CAPITOLO TREDICESIMO - parte 1

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Tutto si fece estremamente confuso. Jeff era, probabilmente, ancora disteso sul materasso; tuttavia riusciva a malapena ad udire i suoni che si propagavano nella stanza attorno a sé.
Voci. Ancora quella voce femminile che aveva sentito poco prima, e che si contrastava a quella più profonda ed irritante del dottore.
Forse stavano discutendo. La sua mente si spense e riaccese più e più volte, permettendogli di ascoltare solo piccoli frammenti confusi di discorso, spesso sconnessi tra loro.
C'era qualcosa, però, in quella voce femminile che gli faceva istintivamente provare sollievo.
-Lo sai quali sono le regole del gioco, stupida! ... On possiamo assol... Da un luog... All'altro. Ognuno deve stare al suo posto e fare il suo dovere-. Dottor Smiley stava gesticolando; Jeff riuscì ad intravedere i suoi movimenti nervosi.
-Lo so. M.. on m'importa- ribatté la voce femminile. Gli occhi del ragazzo si spostarono in direzione di quel suono decisamente più piacevole, e riuscirono a scrutare il profilo di quella che, a tutti gli effetti, pareva essere una ragazza. Portava dei capelli biondi, tagliati corti; ed era vestita anche lei con un abito bianco.
-Se non te ne vai subito dal mio laborat... arò costretto ad ammazzarti, Judge- grugnì ancora il dottore, avanzando minaccioso verso di lei. -Torna a....uo posto!-.
A quel punto la ragazza sollevò le braccia al cielo ed afferrò un oggetto appeso alla sua schiena, che Jeff non riuscì ad identificare. -Il tuo sadismo mi da la nausea, Dottor Smiley. Lasciami... endere il ragazzo, ti sei già diver... astanza con lui-.
Jeff tentò di muovere il corpo, ma riuscì a malapena ad emettere un lieve lamento. Era troppo debole persino per respirare, ma non poteva accettare di essere impotente di fronte a quella situazione.
-Che stupida- esclamò il dottore, scoppiando in una fragorosa risata che rimbalzò sui muri spogli. -Porterò l... ua carcassa a Slenderman, e gli spiegherò ch... nfranto di tua volontà le regole d.... ioco!-.
Il killer sentì i battiti del suo cuore rallentare progressivamente, e tutto si fece ancora più confuso.
-Prova a....-.
-... Perché non capisci che... uesto gioco non...-.
-Mi....stufato! Adesso ti ammazzo!-.

.............

Silenzio.
Un profondo e piacevole silenzio.
Jeff emise un lento sospiro mentre, finalmente, riusciva pian piano a recuperare lucidità. La prima cosa che notò fu un soffitto grigiastro sopra di sé.
Tentò di sollevare la schiena, ma un'improvvisa fitta di dolore gli fece cambiare idea. Si impegnò quindi nel mettere a fuoco le immagini: si trovava in un'ampia sala dall'aria tetra, chiusa tra quattro lunghe mura di sasso. Il pavimento era ricoperto di grandi piastroni dal colore imprecisato, ed una fila di vecchi lampadari di ferro illuminavano l'ambiente conferendogli un aspetto ancor più antiquato.
-Finalmente ti sei svegliato-.
Ancora quella voce femminile. Il killer scosse più volte la testa mentre puntava i gomiti per alzare la schiena da terra; questa volta, riuscendoci. Emise un lamento soffocato, e subito il suo sguardo cadde sulla figura che adesso se ne stava chinata sopra di lui.
-Come ti senti?- chiese, con un tono piacevolmente gentile. La ragazza pareva avere circa la sua stessa età: una chioma di capelli biondi che non ne volevano sapere di stare a posto, un volto rotondo dalla pelle chiara ed un sorriso amichevole. Ma il dettaglio che da subito catturò l'attenzione di Jeff, furono i suoi occhi: scuri, profondi e grandi; e nel nero che ne colorava l'iride, si intravedevano dei piccoli luccichii bianchi. Un cielo stellato: ecco che cosa sembravano.
Il ragazzo tentò di rispondere alla sua domanda, ma una seconda fitta di dolore lo mise a tacere.
Lei sorrise. -Beh, di certo avrai visto giorni migliori-. Si mise in posizione eretta e si allontanò di qualche passo, mettendosi a rovistare tra i ripiani di un vecchio mobile di legno scuro.
Jeff strinse i denti ed abbassò lo sguardo sulle proprie gambe.
Erano libere: le cuciture di Dottr Smiley erano state rimosse, anche se erano rimasti tutti i segni dei fori che quel pazzo aveva inflitto sulla sua pelle. Le due enormi ferite verticali, invece, erano ancora lì; tuttavia erano state a loro volta chiuse con del filo legato ben stretto, e sembravano aver smesso di sanguinare.
Con un sospiro tremante tentò di muovere le gambe, ma non ci riuscì. Un'altra fitta di dolore percorse la sua spina dorsale, costringendolo ad emettere un gemito.
-Non avere fretta- lo sgridò la ragazza, tornando ad avvicinarsi con un barattolo in mano. -Sei scampato alla morte per un pelo, lo sai?-. Posò il barattolo a terra e sorrise nuovamente. -Ma non preoccuparti. Ci penserò io a rimetterti in sesto-.

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