Capitolo 11

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«Sì zia lo so», dico al telefono. La zia mi sta facendo un sacco di raccomandazioni, alcune di queste davvero inutili o insensate.
«No, non preoccuparti» continuo quasi meccanicamente. Di tanto in tanto sposto il cellulare dell'orecchio come per farlo riposare.
«Va bene, adesso faccio le foto e te le mando», annuisco, anche se so che lei non mi può vedere.

Quando la zia mette giù la chiamata, tiro un sospiro. Mi dirigo in camera mia e prendo il computer dallo scatolone che mi ha preparato Sarah, lo poggio sulla scrivania e controllo le e-mail, finché il rumore di una notifica del cellulare mi distrae.
'Le foto!', insiste la zia.
Sbuffo e mi alzo dalla sedia sulla quale mi ero seduta, faccio una foto alla mia stanza, dopodiché esco, chiudendo la porta della camera come per abitudine.
Faccio una foto anche al salotto, una alla cucina ed un paio al bagno, poi esco sul balcone, che collega la finestra della cucina con quella della sala. Mi sporgo e faccio ancora qualche foto, questa volta al panorama.
Non avevo fatto caso alla vista che offre, quindi, imbambolata, mi siedo sul piccolo sgabello e guardo davanti a me: il cielo mostra ancora qualche debole raggio di sole intento a tramontare, un'aria fredda mi abbraccia il corpo, coperto da una giacca in pelle nera. Da qui, si possono osservare i grandi palazzi, i grattacieli più alti della California ma anche il traffico costante che popola la mia città.

Abbasso lo sguardo e mando un messaggio alla zia in cui allego tutte le foto che ho fatto. Dopo poco lei mi risponde con una faccina, quella con gli occhi a cuoricino. Sorrido immaginando la sua reazione mentre guarda le foto, ma un rumore mi distrae.
Giro di scatto il viso e noto che la finestra è chiusa.
Sarà stato il vento, penso. Mi alzo dallo sgabello e mi avvicino alla finestra, tento di aprirla ma non ci riesco, quando vedo, attraverso il vetro freddo, un ragazzo. È voltato di spalle, ha i capelli neri ed è molto alto.
Non so chi sia, e inizialmente penso che possa essere un ladro, poi lo vedo accomodarsi su una poltroncina e chiudere gli occhi, e non penso proprio che un ladro abbia il tempo di sistemarsi sulla poltrona in casa di chi sta derubando per schiacciare un pisolino.
Busso quindi contro il vetro, prima piano, poi più forte per farmi sentire. Ma cos'è, sordo?
«Ehi, apri, muoviti!» grido, quando finalmente lui si gira di scatto e mi guarda con un'espressione perplessa. Si alza velocemente e si avvicina alla finestra, la apre e mi guarda stranito.
«E tu chi cazzo sei?!» dice.
Quando alzo lo sguardo ed i nostri occhi si incontrano, lo riconosco.
«Tu!» diciamo in coro.
«Che cazzo ci fai qui?» mi chiede.
Io lo sposto ed entro in casa, poi mi giro per guardarlo.
«No, che cazzo ci fai tu qui» rispondo.
«Io ci abito, qui» mi dice.
«No, io abit...», abbasso un attimo lo sguardo, ci penso su, poi lo guardo aggrottando la fronte.
«Aspettavi un coinquilino?» gli chiedo con sguardo sospettoso: gli occhi assottigliati e la fronte corrugata.
«Ti prego non dirmi che sei tu.»
«Ma lo fai apposta?! Mi segui tu!» esclamo, sbattendo le braccia lungo i fianchi. Cammino un po' avanti ed indietro e lui mi segue.
«Ah non credere che a me faccia piacere! Sei stata estremamente maleducata con me, su quell'aereo» mi dice.
«Senti ma vaffanculo!» urlo, mi dileguo ed entro in camera mia, chiudo la porta che viene accompagnata da un enorme tonfo, dopodiché mi tolgo la giacca e la lancio sulla sedia, tuffandomi sul letto, esausta.

Tyler

Si sta facendo buio, ma non importa. Ho deciso lo stesso di andare a dare un'occhiata all'appartamento. Ho portato giusto un borsone con qualche cosa che potrebbe servirmi, il resto lo andrò a prendere a casa di mia madre poco a poco.

Scendo dall'auto che parcheggio sotto il palazzo, prendo il borsone che si trova sul sedile del passeggero e metto la sicura alla macchina, dopodiché entro nel palazzo e prendo l'ascensore per salire al piano in cui si trova la porta numero 24, come scritto sulla chiave che mi ha lasciato lo zio Scott.

Giro la chiave nella serratura ed entro dentro, lanciando come prima cosa il borsone per terra. Noto subito che la finestra è aperta, entra vento e fa muovere una piccola pianta dalle foglie verdi scure, quindi mi avvicino a chiuderla. Strano che sia aperta, in casa sembra non esserci nessuno. Che l'abbiano lasciata aperta quando sono venuti a sistemare i mobili e che se la siano scordata così? Non lo so.
Dopo averla chiusa, mi siedo su una poltroncina, mi ci stravacco su e chiudo gli occhi. Ma qualcosa mi infastidisce... è una vocina che mi suona in testa, quasi il ronzio di una mosca. E poi i botti, qualcuno colpisce i pugni su qualcosa, allora mi giro di scatto e vedo una ragazza sul balcone che urla e sbraita neanche fosse uno scimmione. Ma che cazzo?
Mi alzo e vado ad aprire la finestra, mentre la ragazza mi sorpassa.
«E tu chi cazzo sei?!» le chiedo, alzando il tono di voce.
Lei, è lei.
La ragazza dell'aereo, quella che non ha fatto altro che lanciarmi sguardi fulminanti, rispondermi in maniera acida, o peggio ancora, non rispondermi proprio. Ma che ci fa qui?
«Che cazzo ci fai qui?!» le chiedo.
«No, che cazzo ci fai tu qui» mi risponde con il suo solito tono da acidella.
«Io ci abito, qui» le rispondo abbassando il tono di voce, in modo più calmo e disinvolto.
«No, io abit...» si blocca. Guarda in basso e poi torna a guardare me.
Allora?, vorrei chiederle, invece sto zitto e aspetto.
«Aspettavi un coinquilino?» mi chiede.
Sì certo che aspettavo un coinquilino, che domande.
Sì ma lei come può saperlo, idiota.
Aspetta... non dirmi che- «Ti prego non dirmi che sei tu.»
«Ma lo fai apposta?! Mi segui tu!» urla più di prima. Che palle però, urla sempre questa ragazza, a me scoppia la testa.
«Ah non credere che a me faccia piacere! Sei stata estremamente maleducata con me, su quell'aereo» le canzono. Non la sto seguendo, giuro! Non sapevo che quando mio zio parlava di un dipendente, si riferisse ad una ragazza. Tantomeno a questa ragazza.
«Senti ma vaffanculo!» mi dice prima di chiudersi in camera. La porta sbatte forte, ed io non posso che rifugiarmi nella mia, di stanza.
Benvenuto, Tyler. Diamo inizio a questa bellissima convivenza!

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