Chapter five. • Out of my mind. •

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Canzone per il capitolo:

Complicated - Avril Lavigne.

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Ethan si aspetta che io dica qualcosa. Peccato che abbia la bocca impastata e mi sia impossibile proferire una singola parola. «Come stai?» Ethan fa un passo verso di me ed io, istintivamente, ne faccio uno verso di lui. Ci divide solo un gradino, come se lui non fosse già più alto di me. Hanna continua a fissarci, cercando di capire come facciamo a conoscerci. «Non credevo frequentassi questa scuola, non che tu non possa permettertelo, solo.. Cazzo, mi sto esprimendo malissimo.» Si passa una mano dietro la nuca, facendo una smorfia con le labbra. «Sono solo sorpreso di trovarti qui.» Abbasso lo sguardo, sentendo una timidezza che non mi appartiene. Ethan si infila le mani nelle tasche dei jeans neri, aspettando pazientemente una risposta. Hanna parla per me, irrompendo nel silenzio che si stava creando. «Ora ricordo!» Esclama, salendo sul gradino più alto per guardarmi nuovamente in volto. «Sei Hazel Trevieri, la ragazza a cui ieri Ethan ha mandato una richiesta d'amicizia! Da vicino sei ancora più bella!» Ora ho letteralmente il viso in fiamme. Ethan sgrana gli occhi, afferra la sorella da dietro e le tappa la bocca con una mano. «Sei un'impicciona assurda, Hanna, devi imparare a farti gli affari tuoi.» Hanna si dimena tra le braccia del fratello, contrariata. Ecco dove avevo visto i suoi occhi, sono identici a quelli di suo fratello maggiore. Ethan, con quello sguardo caldo ed attraente, ha una bellezza completamente diversa dai ragazzi alla quale sono abituata. Sua sorella non poteva essere da meno. Ethan si lascia andare in un urlo, segno che Hanna deve avergli morso un dito. «Faccia di culo, non farlo mai più! Guarda, mi hai rovinato il lucidalabbra!» Hanna sembra irritata, si tocca gli angoli delle labbra eliminando i residui di lucido. Sono ancora immobile di fronte ad Ethan, che mi sta fissando. «Possiamo parlare per cinque minuti?» «Certo.» Lui fa un cenno a quelli che credo essere i suoi amici, poi ci spostiamo dietro al muro accanto alle scale, per parlare indisturbati. «Inizio col dire che mi dispiace.» Gli dispiace? «E di cosa?» Corrugo la fronte, affondando una mano nella tasca posteriore dei jeans. «Quando ho visto che non mi rispondevi, mentre ti parlavo, ti ho letteralmente mandato a quel paese e me ne stavo tornando dai miei amici. Se fossi arrivato qualche minuto prima, avrei potuto evitare..» Si morde il labbro inferiore, non sapendo come dirlo. «Che mi filmassero le tette?» Parlo per lui. Lui accenna un sorriso insicuro ed annuisce. «Hai già fatto tanto per me, Ethan, hai fatto ciò che nessuno lì si sarebbe azzardato a fare e... per lo più, sei anche stato preso a botte per me.» Ethan è molto più alto di Rhett, ma anche più magro. La maglia nera che indossa non mi permette di verificare il suo fisico per intero, essendo abbastanza larga, ma non credo sia poi tanto più magro di Rhett. Solo di una virgola. «Ti starai chiedendo per quale dannato motivo l'ho fatto.» Trattiene a stento una risata, io faccio lo stesso. «Se lo stanno chiedendo tutti in realtà. Sei stato soprannominato come una specie di mio eroe mascherato.» Ethan solleva un sopracciglio. «Superman non avrebbe resistito all'ira di quel tizio. Dannazione, il tuo ragazzo ci dà giù pesante con i pugni.» Rabbrividisco ed emetto un verso di disgusto. «Il mio ragazzo? Stai scherzando spero! Rhett non è il mio ragazzo, è solo un pezzo di.. » Premo le labbra in una linea sottile, per poi sbuffare al solo pensiero che quella faccia da schiaffi si trovi a pochi metri da me. «Non è il tuo ragazzo?» Sembra quasi sollevato e, quando vede che ci faccio caso, tossisce e si corregge. «Perché altrimenti ce l'avresti avuta con me per averlo quasi ammazzato.» Sorrido, sollevando una spalla. «In realtà non so come ringraziarti, mi hai evitato la fatica di farlo il giorno seguente.» Sembra confuso, ma sorride comunque. Si gira un secondo, guardandosi intorno, per poi sospirare e tornare a guardami. I suoi occhi mi ispirano la stessa sicurezza della sua maglietta, solo più intensa. Accidenti, la maglietta! «Ho la tua maglietta, quasi dimenticavo. Posso portartela domani? Non credevo di trovarti qui, io..» Ethan corruga la fronte, negando poi con la testa. «Puoi anche tenerla, ne ho un casino di maglie come quella.» Vorrei poterle avere tutte. Mi passo la lingua tra le labbra e non so cosa mi stia trattenendo dal dirgli che sono sollevata dal non dovergliela restituire, ma credo me lo si legga in faccia. «Che anno frequenti?» «L'ultimo», gli rispondo. «Tua sorella mi ha detto che hai perso un anno.» Gli lancio un occhiata di sfida, ma lui non sembra divertito ed il suo sguardo si incupisce improvvisamente. «Ho avuto dei problemi a metà anno scolastico, ed ho smesso di andarci.» Avrei dovuto farmi i cazzi miei. «Scusami, non sapevo..» «La smetti di ignorare i miei messaggi?!» Camryn mi urla contro, avvicinandosi a me con il suo sguardo incavolato. I capelli corti fino alle spalle sono di un castano scuro, quasi nero, ed i suoi enormi occhi mi fissano intensamente. «Ti ho cercata per tutto il cortile! Non puoi ignorarmi per sempre, sono la tua migliore amica.» L'avevo quasi dimenticato. Incrocio le braccia al petto, indicando col mento che non solo sola. «Cam, lui è Ethan.» Camryn segue il mio sguardo, per poi spalancare la bocca quando nota il ragazzo a pochi passi da lei. «Oh mio Dio, sei quello che Rhett ha preso a calci? Sei ancora più carino dal vivo, i video su Facebook sono fatti con dei cellulari di merda.» Lo guarda, spudoratamente. Camryn è la persona più sfacciata che io conosca. «E lei è Camryn» aggiungo, spostandomi i capelli dietro le orecchie. È davvero imbarazzante. Ethan annuisce e guarda entrambe, altalenando lo sguardo. «Posso farti una domanda un po' stupida?» Chiede Ethan. Io guardo Camryn, facendole capire che è ora di andarsene. Lei alza gli occhi al cielo, passandosi una mano tra i capelli ed avviandosi verso l'entrata, dalla quale è già entrato metà corpo studentesco. Riporto l'attenzione su Ethan, annuendo. «Perché non hai accettato la mia richiesta d'amicizia? Lo so, è una domanda del cazzo» sbuffa una risata. «Volevo solo scriverti e sapere come stavi, ma vedendo che non accettavi ho pensato di aver fatto una cazzata la scorsa settimana, interrompendo.. la tua.. prova?» Sospiro. «No, non hai fatto nulla di male. Solo non.. non so perché non l'ho accettata, semplicemente non ero pronta ad affrontarti.» Credo sia la risposta più sincera. «Ethan! La campanella suonerà tra due minuti, dobbiamo ancora ritirare gli elenchi.» Hanna urla dalle scale, affacciandosi nella nostra direzione. Accanto a lei c'è un ragazzo biondo, alto, che le tiene un braccio intorno alle spalle. Ethan sbuffa. «Penso di dover andare, Hazel.» Arriccio le labbra, annuendo. «Non ti trattengo ulteriormente, allora.» Lui si guarda intorno ancora per un secondo, per poi tornare a guardarmi. «Ci vediamo in giro, ragazza.» Fa un mezzo sorriso, camminando all'indietro fino alle scale, per poi salirle ed avviarsi all'interno della scuola. Lascio un lungo respiro, toccandomi il viso arrossato, incredulo. Cristo, sto arrossendo come una bambina. Faccio una smorfia, disgustata da me stessa per questo atteggiamento, e mi avvio all'interno dell'istituto.


La fisica è una materia senza un filo logico, nella vita non mi sarà mai utile sapere come si ottiene l'accelerazione, a cosa è dovuta la pressione su un corpo e cosa sia coso fratto cosa. Mr. Thompson, come se non bastasse, è di una noia mortale. È molto basso e vecchio, tossisce ogni dieci minuti e dimentica sempre dove ha messo il gesso. Tre quarti della classe smette di ascoltarlo dopo i primi cinque minuti, pensando ad altro. Divido la classe di fisica con Johnny, seduto a qualche banco dietro di me. Istintivamente mi volto, lo trovo intento a chiacchierare con una ragazza dalla pelle scura al banco accanto al suo. Qualche secondo dopo solleva i suoi occhi su di me, accennando un sorriso di saluto. Mi giro nuovamente verso la cattedra, scarabocchiando sul mio quaderno con la penna nera. Devo stare alla larga da loro per qualche tempo, solo così impareranno la lezione. Peccato che Johnny abbia tutti i corsi con me, quindi lo vedo praticamente ogni ora della settimana. «Non pensate che quest'anno sarò clemente con voi, mi aspetto il meglio da un ultimo anno.» L'insegnante va a sedersi dietro la cattedra ed inizia a segnare alcuni nomi presi a caso da un elenco. Qualcuno sussurra il mio nome, mi volto alla mia sinistra e vedo un ragazzo, grassottello e con gli occhi, trattenere una risata insieme al suo amico del banco accanto. «Puoi levarci una curiosità? Abbiamo visto quel video...» Alzo gli occhi al cielo, voltandomi nuovamente. «Il mio amico dice che hai una seconda, ma per me è sicuramente una terza piena. Ho ragione, eh? Ehi.. Ascoltami!» Stringo i pugni sotto al banco, sollevando un angolo del labbro superiore. «Puoi darci almeno un indizio? È un complimento se hai una terza, visto che..» Sbotto, voltandomi verso di lui e sollevando un ginocchio, che, di regola, colpisce il banco. «Perché non metti la tua faccia di cazzo qui e vieni a darci un'occhiata, eh?» Tutta la classe si volta verso di me, i mormorii terminano e Mr. Thompson mi guarda infuriato. «Hazel, cosa ti prende? Hai perso il lume della ragione? Urlare come una squinternata nella mia classe?!» Tutti lo guardano rimproverarmi severamente. Sospiro, poggiando i gomiti sul banco ed il viso tra le mani. «Secondo me ha una seconda ed ha vergogna ad ammetterlo» sussurra l'altro ragazzo. «Ma vaffanculo» sbotto. Mr. Thompson preme il palmo della mano sulla cattedra, facendo cadere un paio di penne al suolo. Spalanco gli occhi. Avrà pensato che stessi parlando con lui. «Il primo giorno di scuola mandare a quel paese il tuo professore? Ottimo comportamento Trevieri, ora esci immediatamente da questa classe!» Spalanco la bocca. «Non può..» «Mi hai sentito, no? Ti voglio fuori da quest'aula entro due minuti.» Fisso quei due che, indifferenti, si fissano tra loro e non dicono una sola parola. Guardo Johnny, stupito dalla situazione, che guarda me e poi l'insegnante. Non mi hanno mai cacciato da una classe. Prendo la mia borsa ed esco, umiliata, sotto lo sguardo di tutti. Spingo le spalle contro il muro accanto alla porta, scivolando a terra e portandomi le mani tra i capelli. Non poteva iniziare meglio questa giornata. Prendo il cellulare, accedo a Facebook ed accetto la richiesta di Ethan. Gli scrivo subito, bisognosa di pensare ad altro. Io: Sei mai stato mandato fuori dalla classe il primo giorno di scuola? Non ci credo. Gli ho scritto. «Mi sto fottendo il cervello, semplice» sbuffo una risata isterica, lasciando il cellulare a terra. Devo darmi una calmata, assolutamente. Sento l'arrivo di una notifica. Come ha fatto a rispondermi, se è in classe? Ethan: Non è mai stato in cima alla mia lista delle cose da fare. Gli rispondo immediatamente. Io: Dovresti provarci, è eccitante. Ethan: Trovi eccitante essere cacciati dalla classe il primo giorno di scuola? Io: Trovo eccitante molte cose. Sto trattenendo a malapena una risata. In una chat riesco ad essere molto meno ansiosa. Ethan: Scommetto che finire in detenzione ti faccia proprio fremere, allora. Scoppio a ridere, irrefrenabile, portandomi una mano davanti alla bocca per ovattare il suono. Posso immaginarlo che si trattiene una risata, seduto in classe, mentre l'insegnante spiega, ignara, la lezione. Ethan: Avrei dovuto chiederti il numero, ma non volevo che pensassi che ci stavo provando. Non avrei pensato che ci stesse provando, non sarebbe stato possibile in nessun modo. Ethan è un ragazzo stupendo per quel poco che l'ho conosciuto ma, al contempo, è uno di quelli che se entrasse nel mio mondo mi ricorderebbe quanto fa schifo confronto al suo. Io: Puoi ancora chiedermelo.. Ethan: Posso avere il tuo numero? Io: No. Sorrido, prendendolo in giro. Ethan: ... Io: ... Ethan: ... Io: ... Ethan: Voglio la mia maglietta, allora. Io: Ti scrivo il numero.


BLOWBACK | Dylan O'Brien |Where stories live. Discover now