ten snowflakes

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(10.)

Alexa.

Strofinai gli occhi e mi diressi in cucina a piedi scalzi. Dovevo trovare un modo per tirare su Dakota. Era passata una settimana da quando è tornata a casa in lacrime, e anche se cerca di far finta di niente, si vede che si è spenta.

Mi misi all’opera e preparai una abbondante colazione. Pancakes, the, toast, uova.

A piccoli passi mi diressi verso camera sua. La raggiunsi sul letto e la scossi dolcemente “Ehi, Kota” le sussurrai, invogliandola a svegliarsi. Lei strizzò gli occhi e mi guardò assonnata.

“Ho preparato la colazione. Vieni?”

“Non ho fame” borbottò, coprendosi la testa con le coperte.

“Kota, devi mangiare” continuai apprensivamente.

La sentii sbuffare e si alzò irritata. “Perché non potete semplicemente lasciarmi vivere?!” esordì nervosa, alzando le braccia al cielo  e andandosene. Scossi il capo e la seguii.

Si sedette scompostamente sulla sedia e fissò il cibo in tavola con un broncio. “Io non la mangio tutta questa roba” borbottò. Alzai gli occhi al cielo e mi misi vicino a lei.

“Mangia quello che ti senti” le dissi pazientemente. Mi travolse con i suoi occhioni blu e sospirò. “Grazie. Per tutto quello che stai facendo.” Ammise, prendendo la forchetta e riempiendosi il piatto. La abbracciai lievemente. “Io vado a cambiarmi, devo andare a fare la spesa. Ti va di venire con me?” la incoraggia. Lei alzò semplicemente le spalle “Non so.”

Le sorrisi e tornai in camera. Presi un maglioncino verde, dei leggins scuri dall’armadio e scovai un paio di stivaletti da sotto il letto e mi cambiai. Anche se eravamo a metà gennaio, faceva ancora molto freddo. Sentii improvvisamente la sensazione che mi stessi dimenticando qualcosa, ma mi tolsi immediatamente quel pensiero dalla testa. Ci avrei pensato dopo.

“Allora bellezza, hai deciso?” chiesi pimpante, dopo essere tornata da Dakota. Improvvisai una treccia laterale con le dita e mi guardai intorno in cerca di un elastico.

“Non chiamarmi così per favore, mi ricordi Tris” sgranò gli occhi e si portò una mano alla fronte, riordinando il disordine in cucina. Risi leggermente.

“Dai, vai a cambiarti” praticamente la mandai via da lì.

Trovai l’elastico e mi legai i capelli. Sentii il mio cellulare squillare, e mi misi a cercarlo come una furia. Frugai nella borsa appesa in corridoio e controllai in salotto. Niente. Lo trovai sul comodino accanto al mio letto solo dopo che aveva finito di squillare.

Sbloccai il telefono e lo schermo si illuminò. Una chiamata persa:Sconosciuto.

Aggrottai le sopracciglia confusa, ma pensai che probabilmente avevano solo sbagliato numero.

“Ehi Kota, ci sei?!” urlai per farmi sentire. “Quasi!” rispose alla stessa maniera.

Poco dopo mi si presentò l’immagine della mia coinquilina in tutta la sua falsa allegria.

“Come ti sei conciata?”  quasi la rimproverai. Lei si guardò da capo a piedi e mi fissò male.

“Che ho che non va?” borbottò offesa.

“Maglione della nonna, vecchi jeans, occhialoni e capelli scompigliati” elencai l’elenco dei suoi ‘difetti’.

“Se vogliamo che qualche ragazzo ti noti, devi impegnarti un po’ più di così”

“Noi cosa?! Io non voglio essere notata proprio da nessuno!” incrociò le braccia sotto il petto, infuriata.

“Credo che tu non abbia capito cosa intendo dire” cercai di rassicurarla, ma non mi ascoltò.

Breathin' in a snowflake - h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora