28. Qualcosa non quadra.

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È passata una settimana, e tra qualche ora uscirò dall'ospedale. Questi giorni mi sono sembrati dei secoli: ho conosciuto così tante persone e mi sono sentita così strana.

Tutta colpa sua.

L'artefice della mia confusione è lui, Brian. Mi manca ogni istante, ogni minuto, ogni secondo. È tutto così strano. Ma è possibile che appena penso a lui la mia testa va in confusione?

È possibile che, ogni volta che incrocio il suo sguardo, non ci capisco più nulla?

No. Non è possibile. È una cosa assurda, veramente assurda. L'ho appena conosciuto e mi sembra di conoscerlo da una vita. Sarà vero tutto quello che mi ha detto? Io non ci capisco più nulla.

Vorrei capirci qualcosa, vorrei sapere, ricordare qualcosa. Se potessi ritornare indietro. Se potessi avere a portata di mano una specie di macchina del tempo o qualcosa del genere che mi faccia tornare indietro e impedire quello stupido incidente, a quest'ora non mi troverei in questa gabbia con dottoresse scocciate, ragazze fin troppo curiose e persone malate.

Ma purtroppo non ho i poteri e non mi trovo in un mondo 'fantasy', dalla mia lampada non uscirà di certo un genio che realizzerà tre desideri e non verrà la fata Turchina per trasformare il comodino di fianco a me in una carrozza del tempo per ritornare indietro.

Non mi piace veder passare le persone malate davanti alla mia stanza, persone che si disperano per paura di perdere i loro familiari, persone che devono essere operate urgentemente, persone che corrono come pazze e dottori che fanno di tutto per salvare una povera vita, e non sempre ci riescono. E poi i parenti sono tristissimi. Odio vedere tutto questo inferno.

Mi si spezza il cuore.

Non vedo l'ora di tornare a casa, riavere la memoria e vivere la mia vecchia vita. Vivere fino in fondo, essere forte, credere e sperare che un giorno, qualcosa accadrà e io ricorderò tutto. E ricorderò di Brian, della mia famiglia, di quel Mike...

Di tutto, ma ne dubito fortemente.

Dubito che ricorderò tutto. E io ho paura.

"A cosa stai pensando?" Mi distrae dai miei pensieri Natalie.

"Eh?" Rispondo, tornando in me.

"Tu, Jacklyn Robinson, a cosa pensare?" Scandisce, trattenendo una risata.

"A tutto. A quest'ospedale, alla vita delle povere persone che ci vivono, e se riavrò la memoria. Le solite cose che penso da quando mi sono svegliata, praticamente." Spiego scrollando le spalle, e mi chiedo quante volte avrò fatto questo gesto in una settimana.

"Ma certo che la riavrai. Tu devi riavere la memoria. Sei forte e un giorno ricorderai tutto." Mi consola sorridendomi.

Le sorrido a mia volta. È così carina, vorrei tanto essere ottimista come lei.

"Non vedo l'ora di andarmene. Certo, un po' mi dispiacerà perchè non ti rivedrò, ma dall'altra parte almeno non vedrò più Valerie. E poi sarò libera." Le dico in tono divertito. Negli ultimi giorni si è rivelata una persona davvero fantastica e comprensiva, anche se, un po' strana, ci rimane.

Scoppia a ridere. "Salve, sono la dottoressa Valerie, e sono grassottella e scocciata." Dice imitando la sua voce.

Rido anche io e finiamo per fare un'orchestra piena di risate strambe: la mia che è già strana e la sua che farebbe udire perfino i sordi.

E io rido di più per quella sua buffa risata, mi da così tanta gioia che, per qualche secondo, dimentico tutto.

Dopo un po' ci zittiamo e ci guardiamo negli occhi.

Ho bisogno di te. [#1]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora