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Lavorare sotto il sole cuocente è dura e pensare che se sono qui è solo per colpa     di Dylan e lui se ne sta comodamente seduto sugli spalti.
Raccolgo i palloni  e li di sistemo nel carrello sotto il suo sguardo vigile.
-Potresti anche aiutarmi sai?!- urlo sperando che si accorga della fatica che sto impiegando.
-Hai detto bene potrei-
Chiudo gli occhi e prendo un bel respiro.
Tranquilla Alexis.
Tranquilla.
- Mi passi la bottiglietta d' acqua?- indico la bottiglia accanto a lui. Abbassa lo sguardo e la afferra. -Quale questa?- Annuisco e gli faccio cenno di passarmela.
Ma lui la svita e se la lascia scorrere sul petto. La maglietta si impregna del liquido che aderisce alla pelle. Mi perdo tra le linee dei suoi muscoli come fa anche un gruppo di ragazze che passa lì vicino e non si lascia scappare un sospiro straziante. Come biasimarle.
Mi lancia la bottiglietta quasi vuota. Bevo avida le ultime gocce d'acqua ma ho la bocca comunque secca.
-Sei uno stronzo!-
-E dai fatti una risata, ogni tanto- si avvicina verso di me con passo sicuro. Lo scambierei facilmente con un modello Abercrombie. Ma cosa sto dicendo?!
-Ammettilo, tutte vorrebbero vedere questo spettacolo-
-E allora fallo vedere alle altre!- mi allontano indispettita e lui mi segue. Riprendo il mio lavoro portando il carrello all'interno del capannone.
-Non te la sarai mica presa vero?-
-Dylan, per favore lasciami in pace-
Si avvicina e mi afferra la mano -Vorrei solo essere tuo amico-
-Lasciandomi in pace e standomi alla larga saresti il miglior amico di sempre-
Lo supero e mi dirigo verso l'uscita del capannone. Afferro la maniglia della porta e la apro. Non si apre. Faccio più forza, ma invano. Ci riprovo svariate volte,niente.  Deve essersi bloccata.
-Non si apre-
-Lascia fare a me- si avvicina alla porta e tenta anche lui di aprirla.
-L'hai chiusa te vero?- chiedo con un sopracciglio alzato sperando che sia così.
Nega con un cenno del capo.
-Dylan, sul serio- insisto un po' scocciata.
-Non sto scherzando- Lo fisso negli occhi e lui non batte ciglio.
-Oh merda-
-Non facciamoci prendere dal panico- mette due mani davanti a se e inizia a girovagare per la stanza per cercare una via d'uscita.
-Non ci credo che sono bloccata qui dentro con te-
-Molte altre starebbero volentieri bloccate qui con me-
-Ancora questa storia?- lascio cadere le mani che schioccano contro le cosce. - Lo vuoi capire che non me ne importa niente di te e che preferisco non stare con te?-
-Certo... Come no-
-Vedi di trovare il modo di uscire di qui piuttosto-
Torno verso la porta e provo ad aprirla con le forcine, ma proprio non ne vuole sapere di aprirsi. Deve esserci qualcosa da fuori che blocca la porta.
-Non ho trovato niente- mormora frustrato Dylan.
-Come niente? No ci deve per forza essere qualcosa!-
-Ehi, calma usciremo di qui.- Tenta di stringermi a se in un abbraccio ma mi scosto bruscamente.
Ci sediamo a terra con la schiena contro il muro.
Stendo una gamba davanti a me e piego l'altra, ci appoggio sopra un braccio, riverso in dietro la testa e chiudo gli occhi.
-Dove sei stata in questi anni?-
Mi mordo il labbro e trattengo le lacrime. -Via-
-Sì, ma dove?- insiste nuovamente.
-In un altro stato-
-Dove di preciso?-
-West Point- gli concedo di sapere almeno la città ma mi riprometto di non andare oltre. Se sapesse che sono andata all'Accademia non so come reagirebbe e che domande mi potrebbe fare. Le persone che lo hanno saputo mi hanno dato di matta e incosciente. Lui meno che altri potrebbe capire.
-Te ne sei andata per me?-
Rifletto su questa domanda. Me ne sono andata per lui? Forse, in parte ma non solo. Non è l'unico motivo per cui ho deciso di andarmene. Qui non mi sentivo a casa e volevo provare a intraprendere una nuova strada. Forse quella giusta.
Alzo lo sguardo e vedo una finestrella a circa tre metri da terra. Quella finestrella non solo mi offre la possibilità di uscire dal capannone ma di evitare anche la sua domanda.
Mi alzo e corro verso essa, sistemo il carrello delle palle prima raccolte e cerco di arrampicarmi.
-Cosa stai facendo?-
-Esco di qui- rispondo alzandomi in piedi sul carrello, questo traballa un po' e cerco subito un sostegno.
Dylan scatta verso di me. -Attenta, ti potesti far male-
-Tranquillo-
Riesco a raggiungere la finestrella e la apro, faccio passare prima le mani e mi afferro alle pareti esterne.
Faccio passare anche il resto del corpo e mi lascio cadere su una piccola piattaforma.
Non avevo pensato che l'altezza della finestrella all'interno corrispondesse anche a quella esterna. Scivolo sulla piattaforma fino a una grondaia e lasciandomi scivolare sul ferro vecchio e arrugginito riesco finalmente a poggiare i piedi a terra.
Lascio un sospiro di sollievo.  Faccio il giro del capannone e vedo che davanti alla porta c'è un altro carrello carico di palloni da rugby, deve essere stato quello a impedire il passaggio. Mi domando chi lo abbia messo lì.
-Alexis!- mi volto in direzione della voce e vedo James corrermi in contro.
-Che fai ferma lì, dai andiamo!-
-Veramente io...- mi volto verso la porta del capannone. Dovrei almeno spostare il carrello per permettergli di uscire, ma in fondo  cosa mai gli potrà fare qualche altro minuto lì dentro?
-Andiamo- gli sorrido e lo seguo verso il parcheggio.

I need your loveWhere stories live. Discover now