urlammo insieme e scoppiammo a ridere. Quella notte non ci avrebbero uccise, lo sapevamo bene.

Credo che questo sia il capitolo più corto che abbia mai scritto in questa storia! Ma okay...

N. Jane: eeeh niente, la gente muore a caso...
Catherine: *piange* PERCHÉ LA GENTE MUORE?!
N. Jane: *la guarda male*

Va bene, basta voi due! Noi ci vediamo nel prossimo capitolo, ciao!

FNaF 2: Non è finita...Where stories live. Discover now