Angelo

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Fissava il vuoto.
Sapeva di dover andare avanti.
Ma no. Il suo cuore non era pienamente d'accordo.
Sembrava un puzzle, e lei lo sapeva, ma nonostante tutto c'era un nome impresso sopra.
Passarono i mesi, non poteva continuare così.
Serate continue in discoteca, alcool a non finire, concedersi a chi capitava.
Sapeva non aveva più nulla da perdere: aveva perso lui, aveva perso il suo cuore, aveva perso la sua vita.
Si era promessa che dopo quella serata non sarebbe più tornata in quel posto.
Non ce ne sarebbe stato bisogno.
Doveva finirla una volta e per tutte.
C'era un ragazzo, capelli ed occhi scuri come il carbone che ogni sera la osservava da lontano.
Avrebbe voluto fare qualcosa per lei, ma si sentiva in soggezione.
Stava male quando incrociava quegli occhi vitrei, privi di vita.
Andava ogni sera in discoteca, solo per guardarla.
Ma non come gli altri che osservavano le sue curve coperte da vestiti striminziti...
No.
Lui osservava il suo viso consumato e pieno di trucco.
Non osava essere come gli altri, non andava oltre.
Come al solito si era fatto tardi.
La vide andare via, con uno dei tanti ragazzi che non volevano altro che una notte di passione.
Furioso, quella sera non riuscì a trattenersi.
Camminò a fatica fra i corpi di persone di ogni età che si muovevano brilli in pista, senza azzeccare un passo.
Arrivò all'ingresso e senza perdere tempo cerco la ragazza misteriosa.
La vide schiacciata fra il muro della discoteca e il ragazzo, il quale si era spinto un po' troppo oltre.
Ma la ragazza sembrava non importarsene.
Era ciò che voleva.
Sì avvicinò e diede un pugno al ragazzo, che sbattè violentemente la testa contro un albero e cadde a terra svenuto.
"Ma chi cazzo pensi di essere?! Mi stavo divertendo e lo...", iniziò a dire quella ragazza, ma si bloccò portando lo sguardo a quel che le era di fronte.
Per un momento rimasero entrambi in silenzio, guardandosi: lei stupita, incantata. Lui severo, ma innamorato.
Ma durò pochissimo.
Il viso di lei si dipinse di malizia.
Gli si avvicinò, scavalcando provocante il corpo del ragazzo a terra.
"Se volevi venire a letto con me non avevi altro che chiedere. Ad un bel ragazzo non avrei mai detto di no. Anche senza che ti mettessi in mostra picchiando un altro", disse a pochi centimetri dal suo volto.
Lui si scostò, disgustato.
"L'ho fatto solo perché se l'aveste fatto qui vi avrebbero arrestati. E perché, dato che sei una donna, dovresti mantenere un po' di dignità", le disse.
Lei rimase scioccata.
Nessuno, dopo lui, le aveva parlato così.
Nonostante l'alcool in circolo, mille ricordi contro cui aveva lottato, tornarono a galla, facendole riempire gli occhi di lacrime.
Lui, forse sapendo che era la sua unica occasione, la baciò.
Desiderava troppo sentire il suo sapore.
Spinse il ragazzo via da lei e corse via.
Attraversò la strada, senza pensare a nulla.
Sarebbe stata felice di morire.
Ma lui non era dello stesso parere.
Perciò, quando vide una macchina correre verso di lei, si buttò e la spinse via, pur di farla restare in vita.
A costo di donare la propria.

Quando lei aprì gli occhi, non ricordò subito cosa era accaduto e come mai si trovasse in ospedale.
Poi i ricordi riaffiorarono.
Scoppiò in lacrime pensando che quel ragazzo aveva dato la vita per lei.
Era stata un'egoista.
In quel momento entrò un dottore.
Lei rimase stupita.
Era giovane, al massimo 25/26 anni.
Rimasero a lungo a guardarsi negli occhi, poi lui tossì e disse: "Vedo con piacere che ti sei svegliata. Come ti senti?".
Lei non rispose, mentre le guance continuavano ad essere rigate da piccoli fiumi di lacrime.
"Lui è morto, vero?", chiese infine, anche se non riconobbe la sua voce.
Lui la guardò per qualche secondo, poi annuì piano.
Le lacrime si trasformarono in un pianto disperato.
Come al solito aveva fallito.
Si sarebbe dovuta uccidere prima.
"Non avrebbe comunque funzionato. Il destino è scritto e sarebbe comunque morto. Anche se ti fossi uccisa prima. Ma ora sei qui. Non pensare al suicidio solo perché credi di essere uno sbaglio. Credi davvero che lui sarebbe felice di sapere che ha rinunciato alla sua vita per nulla?", chiese lui, prendendo una sedia e sedendosi accanto a lei.
Si preoccupò di aver parlato ad alta voce.
"Non è così. Sono io che so leggere facilmente le emozioni. Ora pensaci. Poi se vuoi ne parliamo e risolviamo questa cosa. Non serve a nulla stare così. Rifletti sulle mie parole", disse lui e poi uscì da quella camera.
Lei rimase sconvolta.
Riflettè come aveva detto e capì che aveva ragione.
Riprese in mano la sua vita.
Non si avvicinò nemmeno per sbaglio ad una discoteca.
Non bevve più.
Non si lasciò raggirare da nessun ragazzo.
Nonostante non fosse potuta andare al funerale, andava sempre a trovarlo al cimitero.
Gli portava qualche fiore o lunghe lettere.
Era il suo angelo custode.

Erano passati tanti anni.
Lei era ormai anziana.
Si era sposata, aveva avuto figli e anche nipoti.
Ma soprattutto, non c'era un giorno che non fosse andata a trovare il suo angelo.
Quel ragazzo che le aveva salvato la vita, dandole un'altra chance.
Prese un vecchio libro e si sedette su una poltrona.
Prese a sfogliare le pagine ingiallite e trovò una vecchia fotografia.
Sorrise di fronte a quel sorriso.
Guardò l'ora e vide che si era fatto tardi.
Cercò una lettera e la lasciò sul tavolino del piccolo salotto.
Si mise a letto e quella sera non pregò.
Sentiva che era giusto il momento, che quella notte avrebbe raggiunto il suo angelo.
Guardò per l'ultima volta quel sorriso e chiuse gli occhi, sapendo sarebbe stato un sonno senza fine.

Pezzi di cuoreWhere stories live. Discover now