CAPITOLO UNDICESIMO - parte 2

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Jeff sollevò le braccia a fatica e spinse via il cadavere che adesso si ritrovava disteso addosso; quest'ultimo cadde mollemente di lato, rotolando per qualche metro in discesa sulle foglie secche.
Si alzò in piedi a fatica e premette con forza il palmo della mano sulla grossa ferita che quel mostro aveva aperto sulla sua gamba; stava sanguinando ancora molto, ed era insopportabilmente dolorosa. Zoppicando e si avvicinò al cadavere della bestia, e finalmente poté osservarlo da vicino: adesso il mostro aveva gli occhi socchiusi a la bocca semiaperta, che lasciava scoperti una fila di denti che nulla avevano a che fare con quelli umani; la sua pelle grinzosa emanava un odore indefinito e fastidioso, simile a quello di un cane ma molto più forte.
Il killer piegò la schiena e si soffermò a scrutare con attenzione gli artigli di cui era munita quella bestia; notò soltanto adesso che non erano fatti di unghia come ci si aspetterebbe, ma di ferro. Come se qualcuno avesse conficcato a forza quelle lame nelle sue mani.
Strinse le mandibole e scosse lievemente la testa. Poté solo immaginare quali atroci sofferenze avesse dovuto patire quell'essere per diventare tale. Che cosa gli era successo, quando era ancora umano?
Sospirò e si allontanò voltando la schiena; non l'avrebbe mai saputo, e comunque ormai non importava. Si mise a sedere a terra con un gemito di dolore e portò entrambe le mani alla gamba; la sentiva pulsare sempre più forte ed aveva ormai i pantaloni zuppi del suo sangue. Premette le dita sulla ferita ed alzò lo sguardo al cielo; non poteva ignorare la sua condizione fisica. Che avrebbe fatto quando si sarebbe trovato faccia a faccia con il seguente creepypasta?
Sospirò ed il suo sguardo si perse tra le fronde verdi che si diramavano sopra di lui, come cercassero di raggiungere l'azzurro del cielo e lottassero tra loro per questo. Un venticello leggero ne spostava piano le foglie.
Nel bel mezzo di quella tranquillità, tuttavia, arrivò all'improvviso il suono confuso e disturbante di Slenderman, che entrò rapidamente nella sua testa come volesse spaccarla. Il killer si premette i palmi contro alle tempie ed emise un lamento soffocato, mentre già il paesaggio attorno a lui si disperdeva in un vortice.
"Tempo esaurito. Stai per essere teletrasportato nel prossimo luogo".
Il suono aumentò ancora la sua intensità, e tutto si fece nero.
Jeff cadde nel vuoto compiendo più volte in giro su sé stesso, vagando in quello spazio nero dalla dimensione indefinita dove regnava il silenzio più profondo. Mentre precipitava si proteggeva la testa con le mani per diminuire l'impatto con il suolo; ma, con grande sorpresa, all'improvviso sentì il suo corpo posarsi dolcemente su una superficie morbida.
Scosse la testa e tentò di mettere a fuoco ciò che stava apparendo piano piano accanto a sé, ma tutto ciò che riusciva a vedere era bianco. Bianco ovunque.
Mosse a fatica le gambe e tentò di sollevare la schiena, ma dapprima non riuscì a capire per quale motivo non vi riuscisse. Si rese conto, tuttavia, di trovarsi disteso su di un letto. Un letto bianco.
-Ma che...- farfugliò, vagando ancora attorno a sé con lo sguardo. Finalmente poté vedere il luogo in cui si trovava, ma proprio per questo si trovò molto confuso.
Una stanza bianca, molto simile a quelle che si trovano negli ospedali.
Era disteso su un letto, accanto al quale vi era un mobile bianco pieno di strumenti medici. Le mura ed i pavimenti erano anch'essi candidi, perfettamente puliti. Infondo alla stanza, una porta di ferro verniciato ed uno scaffale colmo di scatole di medicinali, ed un piccolo orologio appeso al muro.
Sembrava a tutti gli effetti una specie di sala operatoria.
Il killer aggrottò la fronte e tentò di alzarsi, ma si rese presto conto di una cosa: i polsi delle sue mani erano bloccati da due grandi lacci di cuoio che lo tenevano ancorato al letto.

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