Paine pensò di andare via e lasciare che Robert si vestisse una volta che si fosse svegliato, ma doveva controllare le ferite per accertarsi che non fossero peggiorate. Gli si avvicinò, silenziosa, per non svegliarlo. Era nella medesima posizione della scorsa notte, con la schiena rivolta al soffitto e le mani riverse sul cuscino; non poteva vedergli il viso e si chiese se fosse sereno o stesse soffrendo.

Le ferite erano coperte da un panno impregnato di un liquido scuro ed era impossibile per lei stabilire se si trattasse del disinfettante o del sangue. Allungò la mano sulla sua schiena e indugiò prima di sfiorarla; sentiva il calore del suo corpo contro essa. Forse la febbre non era passata. Tolse delicatamente le garze e spalancò gli occhi dallo stupore: le ferite erano scomparse. Soltanto delle cicatrici bianchicce erano rimaste incise sulla pelle e il filo chirurgico che aveva usato per ricucirle era rimasto attaccato alle garze. Era come se l'organismo di Robert lo avesse rigettato. Era guarito in una sola notte.

Paine era consapevole che Robert fosse immortale, ma non fino al punto di essere in grado di rigenerare il proprio corpo.

«Avevo paura di averti perso...», disse con un sospiro.

Improvvisamente Robert si voltò e le afferrò il polso. Paine sussultò per lo spavento e soffocò un grido di sorpresa. Gli occhi di Robert erano incredibilmente lontani e vuoti, persino il colore delle iridi – che le aveva sempre ricordato il mare tropicale – era diverso, così scuro e profondo.

Le dita dell'uomo premevano contro la pelle del polso di Paine ed erano così calde da farle credere che fossero diventate puro fuoco. Paine provò a lottare e a ritrarsi ma quello che aveva davanti non era l'uomo che aveva imparato a conoscere, sembrava che fosse posseduto da un'entità differente, fatta solo di rancore e rabbia. Si chiese se stesse sognando o fosse preda della febbre.

Robert digrignò i denti quando la donna gli si oppose e con uno scatto si alzò in piedi per poterla contrastare meglio. «Mi hai mentito!», strepitò all'improvviso; gli occhi ancora più vuoti. Le afferrò anche l'altro polso e le alzò le braccia verso l'alto per toglierle ogni possibilità di difendersi.

«Ma cosa stai dicendo?», strepitò Paine.

«Mi hai costretto ad un'esistenza di sofferenze!», urlò con una voce che Paine non conosceva. Le strinse con maggiore foga i polsi e quasi la sollevò dal pavimento.

Paine si trovò in enorme difficoltà, Robert la superava in altezza e mai prima di allora aveva incontrato una persona che fosse dotata di una potenza superiore alla propria.

«Cosa ti prende?» gli urlò contro ma l'uomo non la udiva, non era più lì ma disperso nei ricordi, nel passato, nei secoli di sofferenza che aveva patito nella dimensione dei mangiatori di anime, lì dove la donna che aveva salvato Joseph l'aveva abbandonato.

«Se l'avessi saputo prima... non avrei mai accettato. Mai!» Spinse Paine contro il muro, lontano da sé e si guadò intorno, alla ricerca di qualcosa per usare contro la donna e i suoi occhi incontrarono il coltello che Paine aveva usato la sera precedente per tagliare le garze.

Quando Paine intuì i pensieri dell'uomo, sbiancò. Era in grado di difendersi da un qualsiasi aggressore, ma mai avrebbe immaginato che Robert sarebbe divenuto uno di essi.

Nello stesso istante in cui l'uomo raccattò il coltello, Paine gli assestò un calcio al braccio e l'arma volò via. Sperava che questa reazione l'avrebbe fatto rinsavire, ma non fu così.

Robert urlò e la spinse nuovamente contro il muro, stavolta con una foga maggiore e una ragnatela di dolore si propagò lungo la schiena della donna.

«Che diamine ti prende?» chiese più a se stessa che all'uomo. Si chiese di cosa la stesse accusando, di aver rovinato il compito dell'Angelo della Morte con le sue azioni avventate? di averlo portato così vicino alla sconfitta? Se queste erano le accuse di Robert, lei aveva più di un'accusa da muovergli. La rabbia prese presto il posto dell'incomprensione. Era la sua vita ad essere stata distrutta, era il suo futuro ad essere stato compromesso e interamente riscritto, era lei ad essere diventata un'assassina, lei a dover fuggire, lei a doversi nascondere per il resto dei suoi giorni. Prima che Robert infierisse ancora su di lei, lo colpì in pieno viso facendolo indietreggiare. Le mani di lui premute contro la bocca e il sangue nero che gli sgorgava dalla nuova ferita.

Era pronta a colpirlo una seconda volta ma le tornò la lucidità e bloccò il secondo pugno a mezz'aria. La rabbia fluì via e si rammaricò subito per ciò che aveva fatto. Non avrebbe voluto colpirlo, ma quelle accuse... L'uomo si mosse verso di lei e le prese il polso, stavolta il suo tocco era delicato e gentile, quello di sempre. Paine vide distintamente il momento in cui tornò in sé, i suoi occhi riacquistarono il colore del mare e il viso tornò quello di sempre.

Robert la fissò con occhi seri, il volto stravolto dalla vergogna. «Paine...», sussurrò; come se la vedesse per la prima volta.

Paine fu colta da un capogiro nel sentire il suono caldo della sua voce. «Si può sapere cosa ti è preso?», gli chiese quasi balbettando, cercando di allontanare da sé l'imbarazzo per averlo colpito e riacquistare il tono distaccato di sempre.

Robert fece scivolare la mano lungo la schiena della donna, fino a sfiorarle il collo; l'altra mano le stringeva ancora il polso e ora l'attirava a sé con avidità. «Paine...», ripeté, come se fosse l'unica parola che conoscesse. «Mi dispiace... io...» Non trovava le parole per spiegare ciò che gli era successo. Al suo risveglio, per un attimo aveva visto Paine, ma poi era diventato tutto buio e freddo, come quel giorno, il giorno in cui quella donna gli aveva strappato la vita con un bacio. «Non ero in me... forse le ferite mi hanno...» Non aveva il coraggio di dirle la verità, di raccontarle della sua morte.

«Lo so che è colpa mia» disse prontamente Paine. «Ho distrutto il tuo operato, ciò che hai portato avanti per secoli è andato perduto in un istante.»

«Non è questo, io...» Le parole lo soffocarono.

«A causa mia hai rischiato di morire» urlò con impeto.

«Io sono già morto.»

Paine sussultò. «Credevo che fossi immortale.»

«Lo sono...», disse con un sorriso triste, «...nelle mie vene non scorre sangue normale, te ne sarai resa conto. Se non mi avessi estratto le pallottole non sarei morto, ma le mie ferite non si sarebbero rimarginate finché non si fossero liberate dal corpo estraneo.», le spiegò. «Sono già morto una volta, non posso farlo ancora.»

Paine temette che il cuore le si fosse fermato. «Non sembri morto...»

Robert le sorrise ancora, ma stavolta il suo fu un sorriso triste. «Una volta mi chiedesti se fossi un angelo o un fantasma...», ricordò per un istante la bambina capricciosa e curiosa che lo guardava con occhi innocenti e ora aveva tra le braccia una donna che, sulla carta, lo superava in età. «Io ti risposi...»

«Né l'uno, né l'altro.», l'interruppe.

Robert fu sorpreso nello scoprire che ricordava. «La verità è che non so neppure io come definirmi. Nelle mie vene scorre la stessa sostanza che compone i mangiatori di anime.» Paine sussultò. «Forse non sono altro che uno di loro...»

«No!», proruppe Paine. «Loro non hanno sentimenti, non hanno un corpo, non hanno un cuore...» Gli poggiò il palmo della mano contro il petto e quando sentì il suo battito accelerato, ogni discorso che avesse in mente di pronunciare, svanì.

«Allora dimmi tu cosa sono.»

«Non so neppure cosa sono io...», gli disse.

«Sei il mio mondo.», rispose con un sussurro che la fece avvampare. «Io ti amo, Paine.»

L'Angelo della MorteWhere stories live. Discover now