Il re corvo

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La stanza era completamente buia, solo un alone di luce alleggiava nella stanza, magico e permetteva a malapena di distinguere delle forme indistinte. Immersi nel buio sembrava quasi che il tempo non passasse mai, gli unici rumori che si potevano distinguere in quel deserto di lenzuola e mobili erano dei gemiti provenire da quello che poteva essere definito il letto per il leggero rumore che esso produceva sbattendo contro il muro, ma solo se si ascoltava attentamente si poteva udirlo. Ai piedi di quel letto vi era un mantello scuro, morbido e leggero al tatto che sembrava essere appena stato strappato dalla schiena di un mostro o da quella di un re.


John aveva gli occhi chiusi e stava annusando l'aria nella stanza che sapeva di sudore virile e eccitazione, un miscuglio che esaltava l'uomo nel profondo delle sue viscere. Qualcosa dentro di lui si stava muovendo e non era solo lo sperma che ormai premeva per uscire, ma qualcosa di più denso e interiore. Stava godendo. Mentalmente. Per tutto quello che gli era successo e quello che lo aveva spinto fino a lì. Si morse le labbra tentando di pensare ad altro, per durare di più, mentre il suo pene entrava e usciva dal dietro di quell'uomo che lo stava facendo letteralmente impazzire, ma non ci riusciva. Continuava a pensare a lui sdraiato su quel letto con uno sguardo tra l'eccitato e lo spaventato, con il corpo di marmo steso come se fosse abbandonato su quelle lenzuola che gridano libidine da ogni fibra di quel tessuto rosa; lo aveva baciato a lungo, stuzzicandolo; lo aveva accarezzato a lungo, su tutta la superficie del suo corpo, finché per lui non c'erano stati più segreti in quel corpo che lui non conoscesse. Prima di penetrarlo aveva afferrato i suoi glutei come segno di possessione, per tenerlo stretto a sé e lo aveva tenuto stretto a sé fino alla fine, fino a quando non si stese di fianco a lui ancora ansimando dalla fatica e dalla soddisfazione.


"John, credo di ..." disse André guardandolo negli occhi, ma a metà della frase sembrò esitare e ammutolì e riappoggiò la testa sul cuscino e avvinghiandosi con delicatezza al corpo di John si addormentò.


"Buonanotte, bellezza" disse John baciandosi la punta di un dito e sfiorando la guancia e poi lasciandosi prendere dal sonno.


Quella situazione durò solo poco, perché John di svegliò con André ancora addormentato al suo fianco e slegandosi dalla sua presa, si alzò, raccolse da terra il suo mantello e se lo allacciò al collo e senza fare rumore uscì dalla stanza, girandosi solo un ultima volta a guardare quel corpo magnifico che aveva lasciato addormentato sul letto. Accanto ad André vi era una penna nera di corvo che John gli aveva posato accanto prima di andarsene.


***


Quella sera il corridoio del piano d'hotel dove ormai viveva da tempo indeterminato si era animato di particolare vita, come una qualsiasi cittadina di mare si ravviva di sera quando la salsedine risale la costa e invade l'aria notturna. Le lanterne appese alle pareti brillavano di una fioca luce, ombreggiando le figure che parlavano tranquillamente. Quella sera si sarebbe aperta di nuovo la sala circolare e quegli istanti avevano tutta l'aria di essere la tranquillità prima della tempesta. John era appoggiato con una spalla allo stipite della porta della sua camera: aveva appena fatto la doccia e il ciuffo ancora risentiva dell'umido che era condensato in un'unica piccola goccia sulla punta che presto cadde e scivolò sulla pelle immacolata dell'uomo che incuriosito guardava i suoi coinquilini. Arrotolando un dito nei capelli stava pensando a cosa sarebbe successo poco dopo quella sera, quando i pesanti cardini della porta di legno si sarebbero aperti rivelando la stanza e la Regina che vi viveva dentro. In effetti John si stava chiedendo che cosa fosse successo al suo colloquio con Natasha, ma probabilmente non l'avrebbe mai saputo per certo, anche se per tutto il corridoio erano risuonate le più disparate voci su un possibile legame di sangue o una decisione improvvisa di Natasha di lasciare l'Hotel nelle mani della Regina. Ad ogni modo l'uomo sapeva che nessuno aveva avuto contatti ravvicinati con la Regina, nessuno l'aveva vista da quel giorno in cui era magicamente sparita nelle viscere dell'hotel che assomigliava sempre più a un mostro vivente.


I cardini ruotarono lentamente su di loro, svelando la camera che stava nascosta da tempo dietro quel legno pesante in cui nessuno, a parte lui e i suoi due misteriosi umani, avevano mai osato valicare senza il permesso della Regina. Le persone presenti nel corridoio si affrettarono ad entrare, come dei drogati in astinenza, sempre però mantenendo il sorriso sul volto e il contatto con gli altri, come un lunghissimo fiume che si riversava a riempire lo spazio circolare. John aspettò che gli altri fossero tutti entrati prima di sistemarsi il mantello in modo che non gli intralci i piedi e avviarsi con calma e fierezza di un leone verso la sua meta. Rimase a fissare a lungo tutti quegli esseri viventi che si muovevano come se fossero un unico corpo, incantato da quella danza tribale che lo aveva attratto tanto quando era arrivato per la prima volta lì. All'improvviso due mani delicate come la seta gli accarezzarono le spalle scivolando lungo il petto e delle labbra umide gli baciarono il collo.


"Benvenuto dolcezza" disse una voce femminile che John non mise molto a riconoscere. "Come sei diventato bello..."

"Già" disse l'uomo con una venatura di fierezza nella voce che non c'era mai stata prima.

La Regina fece scivolare le sue mani lungo il suo busto, volteggiandogli intorno fino ad arrivare a un centimetro dal suo viso e sbattendo le ciglia maliziosa.

"Ohh, sai io e te potremmo divertirci molto questa sera... vedo che hai ricevuto il mantello"

"Come vedi... ma questo cosa c'entra?"

"Te lo farò sapere stanotte" disse ammicando.

John era stanco di tutti quei convenevoli e prese la testa della Regina e la spinse verso il suo membro eretto. Le stuprò la bocca finché non fu soddisfatto e alla fine la lasciò andare e, notando di avere ancora qualche capello in mano, scrollò le dita. Solo dopo si rese conto che la danza tribale che aveva scosso decine di persone si era improvvisamente fermata appena la Regina aveva toccato terra con il suo corpo perfetto. Tutta l'attenzione era posta di loro due.


"Adesso sai cosa penso delle tue parole... In fondo non sei importante" disse John con superiorità e si girò. Mentre usciva da quella stanza sentiva il potere tutto nelle sue mani e se ne compiacque. Ci mise molto tempo a tornare nella sua stanza e mentre camminava sentì un urlo di rabbia proveniente dalla stanza circolare e poi i rumori della danza che ricominciavano più furiosi di prima. Quella sera per John era la sera di una vittoria antica come il tempo, la risanazione dell'onore.



Sin HotelOù les histoires vivent. Découvrez maintenant