Capitolo 11 (Nuovo)

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CAMERON

Le cose andarono allo stesso modo per tutto il mese successivo, io vivevo a Columbia e Sofia in Georgia. Tornavo da lei un fine settimana sì e uno no e facevamo di tutto per passare il maggior tempo possibile insieme. Il mio lavoro continuava ad essere il più grande ostacolo alla nostra storia e non sapevo per quanto tempo avrei potuto continuare con quei ritmi.

Non glielo dicevo mai, ma mi stava costando una fatica enorme soprattutto alla luce delle ultime novità. Jack mi stava con il fiato sul collo per affrontare la questione, ma io avevo chiuso la mia porta da molto tempo ed ero intenzionato a continuare così. Con Sofia, invece, volevo parlare di tutto.

Non sapevo per quanto ancora sarei riuscito a tornare da lei. Avevo deciso di andarci piano e vivere quello che avevamo giorno per giorno, ma mi ero reso conto di non poterlo fare. Ero un uomo adulto, con delle responsabilità e una vita difficile da incastrare con quella degli altri, avevo bisogno di sapere dove stavamo andando. Quando rientravo nel mio appartamento, seguivo sempre la stessa routine: mi facevo una doccia, cenavo con qualcosa di commestibile e veloce da preparare, poi chiamavo Sofia prima di buttarmi a letto. Perciò, mi sorpresi quando entrai in casa e sentii il telefono vibrare in tasca. Sbloccai lo schermo e aggrottai la fronte in preda alla confusione.

Sofia: Tolkien?

Cameron: Cosa?

Sofia: Il tuo scrittore preferito.

Ridacchiai e mi diressi verso la camera da letto per cambiarmi, da quando Blake era tornato a Savannah dopo quasi due settimane di accampamento sul mio divano, il silenzio era tornato a regnare su ogni stanza. Mi infilai una tuta e mi sedetti sul letto, afferrai di nuovo il telefono e digitai una risposta.

Cameron: Sei fuori strada.

Sofia: Maledizione, faccio proprio schifo come bibliotecaria. Ora mi spiego tante cose.

Scossi la testa e mi lasciai cadere di schiena sul materasso, lo sguardo sul soffitto bianco e la testa piena di pensieri. Una parte di me si era decisa: quella sera le avrei chiesto di fare un passo in più e mi sarei tolto quel peso di dosso. L'altra parte di me, quella razionale e cinica, sapeva che si trattava di un grande errore e che avrei rovinato tutto con la mia impazienza. Il punto era che non potevo più aspettare, dovevo farlo.

Cameron: Non fai schifo come bibliotecaria, devi osservare meglio.

Sofia: Se non faccio schifo, perché mi hanno licenziata? Sono disperata.

Mi irrigidii a quelle parole e strinsi un pugno sul materasso, poi agii di impulso. Selezionai il suo numero e premetti la cornetta verde, portandomi il telefono all'orecchio e tornando a sedermi. Quando mi rispose, la sua voce era ruvida come l'asfalto, aveva pianto.

«Ehi» gracchiò.

«Che diavolo è successo?».

Sofia si schiarì la voce e si soffiò il naso. Sapevo che senza quel lavoro, sarebbe stata in difficoltà. Era sola in Georgia, la sua famiglia viveva dall'altra parte del mondo e nemmeno si parlavano, non avrebbe avuto il sostegno necessario fino a quando non avesse trovato un nuovo impiego. Era un problema che uno come me non aveva da molti anni, ma mi rendevo conto che la situazione era un disastro.

«Non lo so, ma dato che non ero assunta come una vera dipendente, credo che potessero farlo. Era un vero lavoro per me, non aveva niente a che fare con i crediti extra e tutte quelle cose. Adesso non so che diavolo fare, domani cercherò qualche annuncio» spiegò.

Aveva senso, quei lavori erano spesso affidati agli studenti per integrare crediti formativi o sostenere la propria borsa di studio. Mi morsi il labbro e cercai di riflettere sull'intera situazione.

CON UN BATTITO DI CIGLIAWhere stories live. Discover now