18 Mio Padre

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Odiatemi, ma ho questo stupido carattere. Mi fido di quello che mia ha detto la mia unica amica, ma ho bisogno di sapere la verità da quello che, ha partecipato al mio concepimento. Sono tornata da Maria, che è stata ben felice della mia decisione e di dirmi il nome del mio 'genitore'.  Così una volta apprese le generalità, ho contattato il suo studio e, documenti alla mano, ho preso un appuntamento. Così adesso sono qui, nell'elegante sala di attesa, dell Farrell Enterprises. La segretaria mi scruta, senza dare nell'occhio. Probabilmente, pensa che sia la nuova, giovane, amante di lui. 

"Il Signor Farrell, la può ricevere adesso" sorride professionale, accompagnandomi alla porta del suo ufficio. Spingo la pesante porta in mogano ed entro nel lussuoso e luminoso studio.

Mio padre, dopo un'occhiata che non nasconde l'apprezzamento, mi porge la mano.

"Salve, è un piacere conoscerla, signorina?" 

"Adams, mi chiamo Diana Adams e sono la figlia di Rachel. Tua figlia presuppongo" non ci giro intorno, non merita cortesia. Mi ha lasciata crescere, nelle grinfie di quella donna.

Sbianca e poi riacquista la compostezza.

"Se sei qui, per chiedere denaro, sappi che non ne riceverai" apostrofa subito, paragonandomi alla mam.. Rachel.

"Oh, tutt'altro. Non mi serve danaro, voglio solo la verità. Voglio sapere in che circostanze, tu e Rachel, vi siete incontrati e come ne sono venuta fuori io" meglio arrivare dritti al sodo. Mi fissa e poi, con la mano, mi fa cenno di sedermi. Per un attimo, credo di scorgere del senso di colpa. Se davvero ce n'era, lo ha fatto sparire in un battito di ciglia. Inizia a raccontare, la stessa identica versione di Maria. Non perdo il self control e rimango imperturbabile. Dopo un'ora, tace avendo finito il racconto. Mi alzo, porgendogli la mano. Da fuori sono fredda e distaccata, dentro c'è una battaglia di proporzioni epiche. Il mio nome in questo momento mi calza a pennello, sono davvero la Dea della caccia.

"Sai una cosa, tu ti sei riempito la bocca di insulti per mia madre, di disprezzo. Certo con ragione, ma tu non sei di meglio. Sapevi che razza di donna fosse, ma mi hai comunque lasciata crescere con lei. Quello che volevo sapere, l'ho saputo. Non c'è altro. Grazie di nulla, addio" esco da quell'ufficio, col cuore più leggero. La verità rende liberi, non c'è cosa più vera. Adesso, tocca all'ultima delle mie tappe,Rachel. 

Busso alla porta, mi apre con la solita espressione rigida ed altezzosa. La guardo e l'unico sentimento che mi sgorga è... fastidio. Capisco di non aver più paura. Avrà una bella sorpresa, adesso. Volete, immagino, sapere perché... Beh, sono stata da un avvocato ieri, dopo aver girovagato come una pazza. Sapevo che la mia amica mi aveva detto solo cose vere, ho fatto tesoro dei suoi consigli. O almeno di uno di essi. Ho una cartelletta con me, in cui vi sono un ordine di sfratto, la chiusura di tutti i conti bancari, di cui ha usufruito e la restituzione di beni materiali, quali vestiti, auto, gioielli. Tutto è stato comprato con i soldi che ho guadagnato, per cui ne sono la legittima proprietaria.

"Avresti dovuto avvisarmi, della tua visita" mi dice altera. 

"Non vedo perché, questa è casa mia. Posso venire quando mi pare" sgrana gli occhi, visto che mai le ho tenuto testa e risposto. 

"A questo proposito, ho dei documenti da darti. Ti conviene fare come c'è scritto, senza fiatare. Fai altrimenti e tutti, e dico tutti, sapranno cosa mi hai costretta a fare, per farti vivere" sgancio la bomba. Butto i documenti sul tavolino, di cristallo Swarovski. Prende il plico, e legge la documentazione, con sgomento crescente. 

"Questa è pura follia! Mi ripaghi così, dopo tutto quello a cui ho rinunciato per te!" sibila furiosa. Non attacca più, mi faccio sotto e viso a viso, l'affronto.

"Tu, non hai fatto nulla per me. Mi hai messa al mondo per denaro e, quando non ne hai avuto, mi hai sfruttata per garantirti una vita di agi. Hanno ragione a definirti una parassita, è quello che sei. Ma la pacchia è finita, sono venuta a sapere tutto. La verità è venuta a galla, di papà, di Ryan, della tua sordida e squallida vita. Mi sei debitrice, di tutta una vita e di milioni di dollari" vuol parlare ma non lo permetto "No, non voglio sentire. Adesso ascolti tu. La casa, la macchina, i gioielli, i conti in banca, tutto quello per cui ho lavorato, non ti è più accessibile. Inoltre, ho richiesto e mi è stato concordato, un risarcimento di 5 milioni di dollari. Ti conviene trovare in fretta un lavoro, hai un anno di tempo per restituirmeli. E che non ti venga in mente di spennare un povero pollo, ricco e babbeo. La clausola dice che dovrai guadagnarti ogni centesimo. Sgarra anche solo una volta, e le mie cartelle cliniche, più tutto il resto verrà reso di dominio pubblico. L'arancione della prigione non ti si addice. Hai mezz'ora di tempo per andartene." Detto questo le volto le spalle e apro la porta, ai due signori del servizio sicurezza, che hanno il compito di accertarsi che lei non prenda nulla da casa. Le concedo, magnanimamente, solo di prendere un paio di pantaloni e una maglia, che mi dovrà restituire entro 3 giorni.

"Firma" le impongo. Vedo che mi guarda basita, con la consapevolezza di aver perso la presa su di me. Si piega e appone la firma in fondo al documento. 

"Spero che la vita, ti riservi quel che meriti. Accompagnate fuori questa donna" chiedo ai vigilanti. Fa per prendere la borsa, ma le viene impedito.

"Diana ti prego.." mi supplica.

"Ho pregato tanto anche io,ma non ti ha mai fermato, è inutile come mia hai insegnato tu. Adesso è il momento di mettere in pratica, quello che mi hai insegnato per tutta la vita. Devi fare da sola, perché nessuno ti aiuterà mai. Beh, buona fortuna" la guardo mentre di peso, la buttano fuori da casa. In quel momento, tutto il dolore, l'oppressione e i malsani sentimenti, che mi hanno accompagnata, volano via, senza più nessun peso a trattenerli. Mi guardo nel grande specchio e quello che mi rimanda la superficie riflettente è l'immagine di una donna, che dopo esser stata piegata, brutalizzata e vessata, ha saputo riemergere e rinascere. Sono una sopravvissuta.

Esco da quel palazzo, guardandomi attorno e per la prima volta, vedendo quello che c'è. Penso a River, mi colmo di tristezza, ma so che non si può recuperare più nulla, del nostro rapporto. Vorrei vederti morto, quelle parole,che tanto lo hanno ferito, hanno segnato la fine di qualunque cosa ci fosse tra noi. 

Torno a casa, ma non sconfitta. E' vero ho perso, forse, l'amore, ma ho ritrovato me stessa. Entrando e mettendomi comoda, la prima cosa che faccio è cancellare il sito. Stacco il telefono e lo butto di sotto al terrazzo. Domani, comincerò a costruire la mia vera vita, seguirò il mio sogno e farò di tutto per far sì che si avveri.

E' davvero un nuovo inizio, penso struccandomi.... 

Ho passato il resto della giornata a giro, per negozi. Ho comprato vestiti adatti ad una ragazza della mia età, jeans, camicette, top, più una quantità esagerata di scarpe e borse. Mi vergogno quasi. Finisco di sistemare le cose e vado a prepararmi la cena... Hamburger e patatine... Sento i passi di River nel pianerottolo e apro lo spioncino. Lo vedo, in completo da lavoro, che rientra a casa. Si volta e guarda la mia porta. Sembra indurito, arrabbiato. Mi rendo conto di quanto male gli ho fatto, ma sono codarda e me ne torno sul divano dove mi addormento.

E' mattina, sono stata svegliata da uno scoppio. Sento le sirene e mi affaccio al balcone. Polizia, ambulanze e vigili del fuoco stanno correndo a velocità sostenuta. Accendo la tv, per vedere di che si tratta. 

Vorrei essere morta, non appena le immagini, mostrano quale sia la catastrofe. Il palazzo della Scott Entertainment, colpito da non si sa cosa, è in fiamme. La parte superiore, dice la cronista, dove ci sono gli uffici dirigenziali. Un urlo esce dalla mia gola, mi metto a correre, incurante di essere in sottoveste ed a piedi scalzi. Corro tra la gente, pregando Dio, di non avermi dato ascolto, facendolo morire.

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