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Chapter Three.
12:00 a.m.

L'ultima cosa che volevo fare quella sera era andare a dormire nella mia vecchia stanza, il solo pensiero di sdraiarmi e ritrovarmi sulla testa il poster raffigurante Jesse Rutherford mi inquietava. Presi posto sullo sgabello della cucina e fissai il vuoto qualche minuto, la casa era veramente silenziosa, da quando ero arrivata non c'era stato un solo rumore molesto; il solo respirare mi metteva a disagio.

Allungai la mano verso il recipiente in plastica opaca e raccattai una mela verde che spiccava fra il resto della frutta, tutti in casa le odiavano, ero l'unica che le mangiava, mia madre non si era mai arresa alla mia decisione, si comportava come se non fossi mai andata via. Isaac si sedette davanti a me, appoggiò i gomiti sulla superficie fredda per poi adagiare la testa sul palmo delle mani.

«Questa casa non mi piace» borbottò fissandomi, era strano ogni volta soffermarsi sui suoi dettagli e accorgermi di quanto fossimo uguali, l'unica differenza erano le labbra, poco più sottili delle mie che invece risultavano più piene e definite.

«A me non piace vederti, ma sei ancora qui, quindi direi che siamo pari» mormorai per non farmi sentire da nessuno, Isaac mi fece la linguaccia e si chinò in avanti prendendo una pesca matura. Odiava la frutta e in generale tutto ciò che era sano, aveva passato quasi un anno a cibarsi di soli panini serviti al fast food poco lontano da casa, il suo fegato non ne era contento come il suo portafoglio sempre vuoto.

I passi leggeri di mia madre riempirono quel momento di silenzio, sentivo le sue pantofole strusciare sul parquet velocemente e subito dopo la sua figura snella si presentò sulla soglia della porta avvolta da quello che sembrava una calda vestaglia. In tre anni era cambiata veramente poco, manteneva la sua figura giovanile e curata, i capelli sempre lunghi e con la solita piega; mi sembrava di rivederla tre anni prima mentre mi dava la buonanotte convinta che mi avrebbe rivista il giorno dopo.

«Pensavo stessi dormendo» confessò portandosi verso il lato opposto al mio del tavolo, Isaac si alzò in piedi e si dileguò dalla stanza, per la prima volta senza dire una parola. Rachel prese posto dove prima era collocato mio fratello, sistemò la vestaglia in modo che le coprisse le gambe e ripose la pesca che Isaac aveva lasciato sul bancone.

«Potevi usare una frase migliore per iniziare il discorso» era più forte di me, non volevo risponderle in quel modo, in un'altra situazione mi avrebbe sicuramente rimproverata per il mio comportamento poco riguardoso.

«Sono tre anni che non ci parliamo, ormai non so più come approcciarmi con te, non hai lasciato un biglietto, non mi hai chiamata ne inviato un messaggio di spiegazioni, io e Roy ci abbiamo messo molto per trovarti» disse alterata. Odiavo come riuscisse ad incutere timore con il solo ausilio della voce e di uno sguardo quasi impercettibile, che mi faceva capire che stavo esagerando. Spostò la chioma scura sul lato destro e la pettinò con le dita nervosa.

«Dovevo sparire per un po' e andare avanti» dissi col mio solito tono mormorante che solo lei riusciva a capire in qualsiasi situazione; mi guardai intorno per cercare un solo cambiamento in tutta la cucina, ma non ne vedevo nessuno, nessuna aggiunta ai graffi già presenti, cornici sostituite o aggiunte, persino le foto e i disegni attaccati la frigorifero erano rimasti gli stessi. Una foto in particolare mi colpii, appesa in primo piano sull'apparecchio in metallo, raffigurava mio fratello Isaac con toga e tocco al suo diploma mentre teneva sotto il braccio uno dei suoi storici amici dell'epoca.

«Tu però non ci sei riuscita» affermai staccando la foto dal frigorifero per osservarla più da vicino, mia madre mi tolse la foto dalle mani furiosa e mi guardò in modo minaccioso.

«Era mio figlio, non potevo seppellirlo in una scatola di ricordi» confessò con le lacrime agli occhi mentre osservava la foto nostalgica. Alcune volte avrei preferito soffrire per l'assenza di Isaac invece che doverlo vedere ogni giorno senza sosta, avrei veramente desiderato la possibilità di seppellirlo nella fantomatica scatola dei ricordi e rammentarlo per quello che era e non per quello che si presentava ogni volta che lo vedevo. Abbassai gli occhi sul bancone non sapendo che rispondere, non volevo urtare i suoi sentimenti, ma nemmeno fingere di compatirla, mentre il mio unico desiderio era di rimanere sola.

Sweater Weather || Shawn Mendes (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora