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La casa vuota, il silenzio, erano tutte cose a cui ero abituata prima che partissi. All'accademia non accadeva mai di stare da soli, c'era sempre qualcuno, che fosse un compagno o un addestratore. Ma d'altronde per la mia famiglia queste sono cose normali. Non è facile vivere in una famiglia di militari: mio padre si era arruolato nei marines quando era solo un ragazzo. Ha conosciuto mia madre durante un convegno, anche lei era un soldato. Si è ritirata poco prima della mia nascita e adesso tiene convegni in tutti gli Stati Uniti. Sono cresciuta senza un padre anche se so che non era per suo volere, quando tornava a casa era solo per poco tempo e io ero la bambina più felice del mondo. Scegliere di entrare in Accademia è stata una scelta meccanica e non me ne pento. Ufficialmente non faccio parte dell'esercito ma sono pronta per esserlo, alla fine di questo anno dovrò prendere questa decisione.

James dovrebbe arrivare a momenti, mi ha chiamato circa venti minuti fa dicendomi che era appena atterrato e avrebbe preso un taxi. Esco in veranda ad aspettarlo.

Prima non avevamo un giardino nè una veranda, vivevamo in un piccolo appartamento in città e mentre ero via i miei si sono trasferiti in una casa più grande in periferia. Penso che abbiano cercato di farmi sembrare la vita qui piacevole e agiata per convincermi a tornare, ma non saranno due stanze in più o il giardino a cambiare la mia decisione.
Nel silenzio del pomeriggio sento il rumore di una porta chiudersi. Volto la testa verso la fonte del rumore e vedo un ragazzo di spalle. Lo osservo scendere i tre scalini che separano la veranda dal vialino e  si dirige verso il marciapiede. Cammina un paio di metri prima di fermarsi davanti a una macchina, passa alla parte del guidatore volgendo finalmente il suo corpo verso di me.
Resto senza fiato. Non può essere: Dylan Blaik non può essere appena uscito da quella porta. Strizzo gli occhi e conto fino a tre prima di riaprirli e quando lo faccio lui è ancora lì e mi sta fissando. Chiude la portiera con un colpo secco e a grandi falcate si dirige verso di me.
-Bellezza! Ci rivediamo ancora- Il sole mi batte sul viso e porto una mano sulla fronte per riuscire a vederlo bene.
-Non posso dire che è un piacere Dylan- rispondo con un sospiro alzando le spalle.
-Questo è il tuo modo di interagire con la gente: fare l'indifferente. Sai mi piace questo tuo atteggiamento- Se solo sapesse chi sono.
-Non credi che invece sia solo sincerità?-
-Nah- scuote il capo ridendo leggermente, mettendo in mostra denti smaglianti. Sopra gli incisivi si notano sue piccole palline di ferro: ha un piercing, uno smile. Possibile che questo lo renda ancora più incredibilmente bello?
-Il tuo ego non ti porterà lontano, sai-
- Parliamo del tuo di ego piuttosto, non mi hai ancora detto il tuo nome. Cos'è miss  sincerità non crede che io sia degno di  saperlo?-
-Quanto sei infantile- mormoro alzando gli occhi al cielo.
-Non credo che tu voglia saperlo in ogni modo- aggiungo poi.
Sul suo volto si dipinge un ghigno -E questo cosa te lo fa pensare?-
-Forse perché non mi chiameresti più bellezza-
-Non credo proprio. Lasciami indovinare: allora sei seduta nella veranda dei Turner, chi potrebbe venire dai miei vicini?- Quindi lui vive qui? Il remoto pensiero che sia appena uscito dal letto di una ragazza si sgretola in mille pezzi lasciando che il terrore mi invada. Dylan come vicino?
-Ti do un aiutino- suggerisco. Voglio che sappia chi sono, in fondo via il dente via il dolore, no?
-Immaginami con trenta chili in più metti come scenario la mensa e un sacco di cibo addosso- Appena entravo in mensa quando ero ragazzina tutti mi lanciavano cibo addosso. Mangia balena. Ecco cosa dicevano tutti. Alla fine mi sono arresa e mangiavo sola in cortile sperando che nessuno mi venisse a disturbare lì. Però una cosa che ho imparato in accademia è che non ci si deve mai arrendere ma affrontare le cose a testa alta. Ed è ciò che sto facendo adesso: affronto il mio peggior nemico a testa alta.
-Cosa stai...?-
-Alexis!- urla una voce oltre di noi. Mi sporgo oltre Dylan e vedo un taxi parcheggiato sul ciglio del marciapiede, e davanti un ragazzo alto,muscoloso e tatuato. James.
Il contrasto è esilarante: un ragazzo così possente è appena uscito da un taxi rosa, se ne trovano molti qui a Gaveston.
In un attimo Dylan passa in secondo piano, scendo velocemente i gradini e corro sul lastricato del vialino sperando di non cadere a terra mentre mi lancio tra le braccia di James.
Il suo abbraccio mi rassicura e mi sento a casa. Più di quanto non mi sia mai sentita.
Dopo infiniti attimi riesco a sciogliermi dall'abbraccio mortale del mio migliore amico e dopo aver pagato il tassista lo prendo per mano e lo guido verso casa.
Dylan è ancora in piedi in veranda e osserva la scena scioccato e disorientato.
-Vattene Dylan-
-Alexis...- mormora lui incredulo.
-Vattene- ribadisco. Non aspetto una sua risposta che entro  dentro casa seguita da James e chiudo la porta dietro di me.

•Ciao, se il capitolo vi è piaciuto fatemelo sapere: lasciatemi un commento o una stellina. Un bacio al prossimo capitolo💋•

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