2 - Axel

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Scendo dall'auto parcheggiata poco distante dal Cavalier, sulla 5th Street, e mi guardo intorno alla ricerca di Nick e gli altri. Il quartiere in cui mi trovo di giorno forse non è male, ma a giudicare dal tipo di locali disseminati qua e là per il viale buio, non mi sembra un luogo altrettanto sicuro per qualcuno che vaga da solo nella notte. Inizio a camminare immergendomi nell'universo di San Francisco. Dai vari locali del viale fuoriescono grida di gioia, canti e chiacchiericci animati; mi passano accanto due ragazze strette a braccetto che appena incrociano il mio sguardo ridacchiano e proseguono oltre.

Mi chiedo se sia veramente il caso di buttarmi a capo fitto in una nuova vita sociale dopo aver lasciato il mio "guscio", se così può essere definito. Non che questa città non mi piaccia, anzi. Come città artistica è davvero il massimo, per non parlare dell'immenso parco naturale poco distante da qui – il Lake Merced Park – che abbraccia uno dei laghi più grandi della contea.

Ma c'è qualcosa che non va.

È un po' come essere a casa durante le vacanze invernali: fa freddo, esci poco e senti la mancanza del giro delle tue conoscenze e dei tuoi amici, di quelle poche convinzioni che uno ha nella vita. Sapevo benissimo che i miei vecchi compagni di squadra avrebbero intrapreso tutti strade diverse – e infatti siamo tutti sparpagliati per il continente – ma mai mi sarei immaginato che sarebbe stato così difficile.

Evan e Camille hanno anche tentato di convincermi ad iscrivermi alla Tulane insieme a loro; ma l'idea di quei che mi sbattono in faccio giorno dopo giorno, per cinque anni, qualcosa che non mi sarebbe mai appartenuto, era decisamente troppo masochistico anche per i miei standard.

Vogliamo parlare della retta universitaria? Va bene che Evan può, ma non siamo mica tutti figli di un'importante imprenditore texano che ha le mani impastate un po' nel petrolio e un po' nelle telecomunicazioni.

Svolto l'angolo e mi fermo all'inizio di un piccolo vicolo straripante di ragazzi. Poco più in là con le sue inconfondibile tende rosse, il Cavalier troneggia nella stradina. Davanti all'ingresso del locale ci sono ragazzi che fumano, altri con in mano boccali di birra, altri ancora che parlano animatamente dell'imminente inizio dei corsi. Varco la soglia del locale e vengo immediatamente investito dal rumore della musica e dalle risate chiassose dei ragazzi che si intensificano ancor di più man mano che mi addentro nel pub. In realtà questo è un locale che durante la settimana è concepito per lo più come ristorante e solo nel fine settimana viene preso d'assalto dai ragazzi delle università qui vicine.

Un'enorme e lunghissimo bancone si presenta davanti ai miei occhi, e poco più in là, vicino ad un tavolo da biliardo ed un piccolo palco allestito per il weekend, Nick agita il braccio come uno che sta per affogare per attirare la mia attenzione. Sorrido facendogli un cenno di rimando per fargli capire che li ho notati e mi affretto a raggiungerli. Non male l'accostamento di colori del locale: il rosso scuro delle poltrone, il marrone scuro dei pavimenti e di alcune pareti, unito al nero del mobilio, creano un'armonia tutta particolare, il perfetto equilibrio tra rustico e moderno.

«Ehi bello, pensavamo ti fossi perso» mi saluta Nick. «In realtà sì, mi sono perso. Sai sono qui da due settimane, non sono mica come te che a furia di rincorrere le ragazze da una parte all'altra hai memorizzato tutta San Francisco» lo canzono ridendo e quello mi lancia un'occhiataccia sotto le risate degli altri.

«Allora Axel, hai fatto domanda per diventare membro dei Gators?» chiede immediatamente Mike appena mi siedo. Annuisco togliendomi la felpa grigia che ho messo convinto che ci sarebbe stata la stessa brezza gelida di Newport, ma il clima è davvero più caldo rispetto a casa mia. Promemoria: no felpe, magliette a maniche lunghe, pantaloni della tuta e, soprattutto, dormire solo in boxer. Davvero, io non so come facciano a sopportare questo caldo micidiale i californiani. E quest'afa?

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