CAPITOLO QUATTORDICESIMO - parte 2

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I seguenti secondi furono scanditi dal respiro lento e regolare dei due giovani, i quali tenendosi per mano fissavano il vuoto in attesa di udire il suono disturbante delle interferenze generate da Slenderman.
Nessuno dei due disse una sola parola; ognuno sembrava immerso nei propri pensieri, ad affrontare le proprie paure. Rimasero seduti a terra l'uno accanto all'altra forse per più tempo del previsto; tuttavia, alla fine, il fastidioso rumore che attendevano si fece sentire e le loro mani, istintivamente, si strinsero più forte tra loro.
Il paesaggio fu risucchiato in una grande spirale e tutto si fece confuso; il grigio dei muri si fuse con l'azzurro del cielo, poi tutto divenne nero.
Jeff si sentì volteggiare ancora una volta in uno spazio dalla grandezza indefinita, e mai neppure per un istante allentò la sua presa sulla mano magra e morbida di Dina. Si rese conto di avere una paura matta di perderla, quella mano.
Il nero si dissolse pian piano, mentre i due giovani iniziarono a precipitare verso il basso. L'atterraggio tutt'altro che morbido; Jeff sbatté violentemente la schiena contro ad una superficie liscia e dura, e Dina cadde di fianco sbattendo la spalla; la spada che portava sulla schiena emise un suono acuto picchinado contro al pavimento.
Subito entrambi sollevarono istintivamente la schiena non appena gli fu possibile, per scrutare l'ambiente per nulla accogliente che adesso li circondava; e la prima cosa che catturò la loro attenzione fu il fatto che, ovunque si trovassero, la luce era molto scarsa. C'era una finestra aperta proprio accanto a loro, ma non filtrava luce all'interno. Jeff la guardò, e scorse un cielo scuro ricoperto di lucenti stelle.
Era notte.
-Stai bene?- gli chiese la ragazza, posando una mano sulla sua spalla. Lui si limitò ad annuire e continuò a guardarsi intorno: si trovavano in una stanza non molto grande, e piuttosto spoglia; c'era una grande scrivania posta di lato su cui era adagiato un mappamondo, e tre o quattro file di banchi disposti ordinatamente lungo il resto dello spazio, ognuno accompagnato da una piccola sedia di legno.
Pareva a tutti gli effetti una classe. Dovevano trovarsi all'interno di una scuola.
-Ma perché doveva toccare proprio a lui...- mugolò ancora la ragazza, emettendo un lungo sospiro mentre si guardava intorno nervosamente. Passò una mano tra i suoi capelli biondi e fece spallucce -E vabbé-.
Jeff si voltò in sua direzione. -Di che stai parlando?- chiese aggrottando la fronte.
La ragazza sorrise vagamente. -Siamo nel rifugio di Eren-.
-Eren?- ripeté Jeff.
-Sì- fece lei -Bloody Painter. Io e lui abbiamo avuto... Lascia perdere- tagliò corto -Vediamo di non lasciarci fregare. Stai allerta-.
Il killer annuì. -Che aspetto ha?-.
-È un ragazzo come te. Ha i capelli castani e porta una maschera sul volto... Penso non ti serva sapere altro-. Parlava quasi forzatamente; era più che evidente che cercava di deviare il discorso, e questo a Jeff non sfuggì.
Le si avvicinò e la guardò con aria seriosa. -Lui era il tuo...-.
-Fidanzato- esclamò una voce estranea, proveniente da un'angolazione imprecisata. L'eco che si creò sui muri impedì ad entrambi di capire dove si trovasse la persona che aveva appena parlato.
Jeff si voltò di scatto ed estrasse il coltello dalla sua tasca, assicurandosi di essere sufficientemente vicini a Dina nel caso avesse dovuto difenderla.
-Ero il suo fidanzato- ripeté la voce, questa volta decisamente più minacciosa.

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