56. O mi lasci tu, o ti lascio io.

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È passata una settimana dal test del DNA che abbiamo fatto io e Freddie.

Ci hanno chiamato proprio ieri per dirci che oggi ci avrebbero dato i risultati, quindi dobbiamo andare in ospedale. Spero sia davvero l'ultima volta che metto piede lì dentro: è diventato il mio incubo.

"Jacklyn Robinson, dove stai andando?" Mi chiama mia madre con una voce minacciosa, segno di una lunga ramanzina.

Perché proprio adesso? Faccio ritardo per andare in ospedale! "Da...da Betty." Cerco di essere convincente e mi si presenta davanti, con le braccia conserte e lo sguardo infuriato.

"Da Betty? Non credi che ci stai andando troppe volte? Manchi sempre, non fai mai niente! Devo sempre occuparmi di tutto io, qui dentro!" Sbraita, facendomi sentire in colpa.

Quando torneremo qui, mamma, capirai il perché di tutte queste uscite. Ma non riesco a non innervosirmi anche io: sto facendo questo per noi anche se lei non sa niente, però potrebbe evitare di lamentarsi sempre...e poi non è vero che non la aiuto mai!

"Mamma, sto andando." Cerco di aprire la porta senza risponderle ma vengo interrotta dalla sua voce squillante e fastidiosa.

"No, mia cara: ora tu resti qua." Tuona.

"Mamma, sto andando." Ripeto un po' più duramente. Non posso perdere i risultati dell'esame per scoprire se Freddie è mio fratello per dei suoi capricci. Qundi, senza ascoltarla, mi affretto ad uscire da casa.

Scappo via e prendo la strada per andare a casa di Freddie, quando un motorino si ferma davanti a me. Mi sembra di averlo già visto, ha un'aria familiare.

La persona che si trova su di esso si toglie il casco, scuote i capelli, mi guarda negli occhi e mi fa cenno di salire. Sorrido e salgo dietro Brian mettendo le mani sulla sua vita.

"Mi è mancata, questa moto." Gli sussurro, ripensando ai vecchi ricordi.

"Anche a me. La mia piccola stava per avere le ragnatele." L'accarezza come se fosse sua figlia. "La tua piccola?" Rido mentre mi porge un altro casco.

"Sei gelosa, Robinson?" Lo metto accuratamente sul capo, lui fa lo stesso con il suo e, quando siamo pronti, la fa partire.

"Per niente!" Grido vicino al suo viso, facendolo spaventare.

"Certo." Si riprende rallentando. "S-se vuoi puoi accelerare...ma di poco." Gli urlo dietro.

"Sei sicura?" Alza la voce ed il vento fa muovere i nostri giubbotti di poco, come se fossero mongolfiere troppo pesanti per decollare.

"No. Ma tu fallo lo stesso!" Annuisce ed esegue i miei consigli. Parte più veloce e sento qualcosa nello stomaco.

Adrenalina.

Quella sensazione che avverto quando ho paura e voglio superare il limite. E io sto cercando di fare proprio così: supero me stessa e le mie paure.

"Stai bene? Se vuoi rallento." Grida per sovrastare il rumore della moto, sfrecciando vicino ad una macchina che suona il clacson contro di noi.

Ridacchio. "Sì, se vuoi vai anche più veloce." Rispondo.

"Wow, sei spietata. Ma avvisami se vuoi che rall-"

"Finiscila di sembrare mio padre e accelera!" Lo blocco ridacchiando.

"Come vuoi." Va al massimo e mi sento libera. Io che avevo paura della velocità. Avevo sbagliato di grosso, quella che sento è una sensazione bellissima: puro sangue che circola nelle vene, voglia di fare di più.

Ho bisogno di te. [#1]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora