7. Bittersweet mistakes

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«I'm so into you, I can barely breathe
And all I wanna do is to fall in deep
But close ain't close enough 'til we cross the line, baby.»

— Into you, Ariana Grande.

Stai lontano da chi ti fa del male, dicono.
E se chi mi facesse del male fosse la stessa ed unica persona in grado ti farmi del bene? In grado di risanare le mie ferite? Capace di accettarmi per come sono, pregi e difetti compresi.
Io lo vedevo che a lui non importava niente nemmeno della parte peggiore di me, nemmeno ciò che solitamente la gente detesta di più.
Lui accoglieva ogni mio lato, ogni mia sfumatura più nascosta, ogni dettaglio che a chiunque può sfuggire ma a lui no.
Lui mi desiderava interamente, completamente per la mia persona, per la mia essenza.
Ma solo un'altra cosa mancava per completare il cerchio: il definitivamente.
A lui mancava il definitivamente, o meglio il costantemente.
Diceva di volermi per sempre, diceva di amarmi per sempre, ma non mi accoglieva nella sua vita per sempre.
Era questo il problema.
Lui non me lo diceva ma io l'avevo capito.
Avevo capito quanto lui mi amasse, ma questo amore stava prendendo la direzione sbagliata, questo amore era così acciaccato che non sapevo se si sarebbe mai ripreso.
Questo amore aveva solo bisogno di finire.
Ma farlo finire significava dare libero e completo accesso alla costante assenza che inevitabilmente mi assalirà.
Ed eccolo costruito il circolo vizioso.
Il labirinto da cui non esiste via d'uscita.
Il labirinto che mi tiene prigioniera, il labirinto che non mi lascia scampo.



15 Giugno 2015

Harry era accasciato vicino a me da cinque minuti buoni. La testa appoggiata sul mio petto e gli occhi chiusi. Io non riuscivo a riaddormentarmi.
Mi limitai ad ascoltare in silenzio i suoi respiri e ogni tanto, i battiti del suo cuore.
Accarezzai delicatamente i suoi ricci, che con il passare dei mesi si allungavano sempre di più, ma lui rimaneva fermo nella sua decisione di non tagliarli.
A me non faceva molta differenza, era bello in qualsiasi modo o forma.

«Ehi.» Sussurrò aprendo solo un occhio e allungando le braccia.

«Ehi.» Gli sorrisi, ammirando i suoi movimenti impacciati, la voce impastata e la mente ancora parzialmente nel mondo dei sogni.

«Dormito bene?»

«Sì. Tu?» Un semplice sì non sarebbe sufficiente per esprime tutte le sensazioni che mi hanno investita in queste ultime ore.
Non sarei pronta, non sarei minimamente capace a dimostrargli a parole tutto quello che lui è in grado di farmi scoprire, tutto ciò che lui mi dona inconsapevolmente.
Quindi mi limito ad un semplice e banale sì, che già sono troppo fragile davanti ai suoi occhi, che già sono troppo esposta davanti a lui.
E so di aver bisogno di limiti, di barriere minime per provare a proteggere me stessa, di muri che inconsciamente vorrei che lui scavalcasse.

«Benissimo.» Disse. I suoi zigomi disegnarono un sorriso genuino che mi portò a mordere le labbra. Harry notò quel gesto e qualche istante dopo, si ritrovò a sfiorarmele.

Ma questo non ci basta.
Non ci è mai bastato.
Sappiamo che non è mai abbastanza e mai lo sarà.
Lo sapevamo anche ieri sera.
Ma ci siamo fatti del male consapevolmente, sapevamo che era un illusorio benessere.
Uno squarcio di vita assieme.
Un assaggio di ciò che saremmo potuti essere.
Abbiamo rubato le parti più intime, più profonde di una relazione e ce le siamo tenute per noi.
Ce le siamo gustate, ce le siamo vissute fino in fondo.
Ma sapevamo che poi sarebbe finito.
Sapevamo di aver consumato la faccia migliore della medaglia, e di conseguenza ora ne restava la peggiore.

La peggiore perché il dolore lo vuoi rimandare, non lo vuoi affrontare, perché finché non ti schiaffeggia tu non lo vedi, ignori totalmente la sua esistenza.
Ed è quando bruscamente ti colpisce che crolli. Crolli e capisci che fino a quel momento non eri altro che una foglia d'autunno che imperterrita tentava di rimanere aggrappata al ramo.
Accecata dalla volontà di restare insieme all'albero, non aveva visto ciò che si stava formando intorno a lei, non aveva visto la burrascosa folata di vento pronta a spazzarla via.

   ***

«Meglio che vada. I tuoi potrebbero tornare a momenti.» Annunciò titubante, non sapendo come comportarsi, forse.
Annuii distrattamente. Sapevo che questo momento sarebbe arrivato, ma ho cercato di rimandarlo il più possibile e adesso che è giunto è come se una lama mi stesse trafiggendo le membra mentre orchestravo un sorriso di circostanza.
Un sorriso che incarnava il vuoto che mi invadeva e mi soffocava.

«Mi prometti che ci pensi, a quello che ti ho detto, Heisel?» Una mano appoggiata leggermente sulla maniglia della porta e l'altra sulla mia guancia.
Coraggiosamente ricambiai il suo sguardo inquisitorio, il suo sguardo fiducioso, il suo sguardo pieno di speranza verso qualcosa che dentro di me sapevo che mai potrà esistere.

«Sì Harry, ci penserò.» Ed egoisticamente diedi voce a quel pensiero remoto e debole, ma l'unico che veramente desideravo ardentemente con tutta me stessa.
Quel pensiero illuminato da una candela che basterebbe un respiro per spegnersi.
Lo stesso pensiero che io mantenevo e accudivo con cura, che per nulla al mondo lo eliminerei dalla mia mente.
Ed egoisticamente gli promettevo qualcosa che avevo già deciso, ma che non avevo la forza di dirgli.
Forse non ho la forza nemmeno di dirlo a me stessa.

«Lo rifarei altre cento volte, lo sai vero?» Non ce la facevo più. Non ce la facevo più a sopportare le sue parole che mi pungevano come aghi e allo stesso tempo mi aggiustavano come colla.
Non ce la facevo più ad ascoltare quelle parole, ad assaporare quei gesti precari, quei momenti che fra poco non diventeranno altro che un ricordo su cui piangere sotto la doccia.

Così decisi di mettere fine a tutto nel peggiore dei modi. Decisi di farmi ancora di più del male, incoronando questa tortura che mi stavo infliggendo da sola, infischiandomene delle lacrime che fanno a gara per uscire, azzerando le conseguenze di ciò che dovrò affrontare fra qualche momento, bloccando il tempo nell'unione tra le nostre labbra.
Una semplice coesione che funge da intermediario verso ciò che non voglio e non posso dirgli, un ultimo attimo fuggente in grado di regalarmi un piccolo tassello di ricordi da custodire gelosamente dentro di me.
E la pressione bisognosa esercitata dalle sue labbra, mi faceva quasi dimenticare ciò che mi ero prefissata, ma poi riaprii gli occhi, ancora instabile dopo quel contatto seppur semplice ma di smisurato valore, e leggermente mi allontanai dalle sue labbra, da lui.

E dopo un ultimo sguardo uscì, uscì dalla mia casa, e forse anche dalla mia vita.

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Posso immaginare benissimo le vostre perplessità dopo aver letto questo capitolo.
Non so neanche io se ciò che ho scritto abbia un senso, in teoria un senso per me ce l'ha, ma spero con tutto il cuore di averlo fatto capire anche in minima parte anche a voi.

Comunque non preoccupatevi che tutte le azioni verranno motivate, quindi è normale che ora siate confusi.

Vi chiedo solo di farmi sapere cosa ne pensate, con questa storia non riesco mai a rendermi conto se ciò che scrivo sia anche solo parzialmente comprensibile, in senso metaforico.

Grazie per leggere, e a presto,
Rebecca.🌸

Inchiostro sulla pelleOù les histoires vivent. Découvrez maintenant