7. A deserved punch

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«Michael?» richiamo l'attenzione del mio migliore amico e lui mi guarda di sfuggita, per poi tornare a rivolgere l'attenzione alla lista degli indirizzi delle mie vittime fra le mani. «Caspita, è davvero bello essere considerati, sai?»

«Sto cercando di capire una cosa, non distrarmi.»

Capire una cosa, come no. Sono quasi del tutto certo di sapere cosa stia torturando la sua mente e aspetto solo che lui mi faccia la fatidica domanda. Forse anche il pensiero che Ryan sia mathsaddicted è un chiodo fisso per lui, ma dubito che sia disposto ad ammettere ad alta voce che quella scommessa era solo una pagliacciata, proprio come credevo io.

«So che vuoi chiedermi perché ho picchiato Ryan Warren, una ragazza.»

Michael mi guarda di nuovo, questa volta più a lungo. Poi sospira e piega la lista degli indirizzi, riponendola poi nella tasca dei suoi jeans.

«No,» risponde e, prima che io possa rivolgergli la migliore occhiata scettica del mio repertorio, continua a parlare. «Le hai detto che non eri in te quel giorno e io ti credo, anche se devo ancora capire il perché. Ho iniziato a farmi un'idea ma ancora non è tutto molto chiaro.»

«Cosa pensi?» gli chiedo, curioso di conoscere la sua opinione a riguardo.

«Sinceramente, non credo che tu sia così idiota da picchiare un ragazzino solo perché ti ha sporcato i pantaloni, né così stronzo da picchiare una ragazza, nonostante tu l'abbia tormentata per tre anni con i tuoi dispetti,» commenta, quasi sovrappensiero, e io annuisco, sollevato. È già una buona cosa che il mio migliore amico non mi ritenga un mostro. «Perciò deve esserci un motivo, un motivo che però mi sfugge,» conclude, guardandomi intensamente come se sperasse di poter carpire ogni cosa dai miei occhi.

Tuttavia, rimango in silenzio. Ricominciamo a camminare e nella mia mente si susseguono una marea di pensieri negativi, interrotti ogni tanto solo dal sollievo di sapere che almeno due persone sulle sei che ho picchiato e non hanno reagito non hanno intenzione di fare cose stupide.

«Comunque, prima stavo pensando che potremmo andare subito a trovare la terza persona della lista, dato che non abita poi così distante da qui,» dice Michael, attirando la mia attenzione. Be', ora si spiega perché stesse fissando quel foglio degli indirizzi come se fosse possibile trovarvi il segreto per vincere comunque quella stupida scommessa. Sì, sono certo che ci sta ancora pensando. «Ovviamente solo se ti va, anche se ti ricordo che dobbiamo risparmiare più tempo possibile,» continua, non ricevendo alcuna risposta da parte mia.

Mi limito ad annuire, mentre nella mia mente si riaffaccia l'immagine degli occhi azzurri di Ryan, occhi così pieni di gioia quando a metà anno al Norwest Christian College è arrivata la mia terza vittima, la prima che ho picchiato con un briciolo di lucidità in più rispetto alle prime due. Forse non è proprio il caso di definirla lucidità, ma almeno sapevo ciò che stavo facendo, iniziavo a pensare che la violenza potesse risolvere qualcosa, che potesse combattere la paura e la gelosia. Senza rendermene conto stavo diventando sempre più simile al motivo per cui tutto era iniziato, persino più di quando avevo picchiato la piccola e indifesa Ryan Warren nel corridoio, davanti a mezza scuola.

«Stai bene, Calum?»

La voce di Mikey interrompe ancora una volta i miei pensieri e io gli sono sempre più grato.

Mi stringo nelle spalle, facendogli capire che non deve preoccuparsi, di non dare troppo peso alle varie espressioni che si alternano sulla mia faccia. «Ricordi,» mi limito a dire e lui annuisce, mentre continuiamo a camminare.

«Te la ricordavi così?» chiede poi e io gli rivolgo uno sguardo confuso. «Ryan, intendo.»

«Dire che me la ricordavo in qualsiasi modo significherebbe averla conosciuta e non posso dire di averlo fatto,» rispondo, sorridendo amaramente. «Non avevo idea che potesse essere una persona così allegra, piena di passioni e... non so, la vedevo solo come una ragazzina troppo magra e insolente,» concludo, per poi decidere di mostrare a Michael il biglietto che quattro anni fa le è caduto dopo che l'ho picchiata.

Dal luccichio nei suoi occhi capisco che lo riconosce come lo stesso che ho appoggiato sul tavolino di Ryan, così lo prende in mano e lo legge velocemente, senza poter contenere la curiosità, forse sperando di collegare qualche pezzo del puzzle. Anche se non spiega nulla sul motivo per cui tutto è iniziato, non lo vedo molto deluso.

«Le piacevi. Molto, direi, visto che tu passavi il tuo tempo e renderle la vita un inferno e, nonostante tutto, lei non riusciva a provare disprezzo per te,» commenta e io mi trattengo dal ribattere che non ero poi così cattivo, rendendomi conto, di sicuro troppo tardi, che anche delle semplici parole possono ferire.

«Non l'ha scritto,» gli faccio notare e lui alza gli occhi al cielo.

«Se davvero questo biglietto non basta a fartelo capire, ti ricordo che mentre eravamo a casa sua ha pensato che volessi deridere i suoi sentimenti per te. Di che sentimenti pensi stesse parlando?» chiede, parlandomi come se fossi una persona con scarse capacità di comprensione.

«Non aveva alcun motivo per provare qualcosa nei miei confronti, fidati.»

Michael sbuffa. «Sai come sono le ragazze, Calum. È arrivata persino a pensare di essere lei il problema e non la tua testa di cazzo!» esclama, alzando le braccia verso il cielo in un gesto esasperato.

«Sì, direi che ciò di cui ho bisogno al momento è proprio sentirmi dire che sono un coglione, come se già non lo sapessi.»

Scoppiamo a ridere entrambi, per poi renderci conto di essere arrivati quasi a destinazione.

«Comunque è carina,» commenta, guardandomi di sottecchi, mentre controlla ancora una volta l'indirizzo sulla lista. Eccome se lo è. «Mi aspettavo che mathsaddicted fosse qualche ragazzino brufoloso privo di una vita sociale.»

«Ho sempre preferito le bionde,» mi limito a dire, per nulla disposto ad ammettere che quella ragazza è diventata a dir poco bellissima e decidendo di ignorare il suo ultimo commento.

«Ma, insomma, lei ha gli occhi azzurri, un bel sorriso, le curve al punto giusto e-»

«Sì, ho capito,» lo interrompo, iniziando a sentirmi quasi infastidito, e lui sorride per qualcosa che solo lui sa, per poi indicarmi una casa con il dito.

«Siamo arrivati,» dice, sospirando. Ci avviciniamo al portone della casa e Michael suona il campanello. Pochi istanti dopo ci apre un ragazzo alto più del normale, capelli biondi e occhi azzurri. Esattamente come lo ricordavo. «Ciao, sei-»

«Hood,» dice lui, ignorando completamente Michael non appena mi nota. Riesco solo a vederlo alzare il braccio, prima che un pugno mi colpisca in pieno volto.

Okay, me lo meritavo.

My Victims || Calum HoodWhere stories live. Discover now