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Calum era approdato a New York, portandosi da Londra il tempaccio umido.

Dall'aeroporto prese un taxi diretto fino all'ospedale.

Salì le scale.

Arrivò fino alla stanza 108.

Prese un bel respiro ed entrò.

Ma ne rimase deluso quando il ragazzo multicolore non si trovava sul letto, ma non si trovava neppure in quella stanza.

Stava per andarsene ma una voce dietro di lui lo fece bloccare.

-Calum sei tu?-

Il moro si voltò lentamente.

Michael si trovava su una carrozzina e ora lo stava fissando con un misto di amarezza ed entusiasmo.

"Chissà da quant'è che non parla con qualcuno."

Pensò Calum mettendosi le mani nelle tasche dei suoi skinny.

Era un gesto che faceva spesso quando si trovava in difficoltà.

Come se potesse trovare così le risposte.

-Si...Michael come stai?- gli chiese cauto il moro avvicinandosi per vederlo meglio.

-Tu che dici?- il ragazzo biondo soffocò una risata amara. -So che ti ha chiamato il dottore. Ma perché Sarah non è qui?-

-Michael è complicato.- disse Calum dondolando sulle sue gambe.

-Complicato? Dimmi tutto. Posso ascoltarti quanto vuoi, di certo non scappo.-

E così entrò nella stanza seguita da Calum che si sentiva più fuori posto che mai.

-Beh? Dimmi.-

-Il fatto è che Sarah non è qui a New York. Al momento viviamo a Londra, lei, io e Luke...e beh, lei è incinta, dovrebbe partorire a breve.-

Calum era diretto.

Sapeva che in quel modo feriva le persone, ma non voleva girarci attorno, diceva le cose come stavano e basta.

Senza tante storie.

Michael lo fissava quasi incredulo.

Mille coltelli lo avevano trafitto in quel momento.

Sarah lo aveva lasciato.

Sarah aveva perdonato Luke.

Sarah era incinta.

Sarah si era rifatta una vita.

E lui era quasi morente in quell'ospedale.

-Oh...-

Seppe dire solo ciò.

-Beh se vuoi parlare con il dottore dovrebbe arrivare a breve per farmi il controllo giornaliero.- disse atono Michael, avvicinandosi al letto.

Lo abbassò con una leva e con le sue braccia forti si sollevò e ci si stese sopra.

Un gesto che Calum osservò molto attentamente.

-Michael senti io non vol...-

-È apposto Cal. Hai fatto bene a dirmelo. Devo affrontare la realtà in faccia, per com'è veramente. Devo capire che per gli errori che ho compiuto, dovevo aspettarmi tutte queste cose. Essere abbandonati da tutti e aver combattuto la morte per 7 mesi. Dovevo aspettarmelo semplicemente.-

Michael si rabbuiò per un momento che sembrò infinito.

-Michael tua sorella ti vuole ancora un bene dell'anima. Tutti i giorni si tormenta pensando a te e quando la notte scorsa ho ricevuto la chiamata dall'ospedale, lei voleva venire a tutti i costi per vederti, per chiederti perdono. Ma semplicemente porta in grembo un bimbo di nove mesi e sarebbe stato troppo rischioso prendere l'aereo per un tempo così lungo. Ora lei sarebbe qui, per te.-

Michael rifletté davvero tanto a quelle parole.

Non doveva pensare che era tutto finito.

Mai.

Così glielo chiese.

-Mi porti da lei?-

Calum fece un'espressione indecifrabile, neanche lui sapeva a cosa pensare.

-Tranquillo. Tornerò a camminare se è quello che ti chiedi. Appunto il dottore ti ha chiamato, per infirmare i miei familiari del fatto che dovrò fare riabilitazione, che sto già facendo. Ci vorranno delle settimane credo, ho iniziato da tre mesi quindi si.-

-Ragazzo tu mi spaventi. Ora sei super energetico anche se ti trovi in un ospedale. Dimmi come fai.- Calum e Michael risero all'unisco guardandosi.

E si.

Sembrava andare così tutto fottutamente bene.

Ma le cose belle non durano molto spesso, molto spesso appunto.

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