PROLOGO

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Il pelo dell'acqua è mosso da una leggera brezza estiva. È un caldo agosto, gli insetti creano la loro inconfondibile sinfonia, dettata dal suono dei grilli e delle cicale che canticchiano qua e là. Gli alberi oscillano pigramente, carezzati dal vento, mentre qualche libellula sfiora la superficie di una delle tante sponde del Jock Mock Lake. Erano anni che non si registravano temperature così alte nel Minnesota e tutti gli appassionati della vita in tenda si erano precipitati nell'immenso parco naturale Superior National Forest; ma non tutti erano entusiasti della magnificenza del paesaggio e della fauna.

Su un piccolo molo vecchio di decenni, sull'estremità più prossima all'acqua, una bambina di otto anni in shorts neri e t-shirt giallo sbiadito se ne sta seduta a piangere silenziosamente. Ha le spalle leggermente scosse dai singhiozzi, ma non si abbasserebbe mai a piagnucolare come una delle sue compagne di classe, che tanto disprezza. È la prima volta che sua madre e il suo patrigno la portano in un luogo simile, ma proprio non riesce ad esserne felice. Che vacanza è senza un amico? Senza qualcuno con cui instaurare una complicità silenziosa e folle.

Tira su col naso e si asciuga inutilmente le lacrime con un braccio, prende a dondolare i piedi e osserva le scarpe da tennis ormai consumate che sfiorano a malapena l'acqua del lago.

Alle sue spalle, poco più in là tra, gli alberi del bosco, un bambino della sua stessa età stufo dei continui richiami dei genitori ha deciso bene di addentrarsi nel bosco, allontanandosi così dal lussuoso campeggio in cui suo padre li ha trascinati qualche giorno fa. È fiero del piccolo bottino che è riuscito a rubare dalla borsa di sua madre senza che lei se ne accorgesse: due caramelle al limone, le sue preferite.

Intravede un piccolo molo fatto con quelle che sembrano vecchie assi di legno decisamente poco rassicurati. C'è persino uno pneumatico attaccato al ramo di un albero con una corda che cattura la sua attenzione. Sorride furbetto, ormai sa già che proverà quella che sua madre chiamerebbe "trappola mortale", ma l'ha visto fare in televisione un milione di volte. Che vuoi che sia?

Si sta avvicinando lentamente all'altalena improvvisata, quando vede la bambina. Si arresta immediatamente: qualcuno ha scoperto prima di lui questo posto? Corruga la fronte incuriosito e devia il suo ficcanasare verso la piccola dai codini neri, ma non appena arriva a metà del attracco un'asse di legno scricchiola facendo girare la bambina verso di lui.

La piccola, ancora con gli occhioni pieni di lacrime, fissa il bambino con i pantaloncini marroni e la t-shirt bianca con sguardo smarrito, incuriosito e diffidente al tempo stesso: chi è questo qui? E perché la sta guardando in quel modo?

«Perché stai piangendo?» domanda il bambino dopo un imbarazzante attimo di silenzio, ma non ottiene risposta. La bambina si alza, si pulisce il fondoschiena dalla polvere delle assi e fissa l'intruso nel suo attimo di debolezza negli occhi. E stranamente le ricordano tantissimo il cioccolato.

«Non sai parlare?» la incalza e lei increspa la fronte alterata. Ma come si permette?

«Certo che so parlare» brontola indispettita: la sua maestra si complimenta sempre con lei per le sue capacità lessicali, e per la sua età sa già leggere e scrivere perfettamente.

Certo, quando il suo patrigno le urla addosso inizia a balbettare e si inceppa come una cassetta dentro ad un walkman, ma questo quello lì non lo sapeva mica, no?

Da conto suo, il piccolo ribelle, fissa incuriosito e al tempo stesso incantato la bimba: ha due occhi decisamente belli, di un azzurro profondo e vivace, tendente quasi al blu, e tiene le mani strette in due pugni che non sarebbero capaci di far male nemmeno ad una mosca. È tutta imbronciata, pensa sorridendo quasi intenerito dalla visione e le si avvicina frugando nella tasca dei suoi shorts alla ricerca di una delle due caramelle che ha preso a sua madre. Normalmente non lo farebbe mai, ma dopo un pianto così non c'è niente di più buono e bello che una caramella al limone. E poi sua madre gli ha insegnato che le signorine non dovrebbero mai piangere, anche se non è del tutto certo di quando una persona possa essere definita "signorina".

Gliene porge una, sorridendole con quello che crede essere un sorriso gentile, ma lei lo guarda con diffidenza: tutti i bambini della sua classe la trattano sempre male, perché mai questo dovrebbe essere gentile con lei?

«È al limone. È buonissima sai? La più buona del mondo!» pronuncia solenne intimandole con un gesto della mano di prenderla. E di cosa potrebbe aver mai paura? Mica la vuole avvelenare. Le rivolge un altro sorriso, che questa volta ritiene rassicurante e, non appena la bambina protende la mano verso la sua per afferrare la caramella, quel sorriso si schiude di più, portando alla luce due piccole fossette.

«Come ti chiami?»

«Mi chiamo Samantha, e tu?»

Sam scarta la caramella mettendosela in bocca; inarca leggermente le sopracciglia e sorride sorpresa; in effetti è davvero buona. All'inizio è aspra, ha un gusto davvero forte, ma più la gusti e più la dolcezza avvolge il palato.

«Io sono Axel, ti va se giochiamo insieme?» risponde impettito il bambino, non prima di essersi goduto tutto soddisfatto l'espressione dapprima diffidente e infine sorprendentemente felice della piccola Sam. Hanno scoperto insieme quel posto, giusto? Perché non condividerlo? pensa strategico, in modo tale da avere un luogo segreto in cui nascondersi dai suoi.

E poi non gli piace proprio vedere le bambine piangere. Quindi, perché non condividere il piccolo molo e lo pneumatico per il mese che dovrà passare lì?

Questo pensiero dev'essere passato anche per la mente della bimba, perché accetta più che volentieri e – dopo quella che crede sia stata un'ora di pianto – sorride ampiamente al suo nuovo amico.

Può essere definito così, giusto? Una persona che ti regala una caramella al limone e ti chiede di giocare insieme, non può essere altro che l'inizio di una bella, bellissima amicizia.

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