La passione ha il tuo nome. Capitolo 33

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Roma.

Eric.

Siamo diretti a casa perché mio padre ha deciso che dovevamo tornare. Me l'ha annunciato, stamane con una telefonata, ha detto che Roma, la cosiddetta città eterna, era stata blindata dai nostri uomini e ripulita dai seguaci di Isse. La notizia da un lato mi ha fatto piacere ma dall'altro ha cambiato il mio umore in peggio perché il suo è stato un ordine al quale non ho potuto sottrarmi. Furibondo, ho preso Emily, mentre faceva la doccia, come un selvaggio. Fregandomene, ho mantenuto la mia costante nel sesso spaventandola fino a farla gemere di dolore tutto il tempo. L'ho scopata ritenendola solo un contenitore di liquido per farla odorare di me e per sfogare la rabbia. Adesso è seduta al mio fianco, impaurita e silenziosa, imbattuti nel traffico scortati dalle auto della sicurezza, tra cui una guidata da Alex. Questa situazione non mi piace devo assolutamente recuperarla la rivoglio totalmente presa da me, ed ho l'arma per aprire un dialogo, <<ho ripreso Alex nella tua scorta, così non ti sentirai più in colpa>>. L'annuncio l'ha resa felice fin troppo, e questo ha cambiato il mio umore in peggio perché lei ha una simpatia per quel Vampiro.

Emily.

La notizia che Alex abbia di nuovo il suo lavoro, ha rallegrato me, ma innervosito lui e questo mi spaventa perché il suo momento no, continua e mi domando come faremo a superare questa giornata insieme. L'uomo perfetto, amorevole, scherzoso e aperto è sparito, si è allontanato mentalmente da me. Una nottata con lui, come quella che ho appena trascorso, non la dimenticherò più. Non ho fatto l'amore con un uomo ma sono stata scopata da un dannato e ogni mio tentativo di calmarlo con la tenerezza l'ha istigato solo di più. A quel punto ho rinunciato a toccarlo e mi sono aggrappata al tessuto del divano e l'ho lasciato fare tutto ciò che voleva sul mio corpo perché ho capito che era quello di cui aveva bisogno. Mi ha stordito, tanto da non percepire più quale parte bassa del mio corpo fosse riempita o libera da lui e la cosa orribile è che nonostante lui mi stesse facendo male fino alle lacrime a me è piaciuto. Poi dopo, quando ha ritenuto di essere appagato, mi ha tenuto stretta sul suo corpo in un abbraccio ferreo come se avesse timore che scappassi via e sollevandomi il mento, mi ha guardato diritta negli occhi dicendomi <<tu sei mia>>. Sfinita, sono crollata nel sonno, odiando quella sfumatura possessiva, ma innamorandomi un po' di più di quel demonio. Stamattina, quando mi sono svegliata, ho pregato che gli fosse tornato il buonumore, ma lanciandogli uno sguardo ho capito che il suo umore era tetro. E non si è calmato nemmeno dopo avermi trascinata e presa sotto la doccia. Ogni spinta tra le mie gambe è stata una martellata dolorosa, ma l'ho lasciato fare perché non avevo altra scelta. Ho cercato di ricordare se mentre salivamo in camera gli avessi detto o fatto qualcosa per indurlo a comportarsi in quel modo, ma onestamente non ci sono riuscita, forse perché ho bevuto troppo Cristal. Mentre attendevo che si vestisse ho sbirciato un foglio che teneva sulla scrivania, ho letto una mail ricevuta nella serata, il testo riguardava un attentato terroristico in un metrò in Brasile e che tra le centinaia di vittime c'era anche Nazifatu. Allora ho capito. Eric si è comportato in quel modo solo per scacciare il dolore e la rabbia per questo lutto. Ho pianto sia per quella donna sia per me, ma non gli ho detto niente. Ho compreso anche che, dopo essersi scatenato, quando mi ha detto: tu sei mia, è come se avesse voluto gridare al destino, non ti prenderai anche lei. Mentre penso a un modo per recuperarlo mi si allarga sulla faccia un sorriso ebete quando vedo che parcheggiamo davanti all'entrata della mia libreria, <<sapevo di renderti felice accompagnandoti qui>> mi dice spegnendo il motore e poggiando la testa al sediolino con aria stanca. Poveretto, mi fa tenerezza, sembra distrutto! Poi si volta verso di me e mi cattura lo sguardo con i suoi magnifici occhi che oggi sono di un grigio lucente e dopo un breve sospiro <<la mia scorta resterà a sorvegliarti>>. Le parole mi escono di bocca senza passare prima per il cervello e lo contraddico <no! Quelli sono capaci di controllare anche l'aria che respiro e non mi piace che un uomo mi aspetti fuori alla porta del bagno>> <<è il loro lavoro ma gli dirò di essere più discreti. Vedrai non ti accorgerai nemmeno di loro! Tu ne hai bisogno, perciò non discutere più, altrimenti mi arrabbio. Mi hai capito Emily?>>. Farti arrabbiare! Per poi subire ancora la tua ira? Non ci penso nemmeno. Sbuffando e rassegnandomi alla scorta, faccio per aprire lo sportello, quando improvvisamente Eric mi afferra un braccio dicendomi <<aspetta>> nel momento in cui mi volto verso di lui, mi tira a se tenendomi con una mano dietro al collo e poggiando la fronte sulla mia, mi chiede <<dimmi che stai bene>>. Non capisco se si riferisce al mio stato mentale o fisico, ma in entrambi i casi sono ridotta uno straccio e la parte infuriata del mio cervello vorrebbe gridargli in faccia che odio questo suo comportamento selvaggio e prepotente e che a causa sua sono tutta un male. L'altra parte del cervello, quello innamorato, che da retta al cuore si scioglie sotto il suo tocco e s'inebria del suo profumo e intenerita dal tono e della sua espressione mortificata mi induce a dirgli <<sto bene>> <<devo crederti?>> <<Sì>> gli dico per rassicurarlo. E lui si avvicina lentamente con le labbra alle mie. Abbasso la testa per sfuggire al suo bacio, ed esco dall'auto. Non so nemmeno io, dove ho trovato la volontà di non baciarlo, ma questo rifiuto penso gli faccia bene, così proverà almeno un po' di rimorso per come mi ha trattato questa notte e magari riesce anche a calmarsi. Senza voltarmi a vedere se fosse sceso dall'auto, perché non mi fido della debolezza che ho per lui, entro nel negozio e trovo Adriana furibonda. Mi avvio nello studio e lei lasciando sola Rachele alla cassa, mi segue e attacca <<quel bastardo ha una brutta influenza su di te!>>. Dopo di tutto quello che Eric ha fatto per me, quell'insulto veramente mi fa rabbia e con tono alto le dico <<non chiamarlo così. Lui merita rispetto, soprattutto da te>> <<potrei farlo se lui fosse una persona rispettabile, ma non è così ed io non gli leccherò mai i piedi, come fanno gli altri, se è questo che intendi. E lo ridico, lui è un bastardo perché sono convinta, che non ti abbia concesso il permesso di chiamarmi>> <<non è colpa sua se non ti ho telefonato. Nessuno mi ha vietato di farlo è solo che non ne avevo voglia>> <<adesso lo difendi pure. Si può sapere cosa ti sta facendo e cosa ti succede? Per te non esiste più niente tranne che lui>> <<non mi ha fatto niente e succede che la devi smettere di pensare sempre il peggio, di lui, se vorrai andare d'accordo con me. E devi smetterla anche di comportarti come se fossi mia madre. Questo tuo difetto d'intrometterti nella mia vita, mi ha costretto a non vivere più con te, perché sei insopportabile>>. Sto esagerando, ne sono consapevole e faccio un respiro per calmarmi. L'ultima persona che voglio ferire è Adriana, che ho sempre reputato una sorella e per questo merita delle spiegazioni, poiché sono stata io a lamentarmi di Eric con lei, alimentando la sua antipatia. Traggo un respiro, poi le dico <<scusami>> vedendo i suoi occhi colmi di lacrime e la abbraccio. Dopo esserci raccontate, iniziando da quando Eric mi aveva trovato seduta sul ponte sotto la pioggia, ovviamente omettendo l'attentato all'auto, il pericolo di rapimento, l'aggressività sessuale di Eric, per non farla preoccupare, lei dice <<quel figlio di puttana! Finalmente Pietro con Eric ha trovato pane per i suoi denti e per questo mi è leggermente simpatico>>. Detto da lei, che ha una scarsissima stima degli uomini, è un grosso complimento per Eric. E come biasimarla, la sua vita è stata segnata da profonde cicatrici, causategli proprio dal sesso maschile. Avevo, negli anni, più volte provato a farla ragionare, ottenendo, però, solo lunghe discussioni, che terminano col dire, da parte sua: l'unica che merita il mio amore, è mia figlia. Punto! Dopo aver pranzato insieme, come nostro solito, mi ricordo dell'ultima novità <<tra un mese mi sposo>> le dico di botto lasciandola senza parole. Poi si riprende e scoppia a ridere <<tanto ci credo quando vi vedo in chiesa>> e va via, perché aveva promesso a Letizia di portarla al circo nel pomeriggio. Questa è una cosa che resterà un sogno. Eric è ateo e sicuramente pretenderà un rito civile. Rimasta sola decido di restarmene nel mio ufficio, così nessuno si sarebbe accorto che ho delle guardie del corpo, perché per quanto possano essere discreti, non sono mica invisibili. Per ammazzare il tempo m'immergo nel lavoro, esaminando minuziosamente la contabilità. La stanchezza si fa sentire e gli occhi mi bruciano. Incrocio le braccia sulla scrivania e poggio la testa sopra: solo un minuto, mi dico. Un bip alquanto fastidioso mi tartassa il cervello e apro gli occhi. Oddio mi sono addormentata e sono già le sette di sera, intontita guardo il pc che emette quel suono: è Matteo in chat e sorrido nel leggere le domande, dettate dalla sua curiosità, sulla mia vacanza con aggiunta di battute punzecchianti su Eric e gli rispondo a tono. L'ultima chat mi chiede di mettergli da parte un libro di ricette messicane, un'arte culinaria nuova nella quale si sta cimentando e se avessi voglia di raggiungerlo al bar per un happy hour. Controllo l'orario: è ancora presto per la chiusura e faccio in tempo a raggiungerlo. Mi va proprio di fare due chiacchiere spensierate con lui. Nell'uscire dallo studio, mi scontro con Eric che entra. È tanto lo spavento che sobbalzo. Lui cupo, afferrandomi per le braccia e spingendomi dentro, <<dove stavi andando?>>. Porca miseria il suo umore è peggiore di come l'ho lasciato e mento terrorizzata dal suo sguardo <<a prendere un libro, ma tu che ci fai qui?>>. Allontanandomi, chiude la porta, poi mette le mani nelle tasche e provocatorio <<poiché stasera, non possiamo arrivare in ritardo e giacché tu sei una lumaca d'acqua, mi sono anticipato>> <<perché, dove dobbiamo andare?>> domando sospettosa. Di sicuro ha in programma qualche altra cena familiare, poiché l'ultima in pratica non è mai iniziata, l'avrà organizzata perché sa che a me fa piacere stare con i suoi fratelli e che alla presenza di suo padre, con lui ritornerei tutta coccole e sorrisi. <<A un galà, dov'è richiesta l'eleganza>> risponde tranquillo come se fosse una cosa che facessi tutti i giorni. <<E tu me lo dici così?>> esclamo spiazzata, perché avevo inteso ben altro. <<La prossima volta ti mando l'invito ufficiale, invece stasera ti concedo un'ora per lasciare il bagno, a tempo scaduto, butterò giù la porta e poi ti divorerò. E tu sai come>>. Questa è una sfida per vedere se io c'è l'avessi ancora con lui e crede pure di spaventarmi. Sono tentata di attaccarlo per il comportamento selvaggio di stanotte, ma è quello che lui si aspetta ed io non ho proprio intenzione di subirlo ancora e di tirare in ballo l'argomento Nazifatu. Che riposasse in pace quella poveretta. Prendendo la borsa dalla scrivania sorrido, e poiché le quattro guardie del corpo sono abbastanza distanti da poterci sentire, mentre ci avviamo all'auto, lo provoco per cercare di migliorare il suo umore <<ti stupirò Eric, non ti darò il piacere di farmi vedere in un posto, come tu vorresti e di scoprire il mio segreto>> <<allora la benda è stata una scusa e tutte quelle moine le hai fatte di proposito!>>. Vedendolo predisposto, a essere giocoso e che sorride incuriosito, lo provoco ancora sapendo quale fosse il suo desiderio, e parlandogli all'orecchio <<sono certa che non mi hai guardato giù a sud, nemmeno mentre dormivo. Altrimenti me lo avresti già detto>>. Il suo sguardo si fa riflessivo, dicendo <<a sud, non ci sono anomalie!>> poi serio mi domanda <<cosa celi là sotto? Dimmelo!>>. Scuoto la testa divertita dalla sua curiosità ed entro in auto. Eric, chiude il suo sportello e avviando il motore <<tu non ci riuscirai a essere puntuale ed io tra poco più di un'ora ti vedrò. Anzi ti esaminerò>> mi provoca ancora con convinzione. Mi sento avvampare all'idea e guardo fuori dal finestrino la strada scorrere per non mostrargli il mio imbarazzo ma sono contenta che non sia più intrattabile. Appena arrivati a casa, mi precipito di sopra e dopo la doccia, subito prendo ad acconciare i capelli in un semplice chignon basso. Poi vado in camera. Eric, guarda l'orologio <<mancava meno di un minuto. Sarà per la prossima>> <<io non sono una lumaca! Quando voglio, so essere precisa>> <<ha solo paura di me>> risponde sorridente entrando in bagno e senza chiudere la porta inizia a spogliarsi lasciando i vestiti sul pavimento. Questa brutta abitudine mi fa impazzire! Spesso glielo ho fatto notare, mentre li raccolgo, ma lui sostiene, che non fossi tenuta a farlo perché Olga è pagata anche per quello. E prima di infilarsi sotto la doccia, mi fa una strizzatina d'occhio. Mio Dio! Quest'uomo è proprio spudorato quando decide di provocarmi. Nonostante ho avuto a che fare con il suo corpo nudo, vederlo ogni volta in tutta la sua avvenenza, però mi folgora... riscuotendomi, da certi ricordi mormoro <<cosa stavo facendo? Ah sì, i preparativi>>.

Dopo il trucco, passo alle mani. Dandomi l'ultima spennellata di smalto rosso, decido di accelerare il processo di asciugatura. Vado nel bagno e apro il rubinetto del lavandino, immergendo le dita sotto l'acqua fredda. Eric, esce dalla doccia con un telo avvolto sui fianchi e occupando l'altro lavandino inizia ad aggiustarsi i capelli con il gel. Come mi piacerebbe affondarle io le dita in quella folta chioma nera, tirarlo a me e baciare quelle labbra piene e morbide. Mio Dio! Mozza il fiato tanto è bello e se voglio, posso tirargli via quel telo... al solo pensiero, mi s'irradia un desiderio impellente e il mio corpo freme di sua iniziativa, stringo le gambe tentata di supplicarlo: prendimi, qui, adesso che non ho paura di te. Fammi impazzire con le cose cattive che sai fare tu, ma lui è disinteressato! Imbarazzata, distolgo lo sguardo: oddio mai ho avuto, a occhi aperti, certi desideri su di un uomo, ma non resisto e ritorno a fissarlo.

Eric.

È rimasta incantata a osservarmi. Lei mi vuole, me lo dicono i suoi ormoni in subbuglio. Anche i miei a dire il vero e finalmente è ritornata a sorridermi, ed io voglio di più. Mettendomi alle sue spalle, poggio le mani sui suoi fianchi e le dico <<non posso passare tutta la serata pensando a un'unica cosa. Fatti guardare>> <<cosa?>> lei domanda arrossendo. Mi piace che lei arrossisca per le cose che le dico, quel rossore ha il sapore dell'innocenza, quella che le ho rubato ma che continua a persistere nel suo essere. Sorridendo, le sollevo, lentamente, la vestaglia nera di raso e guardandola dallo specchio le accarezzo il sedere <<niente biancheria! Mi piace>> la giro e indietreggiando di due passi, le ordino <<spogliati! Voglio vederti>> <<no! Non qui>> mi dice con il respiro accelerato. <<Vuoi distenderti?>> le propongo accomodante. <<Sì, magari sul letto>> <<va bene. Andiamo>> e le porgo la mano. Lei si morde un labbro e lancia uno sguardo alla porta della cabina armadio. La strega sta calcolando la distanza per correre a rinchiudersi lì dentro, infatti, scatta di lato ed io lesto la afferro e sollevandola la siedo sul marmo del mobile mettendomi tra le sue gambe, <<eccello nella caccia>> le dico, poi le sciolgo la cintura della vestaglia. <<Non farlo, ne morirei>> mi prega con il volto in fiamme. Decido di accontentarla, ma solo per farmi assecondare. La accarezzo tra le cosce <<ricordavo bene è perfetta fuori>> le sussurro all'orecchio, poi le infilo un dito dentro <<qui lo è ancora di più>>. Accidenti, com'è pronta. <<Eric, per favore smettila>> <<perché? Il tuo corpo, esprime il contrario di quello che vuoi>> <<ed è umiliante>> dice con il volto girato di lato. Delicatamente sfilo il dito da lei, <<guardami Emily>> appena incontra i miei occhi, spingo i fianchi in avanti facendole sentire la mia eccitazione, dicendole <<io la chiamerei, gratificazione. Le umiliazioni sessuali sono altre, libera la mente da ogni pregiudizio, ascolta solo il tuo corpo. Il mio mi suggerisce di fare questo>> e passo sulla sua bocca un dito bagnato dai suoi umori. Poi assaggio le sue labbra, in fine la bacio e mi sale un gemito doloroso <<il tuo sapore è maledettamente inebriante. Tu scateni pretesa e fame, non immagini cosa ho voglia di farti>> sussurro sulle sue labbra. Lei spalanca gli occhi intimorita ed io mi trattengo. Oggi mi ha mentito sul suo star bene ed io mi sono ripromesso di farmi perdonare e se voglio riuscirci, devo rinunciare a possederla, anche se ho una voglia matta di lei, devo darle anche il tempo di riprendersi, perché voglio che lei questa volta provi solo piacere e non dolore. <<Adesso però dobbiamo proprio muoverci>> e la sollevo per i fianchi rimettendola a terra.

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