Capitolo 26

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Cleo

La mattina mi sveglio in seguito al suono fastidioso della sveglia, la quale spengo prima di girarmi dall'altra parte.
Sto per riprendere sonno, quando qualcuno bussa alla porta della mia stanza, poi la apre.
«Cleo, faremo entrambi tardi», è Tyler.
«Zitto», lancio il cuscino verso di lui, che scoppia a ridere.
«Okay okay, me ne vado a lavoro senza accompagnarti a scuola, così ti toccherà prendere il pullman, che se non ti muovi perderai.»
Ghigna divertito.
Che stronzo!
«Ho capito, mi alzo», sbuffo scivolando giù dal letto, andando direttamente verso il bagno per lavarmi.

Quando esco dal bagno, Tyler è già vestito. È seduto a tavola che sta facendo colazione.
«Tu non mangi nulla?» mi chiede.
«No, prendo un caffè a scuola» rispondo.
«Stasera a che ora esci dal lavoro?»
«Solito», alzo le spalle.
«Ti passo a prendere?»
«Se vuoi» annuisco.
«Donna di molte parole...»
Mentre sta completando la frase, entro in camera mia e chiudo la porta per potermi vestire. Scelgo qualcosa di comodo, ciò significa un paio di jeans nero con una camicia a quadri neri e rossi. Ai piedi indosso le Vans nere, e sul viso stendo un velo di trucco: della terra sotto gli zigomi, cercando di ricreare una sorta di contouring, mascara nero e, soprattutto, del correttore per coprire le occhiaie di chi dorme poco. Poi lego i capelli in uno chignon alto e finisco di preparare la mia cartella.
Infine indosso la mia giacca nera, uscendo dalla stanza.
«Possiamo andare?», guardo Tyler che sta bevendo una tazza di latte.
«Si, ho finito» mi risponde solo dopo aver scolato il latte rimanente nella tazza. Sparecchia velocemente ed io lo aspetto sulla soglia della porta, poi indossa la giacca ed usciamo di casa.

***

Oggi a scuola è stata una noia.
La professoressa di matematica ha riempito la lavagna di formule. Ho preso appunti cercando di capire quanto più mi fosse possibile, ma non è stato facile.
Alla seconda ora c'è stata letteratura, una delle mie materie preferite. Mentre il professore spiegava, ho segnato alcuni appunti, in più ho iniziato a fare una ricerca dal telefono; penso la finirò questa sera con il computer.
Passando così le seguenti ore, mi sono accorta che Laila non è la solita ragazza allegra e frizzante. Mi chiedo cosa le sia successo, e inizio già a pensare ad alcuni possibili motivi, ma non me ne viene in mente nessuno.

Quando la campanella dell'ultima ora suona, mi avvicino a lei per chiederle cosa stia succedendo.
«Ehi, è tutto okay?», le appoggio una mano sulla spalla. Lei mi accenna un sorriso ed annuisce.
«Sicura?» insisto.
«Si, fidati» risponde.
«Senti... ti va di accompagnarmi a lavoro? Mangiamo qualcosa insieme e nel frattempo mi dici che succede, lo so che c'è qualcosa che non va» le dico.
Lei sospira e mi stringe, d'un tratto, senza preavviso, in un caloroso abbraccio. Ricambio la stretta e mi rendo conto di non averla mai vista in questo stato da quando la conosco; deve essere successo qualcosa di brutto, è evidente, e non posso non preoccuparmi.

***

«Quindi è finita?» domando mentre prendo le mani di Laila, stringendole forte.
«Mi ha detto di aver bisogno di tempo, ma tanto si sa che è solo un modo meno doloroso di dire che è finita. Io comunque avrei preferito che me lo avesse detto chiaramente, me ne sarei fatta una ragione, invece ora una parte di me continuerà ad aspettarlo, sperando che torni tutto come prima.»
Al bar, Laila non ha preso nulla da mangiare. Le ho offerto un pezzo del mio panino ma ha rifiutato anche quello; dice che ha lo stomaco chiuso.
La capisco, conosco quella sensazione di vuoto che ti impedisce di mangiare e, quasi, di respirare. Come un nodo in gola che cerchi di trattenere quando stai per piangere, mentre senti degli spilli pungerti gli occhi, e tu li chiudi perché non vuoi far vedere quanto siano rossi, anche se poi magari lì con te non c'è nessuno, perché lo sappiamo che la maggior parte delle volte in cui piangi, sei da sola nella tua stanza, rannicchiata con le ginocchia contro il petto come per proteggerti.

«Se ti dicessi che passerà e che starai meglio, per quanto possa essere vero, non ti aiuterà ora. So come ti senti, lo so tesoro», mi avvicino a lei con la sedia, ancora tenendole le mani, «e neanche dirti che non ti meritava servirà a molto, perché non è questione di meritare, qui ci sono in ballo i tuoi sentimenti. Perciò, l'unica cosa che posso dirti, è che io ci sono. Se vuoi piangere, con me non devi aver paura di farlo, okay?» le chiedo conferma.
Lei annuisce leggermente e cerca di accennarmi un sorriso, ci riesce malamente, ma apprezzo lo sforzo.

Non sopporto vedere così Laila, so quanto sia difficile dover perdere alcune abitudini. Dover dire un addio che non si è capaci di dire, credere che non ce ne freghi più nulla, quando poi basta sentire il suo nome per pensarlo.
Dopo un po' inizi a credere che non ti abituerai più a nessuno.
A nessun odore, a nessuna voce, a nessun ti amo, a nessun abbraccio, a nessun bacio, a nessun risveglio insieme.
Il peggio è che poi si finisce per sentirsi soli. Io non voglio che lei creda di essere sola, ci siamo io e Sarah con lei. Non la lasceremo mai, le staremo accanto se avrà bisogno di piangere, e le staremo accanto se ci dirà che ha bisogno di qualcuno con cui ridere.

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Ecco il nuovo capitolo! Scusate l'attesa. Quindi Jace e Laila non stanno più insieme... cosa ne pensate? Vi spiace o no?
Spero vi piaccia, al prossimo capitolo!

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