Amicizia

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Aveva guardato talmente a lungo il soffitto che anche se chiudeva gli occhi riusciva a vederlo comunque, fermo lì, sopra la sua testa come una spada di Damocle , pronta a piombargli addosso con tutto il suo giudizio apocalittico. Oggi non sarebbe riuscito a fare come al solito, ad andare in corridoio e vendere il proprio corpo come al solito per il suo piacere, forse sarebbe rimasto lì finché non avesse sentito più il suo corpo: allora forse sarebbe stato in grado di fare qualcosa di diverso, almeno quello che fino al quel momento aveva paura di fare, persino anche di pensare. Forse morire. Forse dormire. E poi il nulla. L'oblio gli sembrava la cosa più dolce al momento, la sua mente vagava negli spazi sconfinati dell'incoscienza, mentre le dite percorrevano lunghi tratti sulla sua pelle martoriata, come pellegrini che portano aiuto e guariscono le ferite. Il fare nulla lo stava uccidendo; era scappato dall'ozio fino a quando era arrivato in quel posto, forse una decina di giorni prima probabilmente, non ricordava nulla e il tempo gli stava sfuggendo dalle mani come la granella di sabbia al vento. Per sempre disperso nei meandri dell'eternità; non sapeva se fosse vivo o morto. Tutto questo non poteva essere vero, al limite del conoscibile e del ragionevole. John si pizzicò forte il braccio, fino a far scendere qualche lacrima dagli occhi stanchi, che chiuse, ma quando lì riaprì si trovava esattamente ancora nella stessa schifosissima stanza in cui era prima. Non era affatto un sogno, un incubo, ma era la verità e lo stava spingendo ben oltre il suo limite, il suo limite di uomo. Che cosa avrebbe fatto dopo?

Mentre era ancora avvolto tra le coltri dei suoi pensieri sentì un leggero bussare alla porta, era distratto, per quel motivo non rispose subito, incerto che tutto quello che stava sentendo in quel momento fosse la realtà oppure no. Nessuno in quel luogo si preoccupava molto per gli altri, chi sarebbe andato da lui a vedere come stava? Il rumore alla porta però stava continuando insistentemente, quindi John fu costretto ad alzarsi dal letto, stringendosi le tempie con una mano per il dolore ed aprì alla porta, ancora convinto che si tratti di un'allucinazione. Invece quello che vide fu André.

"Ciao bellissimo, come stai?"

"Hei... André, non mi aspettavo che venissi qui"

"Si beh, volevo passare un po' di tempo con te" disse appoggiandosi con una mano allo stipite della porta e appoggiando la guancia e il corpo alla porta ancora semichiusa, quasi spingendo per entrare.

"mhh certo, entra pure"

Una mano di John stava tremando e la sua vibrazione era stata trasmessa in parte alla porta che vibrava leggermente. Fortunatamente André non se ne accorse e l'uomo afferrò la propria mano con l'altra e la pose nell'incavo tra il petto e l'addome, cercando di farla smettere. Si sentiva vulnerabile e delicato come una bambola di porcellana e non riusciva neanche a controllare il suo dannato corpo, l'unica cosa che gli fosse rimasta. André tirò fuori una sigaretta dal pacchetto che aveva in mano e ne offrì una a John, poi se la accese ed inspirò a pieni polmoni. Solo quando vide che l'altro non aveva ancora acceso la sua, prima lo guardò profondamente e poi gli rivolse un sorriso conciliatore.

"Sappi che questa roba ti rilassa, sarà piena di schifezze, ma a volte aiuta"

John lo guardò a sua volta e poi, in certo, si mise ad aspirare la sigaretta che André gli aveva acceso, provando a rilassare tutti i muscoli del corpo. Dopo qualche minuto si sentiva decisamente meglio, più calmo e tranquillo. Stava facendo davvero effetto. Si rese conto che le cose con André erano decisamente più facili, non solo perché non servivano molte parole a loro due per stare insieme, solo risate e fumo di sigaretta, magari ogni tanto un sorso di qualche liquore forte che lui ha preso dalla sua stanza, scappando nel bel mezzo di una conversazione triste o depressa per tirare su il morale di John, e lui ne era felice. Alla fine della serata erano entrambi leggermente ubriachi e ridevano sdraiati sul letto enorme che troneggiava al centro della stanza di John; non si erano toccati per tutta la sera, preferendo le battute pessime e sconce di André e le imitazioni buffe di John. Erano contenti, rilassati e finalmente John sentiva che qualcosa stava cambiando dentro di lui, non sentiva più la tristezza di essere solo dentro quel hotel, a soddisfare le proprie inclinazioni solo per un gusto egoistico di accanimento per se stessi. Invece quella sera era passata completamente senza pensare al sesso, almeno senza eccitarsi e farlo, interrompendo una delle nuove nate amicizie più belle che gli fossero mai capitate. Si sentiva davvero bene.

"Penso sia ora di andare, prima che non riesca più a reggermi in piedi e ti vomiti sulle scarpe" disse André ridacchiando accartocciato su se stesso.

"Ah credo sia ora di andare a dormire, grazie André della serata, davvero, ne avevo bisogno"

"Di nulla, amico mio." disse quest'ultimo, dando a John una pacca sulla spalla. Il sole ormai era caduto da molto dietro l'orizzonte e alcune stelle brillavano nel cielo; entrambi i ragazzi erano lì a guardarli, come se fossero divenuti di nuovo giovani, sollevati da tutto il peso di quello che accadeva all'esterno, leggeri e liberi.

I due si mossero in direzione della porta, barcollando e aggrappandosi l'uno all'altro per rimanere in piedi e a volte anche ai mobili circostanti. John gli aprì la porta e vi rimase appoggiato ridacchiando mentre il suo amico stava uscendo dalla stanza sulle sua gambe malferme. Quando André oltrepassò oltre la porta e si girò verso John sorridendogli con i suoi denti perfetti, rimasero qualche secondo o forse qualche minuto a fissarsi ridendo, come se il tempo si fermasse solo per loro due. Al termine di quel tempo indefinito e quasi magico, André afferrò la testa di John proprio sulle tempie e la baciò con foga, avvinghiandosi al suo corpo; non ne aveva mai abbastanza, la sua bocca cercava sempre di più la sua, ne assaporava ogni centimetro. Il miele più pregiato per André era nulla in confronto di quelle labbra che aveva tanto desiderato, di quell'amico ritrovato in quella terra desolata; la sua lingua fremeva in cerca di un qualsiasi contatto, ma alla fine dovette cedere al tempo e alla resistenza del suo compagno.

"Buonanotte" disse alla fine, facendo scivolare la sua mano sul legno di quella porta che ora li divideva. Se ne andò, ancora barcollando, senza dire una parola.

John rimase ancora qualche minuto sulla soglia della porta, appoggiato a quest'ultima, incerto sul da farsi. E mentre ancora era lì in piedi, si sfiorava le labbra con un dito e pensava, ma non riusciva bene a capire a cosa stesse pensando: se al ragazzo dai capelli rossi che si stava allontanando dopo averlo baciato o alla bottiglia mezza vuota che giaceva sul suo letto.


Sin HotelWhere stories live. Discover now