Chapter ten. • Boulevard of broken dreams. •

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Canzone per il capitolo:
Boulevard of broken dreams dei Green Day.

«Una discarica?» Ethan scavalca la recinzione subito dopo di me, salta sul terreno secco sotto i nostri piedi e non si scompone. Ci troviamo in una discarica, quella alle sponde della città, una delle più piccole. Qui le auto passano di rado, siamo nel bel mezzo del nulla e sono solo le undici di sera. Afferro la tanica di benzina dalle sue mani e mi avvio, abbastanza tranquilla, verso il centro della discarica. «Qui ci vengo solo con Rhett, perché è l'unica persona così fuori di testa da accompagnarmi che conosco.» Ethan allunga il passo per starmi dietro, guardandosi intorno un po' confuso. «Ora sono anch'io fuori di testa, eh?» Annuisco, ovvia, e lascio andare la tanica. Avvisto una piccola montagna di materassi e pneumatici, ammucchiati contro una scrivania piena di graffi e scritte. È perfetto. Con un paio di calci avvicino il tutto, prima di prendere la tanica ed aprirla. Ethan mi raggiunge e mi strappa il contenitore dalle mani. Lo guardo, imbarazzata, mentre lui fissa la tanica bianca che ha afferrato qualche secondo prima. «Vuoi dar fuoco a tutta questa cosa?» Smetto di guardarlo, deglutisco ed annuisco. «Non sono una piromane, ma bruciare roba inutile mi rilassa. È come se stessi bruciando un mucchio di problemi, riesco addirittura a sentirmi meno stupida quando lo faccio.» Prima che me ne renda conto, Ethan sta riversando il liquido infiammabile sulla montagna di spazzatura. Lo guardo, incredula che uno come lui stia accontentando una come me. «Domani mi sveglierò e saprò di aver fatto una cazzata.» Lancia via la tanica e gli passo i fiammiferi, facendo un passo indietro insieme a lui. «Ma oggi non è domani» aggiunge, lasciando che la montagna di spazzatura bruci davanti ai nostri occhi, illuminandoci il viso. Ci andiamo a sedere sul tetto ammaccato di una vecchia auto rossa, senza ruote, a qualche passo dal fuoco. Ethan è poco dietro di me ed ha le braccia piegate sulle ginocchia, intento a fissare il bagliore dinanzi a noi. «Hai mai detto ai tuoi genitori di saperlo? Di sapere cosa succedeva quando loro pensavano che tu dormissi.» Continuo a guardare dinanzi a me, giocherellando con una ciocca rossa dei miei capelli. «Una mattina chiesi a mia mamma perché aveva un livido sul collo, ma lei lo nascose sotto una sciarpa e mi disse che era solo un morso di zanzara o un'infezione. Ogni volta che le chiedevo dei lividi, dei graffi e delle ferite, lei cambiava discorso e mi rimproverava perché insistevo troppo.» Ethan afferra una bottiglia rotta e la lancia nel fuoco, lasciando poi un lungo respiro. «Tutt'oggi pensa che io non sapessi cosa stesse succedendo alla nostra famiglia» sbuffa una finta risata, passandosi poi una mano tra i capelli. Prendo un lungo respiro, stacco uno specchietto retrovisore dell'auto e lo lancio nel falò. «Non capisco perché una volta diventati genitori, le persone cambino radicalmente. Non sono più le stesse.» «E sono sempre i figli, ignari, ad andarci di mezzo.» Sorrido, scuotendo la testa ed ascoltando la sua voce così vera. Non potrebbe avere più ragione. Siamo sempre noi figli a pagare gli sbagli da loro commessi, ma spesso è anche il contrario. «Per quanto riguarda i miei genitori, invece, non hanno mai mostrato cenno di cedimento. Erano veramente perfetti, innamorati ed uscivano a cena almeno una volta a settimana.» «E poi?» «Poi Roberto l'ha tradita e non sembrava nemmeno dispiaciuto, hanno litigato per un po' e hanno chiesto entrambi il divorzio. Sono stata un po' a Washington e un po' in Italia, fino ad arrivare qui, a San Diego.» Ethan sospira, spingendosi col sedere in avanti. Un suo braccio circonda improvvisamente le mie spalle, il suo profumo mi avvolge come una coperta calda e mi imbarazzo pensando che sto davvero bene accanto a lui. «Come metodo di sfogo è davvero bizzarro, ma rilassante.» Appoggio coraggiosamente la testa sulla sua spalla, sentendo un leggero calore pervadermi il viso, ma non riesco ad incolpare il fuoco quando sono vicino a lui. Non è come stare con Johnny o Rhett, c'è molta più paura di fare la mossa sbagliata. I ragazzi che ho sempre frequentato avevano tutti una cosa in comune: erano amici dei miei amici. Quindi avevamo molto in comune: erba, feste, sesso, Murder House e problemi. Ethan fa parte di un'altra classe, non ispira terrore come gli altri, lui mi dà una certa sicurezza nonostante i guai in cui continua a seguirmi. Nessuna persona sana di mente farebbe tutto ciò con una persona conosciuta poco più di una settimana prima. «Ci starebbero bene dei marshmallow» suggerisce Ethan, accarezzandomi una ciocca di capelli con le dita. Sollevo un sopracciglio, allungando una gamba. «Roba da femminucce. Ci vorrebbero delle belle salsicce, come quelle che compra il padre di Johnny.» «Johnny è il tuo ragazzo?» Scuoto la testa. «È uno dei miei migliori amici, non ho un ragazzo.» Ethan annuisce e si rilassa leggermente contro di me, prima di sciogliere la presa intorno alle mie spalle e tornare a fissare il fuoco. Sto per chiedergli se lui ha una ragazza quando un leggero ringhio alla mia destra mi richiama, e, voltandomi, sgrano gli occhi e stringo la gamba di Ethan in una mano. Oh, cazzo. Ethan si volta verso di me, corrucciato e mi guarda. «Perché quella faccia? Sembra che tu abbia appena visto un fantasma..» Peggio! Un fantasma non tenterebbe mai di morderti il culo. «Quelli ti sembrano fantasmi?» Indico i due rottweiler che ringhiano nella nostra direzione, mostrando i denti. Ethan sobbalza all'indietro, sgranando gli occhi insieme a me e sibilando. «E quelli da dove cazzo sbucano?» «A saperlo!» Ci alziamo all'unisono, al che i due cagnacci iniziano ad abbaiarci contro e graffiare la portiera con le zampe. Porca miseria sono enormi! Riescono addirittura a far oscillate appena la vettura malandata. Ok, Hazel, pensa. «Pensa a qualcosa!» «È quello che sto cercando di fare» ribatto, portandomi le mani tra i capelli. Uno dei cagnacci abbaia più forte da farmi sussultare e scontrare contro il petto di Ethan che, di regola, perde l'equilibrio e cade dal tetto troppo stretto per contenere entrambi. «Ethan!» Urlo il suo nome, voltandomi verso di lui che cerca velocemente di rialzarsi. «Hazel.. Io li distraggo, tu scappa. Ci vediamo..» lo interrompo balzando giù dalla vettura, lo afferro per il polso e lo spingo a seguirmi lungo la discarica. «Hai una certa passione nell'ignorare ciò che dico, sai?» Sta ansimando, senza fiato, correndo pochi passi dietro di me. Faccio lunghi passi, correndo come un maratoneta per niente femminile. Quei cagnacci ci seguono come se fossimo due pezzi di carne al sangue che non vedono l'ora di mordere. Sento una certa adrenalina mentre scavalco un armadio rovesciato e rotolo giù da una piccola rupe assieme ad Ethan. Quando vede che faccio fatica a rialzarmi, si ferma e mi afferra per i fianchi, riportandomi in piedi. Sono più eccitata che spaventata. Ho il petto che sale e scende mentre cerco di respirare correttamente, ma è inutile. Ethan mi guarda e sorride, passandomi una mano tra i capelli. «Cosa cazzo stiamo facendo?» Scrollo le spalle, prima di spingerlo con le mani sul petto. «Paura?» I cani abbaiano, segno che sono sempre più vicini. Negli occhi di Ethan passa una strana luce, prima che inizi a sorridermi ed indietreggiare. «Non è proprio la paura, a rendere tutto così fottutamente assurdo?» Annuisco, ricomincio a correre e provo a sorpassarlo. Sto cercando di non sorridere troppo, mentre Ethan fa lunghi passi e scavalca più spazzatura possibile. Finalmente siamo alla fine del perimetro della discarica, e c'è una grossa recinzione ancora più alta. Ethan si accovaccia e mi fa cenno di usarlo come scaletta per salire. Affondo un piene nelle sue mani unite e mi do una spinta, aggrappandomi alla cima per poi saltare dall'altra parte. Ethan fa qualche salto, cercando di risalire, ma non ci arriva. «Andiamo, Ethan!» Batto i palmi contro la recinzione, sospirando. «Salta!» I cani sono letteralmente dietro di lui, quando, con un salto abbastanza alto, riesce ad aggrapparsi alla recinzione e tirarsi su. Uno di loro riesce a mordergli il pantalone ed Ethan inizia a scalciare, mugugnando. «Merda!» Faccio un passo indietro quando riesce fintamente a far mollare la presa al cane e scivolare al mio fianco. Mi avvicino a lui, prendendogli il viso tra le mani e guardando la sua espressione incredula. «Stai bene? Oh.. mio.. Dio.» Ethan trattiene per un secondo il respiro, prima di appoggiare la fronte alla mia spalla e scoppiare a ridere. Ride! Ha una risata profonda, una di quelle che fa rabbrividire ogni singola parte del mio corpo. Gli circondo il collo con le braccia e rido assieme a lui, non saprei cos'altro fare in questo momento.

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BLOWBACK | Dylan O'Brien |Where stories live. Discover now