seven snowflakes

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(7.)

Dakota.

Alzai le braccia in alto e mossi i fianchi a ritmo di musica. Non ero una che amava particolarmente la discoteca, ma Alexa mi aveva ripetuto allo sfinimento che ‘A soli diciannove anni ero diventata una assassina della mia vita sociale’.  Così oggi, il trentun gennaio, mi trovavo a ballare in quella squallida discoteca con Mark e il suo gruppo. Ormai ero lì, tanto valeva buttarsi nella mischia.

E poi volevo crearmi dei ricordi. Già, le parole di Harry mi erano rimaste impresse, quella sera. Ma poi –pensai rassegnata- se avessi bevuto qualcos’altro, sarebbe stato difficile ricordarmi qualcosa.

Solo quando sentii i piedi andarmi a fuoco e il sudore addosso decisi di fare una pausa. Al bar.

Barcollai fino al bancone. Che ti porto?” chiese il barista, tirando fuori un bicchiere di vetro e posandolo davanti a me. “Qualunque cosa” dissi con voce strascicata, appoggiandomi al bancone con i gomiti.

“Guarda guarda, sei passata al lato oscuro, ah?” Sentii dirmi all’orecchio. Subito un sorriso mi si formò sul viso, riconoscendo la voce. “Harry” dissi a mo’ di saluto. “Non avrei mai pensato di incontrarti in un posto come questo” disse guardandosi intorno.

“Ecco a te” disse il tizio dietro al bancone, dopo aver riempito il bicchiere di una sostanza trasparente. “Non lo berrei, se fossi in te” mi avvisò il riccio. “Che ne dici invece, se usciamo fuori a prendere una boccata d’aria?” continuò. Guardai prima lui e poi il bicchiere. Preso una banconota dalla tasca dei miei pantaloncini e la posai sul bancone, buttai tutto giù d’un fiato e mi avviai verso l’uscita, spintonando qualcuno di tanto in tanto.

Una serie di brividi mi attraversarono la schiena, una volta fuori da quel postaccio. Mi strinsi nelle braccia, ma non servì a molto. Sentii la porta aprirsi e chiudersi, e mi trovai nuovamente accanto a Harry.

Un improvviso capogiro mi attaccò e fui costretta a sedermi sul marciapiede. “Ti avevo detto di non bere quel drink” ghignò Harry, raggiungendomi. In tutta risposta sbuffai. “Neanche io pensavo frequentassi posti del genere” borbottai. Quel briciolo di lucidità che mi era rimasta, mi aveva consigliato di non sprecare il mio tempo con lui rimanendo in silenzio.

“E come avevi immaginato che fossi?” chiese allora lui, guardando dritto davanti a sé, verso la strada.

“Una sottospecie di figlio di papà, non so perché.” Dissi, rendendomi conto subito dopo delle mie parole. “Uno di quelli bravi però, che non se la tirano, o altro”.

“Grazie?” rise leggermente. “Tu invece mi hai inquadrata subito” borbottai infastidita.

“Nah, la prima volta che ti ho visto pensavo che fossi pazza. Insomma mi hai seguito e mi hai detto che quello strano ero io. Cosa dovevo pensare?” Feci una smorfia infastidita. “Okay allora. Mi hai inquadrata quasi subito. Sai, quella sera, prima che passasse il treno” ricordai pensierosa. Lui non rispose più. “Perché continuiamo a incontrarci così? Per caso? Non arebbe più facile, che ne so, scambiarci i numeri di telefono?” Andai avanti a parlare.

“Beh, e poi che gusto ci sarebbe?” Lo guardai sconfortata. “Insomma, le cose più belle accadono per caso. Come è successo  a noi. Ci siamo incontrati e basta” Questa volta evitai fui io che evitai di precisare che lo avevo seguito.

“Noi siamo anticonvenzionali. Ci incontriamo così, e ragioniamo come vogliamo noi. Parliamo di cosa vogliamo noi “ sottolineò. “Non ti seguo” borbottai confusa. “Noi non siamo come gli altri, non ci chiediamo ‘Come è andato il fine settimana’ o  se ‘hai preso un bel voto a scuola’ solo per gentilezza. Noi diciamo ciò che pensiamo, e parliamo di ciò che ci interessa, senza essere accondiscendenti con nessuno. Perché è così che si fa. Cerchi di essere gentile e avere una buona reputazione, ma sai una cosa? Quando moriamo siamo tutti da soli.” Respirò profondamente, alla fine del discorso. Rimasi colpita da quelle parole, e non ebbi il coraggio di aprire bocca.

“Che ora sono?” chiesi dopo un po’, sbadigliando.

“Le 11:59, esprimi un desiderio”

“Ma è Capodanno, perché diavolo dovrei esprimere un desiderio?”

“Noi siamo anticonvenzionali, ricordi?” Mi sorrise, e di riflesso lo feci anch’io.

Subito dopo, il cielo notturno s’illumino grazie a una miriade di fuochi d’artificio, e io desiderai ardentemente che l’alcol non mi facesse scordare questa serata.

“Stai vibrando” mi avvisò Harry, con un sorrisino in volto. Lo guardai male, poi mi accorsi del cellulare in tasca.

Dove diavolo sei?! Ti stiamo cercando ovunque! Jas sta’ male e lo dobbiamo portare in ospedale!

Al.

Sbuffai. Quel coglione. Decisi che avrei potuto anche passare tutta la notte su quel marciapiede, se ero con Harry.

“La tua amica sembrava preoccupata. Non le rispondi?” chiese lui, indicando il cellulare.

Alzai semplicemente le spalle. Lui sospirò, fissandomi.

“Har?” lo chiamai.

“Sì?”

“Mi canti quella canzone?” chiesi con una voce da bambina.

“Quale canzone?” chiese confuso.

“Quella che stavi cantando l’altra volta, al parco, sotto al salice.” Chiusi gli occhi, ricordando quella scena.

Sentii i suoi occhi trafiggermi. “Okay”.

“Now you were standing there right in front of me
I hold on scared and harder to breath
All of a sudden these lights are blinding me
I never noticed how bright they would be

I saw in the corner there is a photograph
No doubt in my mind it’s a picture of you
It lies there alone on its bed of broken glass
This bed was never made for two

I’ll keep my eyes wide open
I’ll keep my arms wide open

Don’t let me


Don’t let me


Don’t let me go “

Lentamente, mi accorsi che mi stavo addormentando, cullata dalla sua voce.

“Sai, non credo sia buona idea, farsi un pisolino qui” Mi avvertì.

“mmh” mugolai.

“Dakota” Sentii il mio nome rimbombare nella testa e mi addormentai definitivamente.

“Dakota! Sei impazzita!?” qualcuno mi strattonò. Aprii lentamente le palpebre e focalizzai l’immagine di Alexa china e preoccupata su di me.

Mi strofinai gli occhi. “Che ore sono?” chiesi confusa. “Mezzanotte e quaranta! “ Rispose infuriata. “Come hai potuto addormentarti qui, da sola, di notte?!” mi rimproverò. Da sola? Eppure avrei giurato di sentire Harry starmi accanto ad accarezzarmi i capelli per tutto il tempo. Mi guardai intorno, ma lui non c’era.

“Jason?” chiesi allora, per cambiare discorso. “I ragazzi lo hanno portato via quasi subito, e io sono rimasta a cercarti da sola” sbuffò.

“Quindi, come torniamo a casa?” chiesi sconscolata. “Con i piedi” alzò le spalle e si sfilò i tacchi.

La imitai e ci incamminammo. “Che cosa triste” disse dopo un po’. “Cosa?” la guardai incuriosita. “E’ Capodanno e non abbiamo fatto niente di folle” si lamentò. “Sai” iniziai a dire, rallentando il passo. “Credo che le cose migliori accadano per caso”.

Lei mi fissò per un attimo sorpresa, poi mi cinse una spalla con il braccio.

“Ti voglio bene, sai?” disse pensierosa.

“Te ne voglio anche io”.

Breathin' in a snowflake - h.s.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora