11. Scommettiamo?

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Le cinque ore sono passate, tutti stanno uscendo e io purtroppo mi ritrovo ancora in classe per la 'punizione' che il preside ha dato a me e a Brian. Quando tutti sono usciti, -fortunati, loro- il preside viene verso di me, con il mio collega, dicendo testuali parole:

"Allora, voi pulirete solo il piano superiore, quando avrete finito, lo direte ai collaboratori che puliranno il piano di sotto, e quando avrete concluso il lavoro controlleranno se avete pulito davvero. Finché non lo fate, nessuno dei due esce da qui, intesi?" Annuisco, "Ah, un'altra cosa. Ho avvisato i vostri genitori, quindi non si preoccuperanno se tornate in ritardo. E ora, buon lavoro. Io vado, non vedo l'ora di mangiare..." Dice a bassa voce -secondo me stuzzicandoci- e andandosene, mentre si sfrega le mani.

Io e Brian ridiamo, poi rivolta a lui, gli dico:

"Allora, andiamo al piano di sopra e..." non finisco la frase che lui si sta allontanando. Con le mani sulla testa.

"È noioooso!" Urla mentre si allontana.
Eh, no. Non anche lui. Inizio a correre nella sua direzione e gli salto addosso, facendolo finire per terra e bloccandolo per i polsi.

"Ma sei pazza? Alzati!" Si dimena, accigliato.

"No." Ridacchio, e lo guardo negli occhi con aria di sfida, curiosa della sua prossima mossa.

"Sei pesante, alzati." Continua a dire, tentando di ferirmi, ma non lo ascolto, anche se mi rabbuio un po'.

"Non m'importa, anzi, è meglio. Soffri di più." Gli dico, assumendo un'espressione fredda e lancinante.

Quando capisce che è lui il motivo del mio cambiamento d'umore, sbuffa. "Che hai, adesso fai anche quella offesa?" Mi dice poi, annoiato.

"Sai che ti dico? Vai al diavolo." Mi giro da un'altra parte, senza mollare la presa.

Sospira. "Jackie, ma come devo fare con te?" Mi parla in tono dolce. Passa un po' di tempo e, quando si accorge che non gli rispondo, mi sussurra. "Senti, mi dispiace, okay? Non volevo dirlo davvero. Sei una piuma-"

"Non esagerare." Lo blocco, alzando gli occhi al cielo.

"Dicevo, sei molto leggera e ho detto così solo per farti alzare da me e...okay, anche un po' per ferirti, ma non lo penso davvero. Mi dispiace. È che ho sempre saputo che non hai molta autostima di te e..."

"Basta così. Ho capito." Sbuffo, e mi rigiro dalla sua direzione.

"Sono scusato?" Domanda, con un tono di imbarazzo nella sua voce.

"Sì, sei scusato. Ma non mi alzerò di qui." Gli faccio l'occhiolino e lui lancia un verso frustrato.

"Non è divertente. O ti alzi, o ti alzi." Mi avverte.

"Che paura." Ridacchio, fingendo terrore.

"JACK!" Grida spazientito.

"Allora dì che mi aiuti a pulire." Gli ordino, e aspetto che dica qualcos'altro mentre incrocio le braccia al petto.

"Che cosa? Ma neanche per sogno." Mi contraddice, scuotendo la testa.

"Okay, allora restiamo così fino a questa sera. Tanto non mi stanco in questa posizione, tranquillo." Gli assicuro e lui sbuffa, guardando altrove.

"Certo, tanto prima o poi ti staccherai." Mi dice, inarcando un sopracciglio.

"Solo se prometti che mi aiuterai."

"Allora possiamo rimanere qui fino all'anno prossimo." Afferma, sfidandomi con lo sguardo, come avevo fatto prima io con lui.

"Benissimo. È perfetto." Dico, appoggiandomi meglio su di lui. Non gliela darò vinta, mi aiuterà, oppure di qui non esce nessuno.

Ho bisogno di te. [#1]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora