Giocare fra le stelle

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Liliana si guardò intorno.
Era il primo giorno di elementari e non conosceva nessuno.
Torturò i nastrini del vestitino blu notte che indossava.
C'erano tanti bambini e bambine, ma lei restò in un angolo della sala.
Avrebbe voluto avere la sua Ria accanto e progettare la nuova avventura per il pomeriggio.
Ma non c'era.
La mamma le aveva detto che la sua migliore amica era partita per un lungo viaggio e che non sarebbe tornata, quindi doveva trovare altre amiche.
Ma non le dava retta.
Lei avrebbe aspettato la sua migliore amica.
Stringe il medaglione argenteo a forma di cuore, nel quale c'era una loro foto mentre andavano in altalena.
Lo aveva ricevuto dalla mamma della sua amichetta del cuore.
"Sono sicura che Victoria avrebbe voluto lo avessi tu", le aveva detto cercando di sorridere, fallendo miseramente.
A Liliana piacevano i sorrisi.
Aveva sempre pensato fossero piccoli frammenti di stelle che brillavano sui volti delle persone.
E lei amava le stelle.
Lei e Victoria avevano sognato tante volte di raggiungerle e giocare con quei "puntini luminosi", come erano solite chiamarle.
I suoi occhietti castani scuri, quasi neri, scrutarono nervosi la stanza quando una dolce voce chiamò il suo nome, spaventata.
"Liliana Granger?", chiamò ancora la voce.
I suoi occhietti da cerbiatta individuarono la persona da cui proveniva la voce.
"Sei tu Liliana?", chiese sorridendo la giovane donna coi capelli rosso lava.
La piccola si rilassò non appena vide il sorriso.
"Sono io", disse con quella vocina adorabile, ricambiando il sorriso.
La donna coi capelli rossi s'inginocchiò così da essere all'altezza della piccola.
"Bene, Lily. Io sono la maestra Hanna, ma se vuoi puoi chiamarmi Henny. Vuoi aspettare con gli altri bimbi nel piccolo parco giochi qui fuori? Vi raggiungo fra poco e giochiamo insieme", disse la maestra continuando a sorridere.
La piccola annuì, lasciando sfuggire una risata cristallina e, sotto gli sguardi di tutti, attraversò la sala correndo e andò dove la sua insegnante aveva detto.
Individuò in un baleno ciò che cercava: l'altalena era poco distante da lì.
Era più alta di quella che aveva in giardino, quella dove passava i pomeriggi a giocare con Victoria, facendo la gara a chi andava più in alto, sognando di raggiungere le stelle.
Dopo qualche tentativo, riuscì a salire.
S'iniziò a dondolare, ridendo a gran voce.
Mentre faceva avanti e indietro, vide una bimba bionda con dei grandi occhi azzurri.
Era poggiata contro un albero e la guardava.
"Vorrà salire anche lei un po' sull'altalena", pensò Lily.
Cercò di rallentare, così da scendere e cedere il posto alla sua coetanea sulla giostra, ma questa sembrava avere vita propria.
Si sarebbe dovuta spaventare, ma invece era felicissima.
Le sembrava di volare.
I capelli corvini le solleticavano il dolce viso.
L'altalena la mandò in aria con un brusco colpo.
Liliana urlò, terrorizzata.
Ma, non appena si ritrovò in un altro mondo, e individuò sotto di lei un trampolino, si tranquillizzò e sorrise.
Vi atterrò sopra per poi ritrovarsi ancora in aria.
Era il crepuscolo.
Le prime stelle, laddove il cielo era più scuro, avevano già fatto capolino nel blu chiaro.
Dopo un po' decise di scendere e guardare il posto dove si era ritrovata.
Nonostante il buio che avvolgeva sempre più l'ambiente, vide le antalene dove giocava sempre con Victoria.
Camminò per il piccolo parco, ma il buio era calato prepotete sul luogo. Non ci volle molto perché inciampò in un piccolo masso.
Cadde per terra, e nonostante l'erba fresca, sentì le ginocchia bruciare.
"Ahi", mormorò.
"Voi umani siete dei gran pasticcioni!", esclamò una voce maschile alle sue spalle.
Si girò, curiosa di vedere a chi apparteneva.
Ormai quel posto le ispirava troppa fiducia perché si spaventasse per qualcosa.
Vide un piccolo omino con barba e folti baffi bianchi. Gli occhi erano di un azzurro splendente, e brillavano sotto folte sopracciglia candide come barba e baffi.
Era alto la metà di lei e indossava piccoli abitini verdi e scarpette che sembravano intagliate da un ramo. In testa portava un cappellino a punta che sembrava una foglia arrotolata.
"Ma sei un folletto!", esclamò entusiasta Liliana.
Lui scosse la testa e disse gentilmente: "No, piccola. Io sono uno gnomo. Il mio nome è Albus. Qui trovi anche i folletti, ma sono molto dispettosi. Quindi non ti conviene cercarne uno".
La bimba lo ascoltava rapita.
"Ti fa male?", chiese Albus con lo sguardo fisso sul ginocchio della bimba.
"No, no. Ci sono abituata. Solo la maestra non sarà felice di vedere il mio ginocchio così", disse Lily.
Lo gnomo sorrise e si diresse ad un'aiuola poco distante da lì e prese un bellissimo fiore azzurro con strani intrecci neri disegnati sui petali. Foglie e stelo erano corvini come i decori. Era quasi grande come un piatto, notò la piccola.
Lily non capiva come avrebbe potuto esserle d'aiuto un fiore, ma lo fissava curiosa.
Albus prese un pugno di nettare, che si rivelò argentato, e lo lasciò cadere sulla ferita della loro piccola ospite.
Lily guardò il ginocchio con la boccuccia spalancata, poi lo gnomo e di nuovo il ginocchio.
"Ma... Ma com'è possibile?! Questa è una magia!", esclamò felicissima.
"Tutto questo posto è magico", disse lo gnomo.
Gli ultimi raggi baciarono il prato prima che il buio prendesse il controllo di tutto.
"Albus, quindi potrei anche far tornare il sole?", chiese Lily, stufa dell'oscurità opprimente.
"Questo no. Ma rimediamo subito", disse lo gnomo prima di salire su un tappeto elastico.
Fece un salto altissimo e lo vide volare fra le stelle.
Lily aveva gli occhi sbarratti per lo stupore: non aveva mai visto nulla del genere.
Tutto di quel posto le era nuovo.
Lo gnomo, dopo essersi guardato un po' intorno, prese una bellissima stella che emanava luce bianca/azzurra.
Lily urlò per la contentezza. Non poteva crederci.
Albus atterrò dolcemente vicino alla piccola che lo aspettava con gli occhi che brillavano dalla gioia. Poi prese il fiore che aveva la bambina fra le mani e vi depositò dentro la piccola sfera luminosa.
Liliana non aveva parole.
Prese il gambo, temendo pesasse tantissimo, ma scoprì che il peso era invariato.
"Albus, ma posso toccarla?", chiese cauta.
"Sì, certo", disse distratto, scrutando il cielo, alla ricerca di qualcosa.
Lily aveva il cuore a mille ed era eccitatissima.
Era da quando aveva visto per la prima una stella in cielo che desiderava toccarne una.
Allungò piano un ditino della mano piccolissima e sentì un brivido freddo attraversarla non appena sfiorò la luce. Perché alla fine era solo luce. Anche se si aspettava fosse calda.
"Albus, perché non è calda? Papà mi aveva detto che le stelle bianche sono le più calde", chiese confusa.
"Non qui. La più calda è la rossa e via dicendo. L'unica invariata è la gialla", disse sventolando la sua lanterna.
Lily stava per parlare, quando Albus la interruppe.
"Ah, eccola qui! Mi sembrava strano non fosse ancora arrivata", disse lo gnomo sorridendo.
Lily non capì a cosa si riferisse e guardò fra le stelle, dove guardava anche Albus.
Gli occhi le si inumidirono e urlò: "Ria!".
"Lily! Hai visto che bello qui? Vieni anche tu!", disse gioiosa la sua migliore amica.
La piccola guardò il tappeto elastico e poi di nuovo lei.
"Come faccio?", chiese.
"È semplicissimo. Sali sul trampolino, desidera fortemente di volare e salta", disse sorridendo.
Lily fece come aveva detto la sua migliore amica e si ritrovò a fluttuare fra quelle sfere luminose che erano le stelle.
"Ria! Sto volando! Siamo fra le stelle!", esclamò gioiosa Liliana.
"Lo so! Ho chiesto ad Albus di portarti qui: è il nostro mondo. Nessun altro può venire a parte tu. D'ora in poi puoi venire quando vuoi, purché sia notte. Io posso arrivare solo durante la notte, quando ci sono le stelle. Se arrivi prima ci sono Albus e gli altri gnomi a tenerti compagnia. O se vai nel bosco ci sono le fate. Sono tutti così gentili", mi disse Ria.
"Non posso rimanere qui?", chiese confusa Lily.
Victoria scosse la testa.
"No, Lily. Puoi venire quando vuoi, ma poi devi tornare nel tuo vero mondo".
"Ma come faccio a tornare qui?", chiese Lily interessata.
"Vai su un'altalena, voli in alto e poi devi pensare intensamente di venire qui. Dopo ti butti e ti conviene imparare ad atterrare o su un trampolino o atterrare dolcemente", disse prendendo una stella bianca particolarmente grande e lancendomela.
Giocarono un po' a pallavolo, scherzando.
Liliana ad un tratto chiese: "Quindi è qui che sei venuta? Tua mamma mi ha detto che sei partita per un lungo viaggio", chiese Lily.
Victoria rimase a bocca aperta e i suoi occhi verde smeraldo si spalancarono.
Mancò la stella, che volò al suo posto originale.
"Lily! Tori! Piccolo problema. La bambina bionda che stava fissando Lily si sta preoccupando troppo perché è sparita e sta per andare a chiamare la maestra. Lily, devi tornare al tuo mondo", disse Albus che da poco era saltato fra le stelle.
"Io non voglio andarmene", disse la bimba coi capelli corvini.
"Ria, puoi tornare subito dopo la scuola. Tua madre ti manda a fare il riposino e tu puoi scendere dalla finestra e vai all'altalena. Mi trovi ancora qui", disse Ria prima di abbracciarla.
Liliana sorrise e disse: "Come faccio ad andare a casa?".
"Albus, porta il fiore nero", disse Victoria.
"Sono felicissima di avere un mondo dove siamo solo io e te!", esclamò Lily.
Ria rise e poi disse: "Sai che sono stupende le tue scarpette?".
Si vedeva chiaramente le piacevano tantissimo.
"Allora te le regalo", disse Lily togliendosi le ballerine color panna con i fiocchetti blu.
"Davvero?", esclamò gioiosa Ria.
Lily annuì, sorridendo alla vista della sua migliore amica così felice.
"Eccolo qui, Tori", disse lo gnomo porgendole un fiore nero enorme, pieno di nettare dorato che brillava.
"Ciao, Lily. Ci vediamo dopo", disse Ria soffiando il nettare così che le finisse contro.
Pian piano iniziò a sparire e pendere il controllo del corpo.
Chiuse gli occhi, spaventata.
Poco dopo sentì il suolo sotto i suoi pieni nudi e aprì gli occhi.
Ne trovò un paio azzurri sbarrati, che la guardavano spaventata.
"Ma tu... Dove... Cioè... Io ho visto... Eri... Cioè, sull'altalena... E poi... Insomma... Eri sparita... Ed ora...", balbettò la bionda terrorizzata.
Lily rise e disse rendendole la mano: "Piacere, io sono Liliana".
La piccola bimba che le era di fronte la guardò per un istante, forse si aspettava di vederla svanire da un momento all'altro. Poi ricambiò la stretta e disse: "Juliemine, ma preferisco quando mi chiamano July".
"Bene, July. Tu allora chiamami Lily, mi piace di più".
La bimba sorrise, sentendosi più tranquilla.
"Come hai fatto a sparire? E dove sei andata?", chiese timidamente.
Lily le raccontò tutto e July la ascoltava rapita.
A fine racconto disse: "Scusami, non volevo obbligarti a tornare".
"Tranquilla", disse Lily. "Tanto oggi pomeriggio rivado".
"Vorrei proprio vedere questo mondo: sembra fantastico", disse July con aria sognante.
"Oh, tu non puoi venire. Ha detto Ria che è solo mio e suo, e nessun altro può entrarci", disse, per poi aggiungere dopo aver visto la sue espressione triste: "Ma magari se trovi un'amica che è partita per un lungo viaggio magari un giorno anche tu avrai un mondo simile".
July sorrise.
"Eccovi, bambine. Venite dentro, iniziamo la lezione", disse la maestra.
Le due bimbe annuirono sorridendo e andarono dentro prendendosi per mano.

Pezzi di cuoreWhere stories live. Discover now