1. Was I a bully?

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Passare il sabato sera a casa dovrebbe essere considerato quasi un crimine, soprattutto se sei da solo e in tv danno solo stupidi quiz televisivi e repliche di film più vecchi della tua prozia - e la mia prozia Anne è davvero vecchia - ma non potevo uscire con la febbre, con il rischio di prendermi direttamente una polmonite e rimanere segregato in casa per il prossimo mese, e ad ogni modo l'idea di passare interminabili ore con Michael e la sua fidanzata in qualche squallido pub non era proprio allettante. Cassidy è una ragazza abbastanza carina e- okay, più che solo carina, ma ha un cervello talmente piccolo che non escluderei che il suo quoziente intellettivo sia lo stesso di una gallina. Quella ragazza non sa parlare d'altro che di smalti, borse firmate e tacchi alti, quindi direi che rimanere a casa a completare i vari sudoku sul giornale è stata la scelta migliore. Tuttavia, quando alzo lo sguardo e scambio Mr Darby, il nostro - mio e di Michael - gatto, per un numero con i baffi, gli occhi gialli e la coda, capisco che ne ho davvero abbastanza di numeri e caselle. Tra l'altro, non sono nemmeno molto bravo a completare quei fottuti sudoku, così ne approfitto per gettare il giornale dall'altra parte della stanza, in mezzo a cartoni di pizza e varie pile interminabili di calzini sporchi di Michael. Quei calzini devono essere lì da almeno un paio di settimane, ma da quanto ho capito sono forse destinati a rimanerci anche di più, dato che Mikey è in competizione con un certo mathsaddicted, qualche cervellone che ha conosciuto su un forum per malati ment- ehm, amanti della scienza: in pratica, il primo fra i due che riesce a creare qualche forma di vita - anche unicellulare - da indumenti sporchi, come se poi fosse possibile, vince qualcosa che non ho nemmeno voluto sapere. Sarei tentato di alzarmi e infilare quello schifo in lavatrice o buttarlo direttamente dalla finestra solo per assistere all'impagabile espressione che mi rivolgerebbe Michael, ma decido che sono troppo stanco per alzarmi dal divano, nonostante non abbia fatto un cazzo tutto il giorno, e comunque sento il portone di casa aprirsi, annunciando l'arrivo di Michael.

«Ehi, Cal,» mi saluta, non troppo entusiasta, e io mi volto verso di lui dal divano. Sembra quasi depresso e ne sono sempre più sicuro quando appende con lentezza snervante la sua giacca sull'appendiabiti, senza iniziare a parlare subito della sua serata come fa di solito.

«Ehi, amico,» ricambio. «Come mai sei già a casa? Cassidy non te l'ha data?» gli chiedo poi, cercando di nascondere un sorrisetto che si è fatto spazio sulle mie labbra alla sua smorfia.

«Era troppo ubriaca per fare qualcosa,» mi risponde, per poi gettarsi sul divano con non molta delicatezza. Si leva le scarpe e subito dopo i calzini, per poi gettarli in mezzo a tutti gli altri. «Tu che hai fatto tutto il tempo?» mi chiede, prima di appoggiare i piedi sul tavolino davanti al divano. Dio, che schifo.

«Sei disgustoso,» commento, mentre lui afferra il telecomando e accende la televisione.

«E tu parli come una ragazza,» ribatte prontamente, per poi rivolgermi un occhiolino. Inizia a fare zapping tra i vari canali e alza il volume fino a farmi scoppiare la testa.

Mi tappo le orecchie e gli tiro un calcio, facendogli capire di regolare l'audio. «Sul serio, perché conviviamo io e te?»

«Perché sono fantastico e non potresti vivere senza di me,» mi risponde e io alzo scherzosamente gli occhi al cielo. «Oh, questa me la farei volentieri!» esclama poi, fermandosi su un canale locale che trasmette un'edizione speciale del telegiornale. La giornalista è una donna più grande di noi di una decina di anni, dai capelli e gli occhi scuri, in contrasto con la pelle chiara, punteggiata da innumerevoli lentiggini. Non è poi così male, ma preferisco le bionde. «Be', incrementiamo un po' la nostra cultura,» commenta con un sorrisetto, appoggiando il telecomando sul tavolino e incrociando le braccia dietro la testa, in una posizione di puro relax. Sostanzialmente, non ha intenzione di cambiare canale prima che il telegiornale finisca.

I vari servizi si susseguono e io li guardo solo distrattamente, alternando lo sguardo dalla tv a Michael, che sembra fin troppo interessato. Prendo in considerazione l'idea di afferrare il telecomando e spegnere la televisione perché farlo arrabbiare è il mio passatempo preferito e al momento sono terribilmente annoiato, ma ci ripenso quando la telecamera inquadra di nuovo la giornalista che presenta il telegiornale. Ha in mano un foglio e ha assunto un'espressione dispiaciuta.

«Notizia dell'ultima ora: Meredith Scott è stata trovata morta nella sua camera da letto questa sera. La ragazza, di appena quattordici anni, si è suicidata a causa degli atti di bullismo che era costretta a subire ogni giorno a scuola e sui social. A dare l'allarme sono stati alcuni utenti di Facebook, preoccupati per i post in cui la ragazza stessa oggi pomeriggio ha annunciato la sua scelta di togliersi la vita,» rimango letteralmente a bocca aperta quando la giornalista smette di leggere la notizia sul foglio che tiene fra le dita. «E ora passiamo allo sport...» smetto di ascoltarla, ancora troppo sconvolto per ciò che è successo. Non posso davvero credere che una ragazza di quattordici anni si sia suicidata perché qualche idiota l'ha maltrattata. Quello che più mi preoccupa, però, è una strana sensazione che si fa spazio nel mio stomaco e so perfettamente a cosa sia dovuta.

«Mikey,» mormoro, attirando l'attenzione del mio amico, che ha ancora lo sguardo fisso sullo schermo del nostro televisore. Lui si gira verso di me con un sopracciglio alzato, di sicuro confuso dal mio tono di voce. «Se... se una persona viene picchiata è vittima di bullismo?» chiedo poi, provando a mostrare un briciolo in più di determinazione, ma fallendo miseramente di sicuro.

«Sì,» risponde lui con sicurezza, spostando nuovamente lo sguardo sulla televisione. «Be', in realtà solo se non si difende, credo,» specifica poi, accarezzandosi distrattamente il mento con una mano, come se stesse riflettendo a proposito. «Come mai questa domanda?»

Mi stringo leggermente nelle spalle, cercando di nascondere un brivido che mi ha percorso il corpo. «Semplice curiosità,» rispondo, imponendo alla mia voce di non tremare. Michael mi rivolge ancora un'occhiata, ma io cerco di rimanere impassibile. «E la persona che picchia può essere considerata come un bullo?»

«Tu che dici?» ribatte e io sono certo che il mio cuore si è fermato per un istante interminabile. Quindi, io sono stato un bullo?

«Ma-»

«Senti, Hood, mi dici che ti è preso?» mi chiede, interrompendomi e spegnendo la televisione. Si volta verso di me e mi guarda come per incitarmi a rispondere. «Allora?»

«Nien-» provo a dire, ma mi rivolge un'occhiataccia che mi interrompe. E va bene. «Senti, io... credo di aver picchiato un paio di persone ai tempi del liceo,» spiego.

«Oh, andiamo, tutti siamo stati coinvolti almeno una volta in un rissa!»

«Ma se una delle persone che ho picchiato avesse intenzione di uccidersi come quella Meredith Scott?» chiedo, rabbrividendo al solo pensiero di una cosa simile.

Michael rotea gli occhi, accendendo di nuovo la televisione. «Devi avere la febbre davvero alta per sparare cagate simili,» commenta, concludendo la discussione. Ma non è finita qui, può starne certo.


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Allora, è da molto tempo che questa idea mi frulla nella testa (ho anche molti capitoli già pronti) e ho pensato di pubblicarla. Da questo primo capitolo non si capisce molto, lo so, ma dal secondo sarà più chiaro il senso.

Ad ogni modo, la storia non sarà affatto lunga, credo di concluderla in 15 capitoli, che come si può notare non sono molto lunghi (sulle 1200 parole o poco più). Se vi piace fatemelo sapere, altrimenti lascio perdere l'idea.

Detto questo, vi mando un bacio❤️❤️

My Victims || Calum HoodWhere stories live. Discover now