VII Gea

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03.12
Da: Genn

Non riesco a dormire. Troppi pensieri. Raccontami qualcosa.

03.15
A: Genn

Sono le tre di notte Genn, cosa dovrei raccontarti?

03.15
Da: Genn

Qualcosa.

03.16
A: Genn

Non è serata. Dave ha beccato la sua ragazza con un tizio, è distrutto.

03.16
Da: Genn

Ah. Sei con lui?

03.17
A: Genn

Sì, non voleva tornare a casa e l'ho fatto dormire qui. Devo andare, non voglio svegliarlo...

03.17
Da: Genn

...sta scrivendo...

03.26

Buonanotte Gea.

Posai il cellulare sul comodino, chiedendomi cosa stesse scrivendo prima di cancellare tutto e mandarmi solamente quelle due parole.
Era passato un mese da quella prima emoticon, e la piccola oca aveva dato il via ad un incessante scambio di messaggi. Genn mi scriveva tutti i giorni, a volte per noia, altre per pormi domande esistenziali e filosofiche a cui lui stesso rifiutava di rispondere. Non sapevo bene come reagire a quelle attenzioni. Lui non era una persona comune, qualcuno che potevi chiamare per un caffè quando ti andava. Era una star della musica, tremendamente complesso e ancora più impegnato, riconosciuto ovunque andasse. Ma, soprattutto, era imprevedibile. Cambiava umore ad una velocità spaventosa, una sola parola poteva modificare il corso della giornata.
Sentii Dave brontolare qualcosa con il viso sprofondato nel cuscino, e le mie coperte vennero trascinate via.
"Metti via quel coso, fa luce..."
"E tu ridammi le coperte, uomo ingrato."
Tirai forte la stoffa e lo lasciai scoperto.
"Sto soffrendo, merito un po' di calore", mugugnó con un'espressione tristissima.
Coprii entrambi. "Cerca di dormire, ne hai bisogno", mormorai posandogli un bacio sui capelli scuri.
Lui sospiró. "Era Gennaro?"
"Già."
Dave non disse più nulla, così chiusi gli occhi e provai ad addormentarmi, cullata dal suono del respiro del mio migliore amico.
Ero arrabbiata, e questo non contribuiva affatto alla mia insonnia: la ragazza di Dave non mi era mai stata simpatica. Era sempre stata egoista, arrivista e falsa ma non pensavo potesse fare una cosa del genere, sembrava che lui le piacesse veramente.
Da qualche giorno, Genn cambiava drasticamente umore ogni volta che nominavo Dave. Sembrava quasi geloso, nonostante mi sembrasse una cosa impossibile. Mi addormentai con il suo viso e tante domande in testa, esattamente come le notti precedenti.

La mattina dopo, Dave mi svegliò prestissimo.
"I tuoi sono usciti dieci minuti fa. E... Arianna vuole parlarmi, ha detto che si vuole spiegare. Dovrei andare, secondo te?"
Ancora mezza addormentata, mi passai le mani sugli occhi spargendo l'eyeliner ovunque.
"Non lo so... forse sì, per chiudere in maniera decente se non altro."
Lui annuì. "Ti chiamo dopo."
"Vuoi che venga con te?"
"Certo, così le tiri un pugno e la insulti. Devo vedermela da solo, ma grazie."
"Mi conosci troppo bene", mugugnai alzandomi dal letto.
Venti minuti e due tazze di caffè dopo, Genn mi scrisse di connettermi su skype. Corsi a cambiarmi come una furia, sistemai quel pasticcio nero che avevo combinto sulla mia faccia e accesi il computer.
"Ciao", mi salutò lui, le cuffiette nelle orecchie e due profonde occhiaie a solcargli il volto. Portava un maglioncino di un giallo che io odiavo, eppure su di lui stava tremendamente bene. Visto dallo schermo, gli occhi sembravano più scuri.
"Hei... ma hai dormito stanotte?"
"È più probabile che non abbia dormito tu, non dovevi consolare il tuo caro Dave?"
Lo guardai, ammutolita. "Gennaro..."
"Sì, lo so. Lo so, scusa. Comunque no, mi sono addormentato tardissimo e svegliato prestissimo."
"Come mai?"
"Ero in giro. Sta piovendo da te?"
Mi voltai verso la finestra, le cui imposte erano ancora chiuse. "Ci guardo, dammi tre secondi."
Quando aprii, però, non fu la fine pioggia la prima cosa che vidi.
Lui era lì.
Appoggiato all'auto scura, sotto un ombrello ancora più nero e con il telefono in mano. Per un secondo, il respiro mi si mozzó in gola. Mi voltai verso il computer. Il suo viso mi rivolse un cenno e lo sentii dire, con la voce che giungeva alle mie orecchie da due punti diversi: "mi apri o hai intenzione di lasciarmi qui? Credo che diluvierà."
Corsi ad aprire il portone di casa e mi lanciai fuori, verso Genn che varcava il cancello. Ero così contenta di vederlo di persona, piuttosto che attraverso un apparecchio elettronico, che mi gettai su di lui.
Barcolló leggermente all'impatto, ma poi mi strinse a sé. Aveva un profumo incredibilmente buono.
"Perché non me lo hai detto?"
"Che sorpresa sarebbe altrimenti? Io ed Alex saremo a Milano per la fashion week la settimana prossima, abbiamo rimediato qualche invito. Ho pensato di fare una deviazione venendo qui."
Lo guardai, sbalordita. "Ti fermi per una settimana?"
Annuí. "Alex arriva tra quattro giorni, gli era piaciuta questa città."

Lo invitai ad entrare e gli preparai un caffè, mentre lui osservava la marea di foto che decorava le pareti di camera mia. Quando glielo portai, bevve un sorso e sollevò lo sguardo su di me. Rimase a fissarmi per qualche minuto, mentre le mie guance si tingevano di rosso. "Hai la maglia al contrario", disse.
"Non posso crederci... ti giri, per favore?" gli chiesi chiedendomi come avessi fatto a non accorgermene da sola. Gli diedi le spalle e la tolsi per rimetterla dal verso giusto, ma la voce di Gennaro mi spiazzó.
"Hai un tatuaggio", constató. Sentii le sue dita gelate sfiorarmi la parte alta della schiena.
"Dovevi girarti", replicai cercando di respirare normalmente.
"Be your own anchor. Mi piace. Non mi avevi detto di avere un tatuaggio."
"Non me lo avevi mai chiesto."
Rimase in silenzio, ma sapevo che non si era spostato perché percepivo il suo fiato sulla pelle. Infilai lentamente la maglia e mi voltai. Era ancora a pochi centimetri da me, la tazza fumante in mano. Non riuscivo a capacitarmi di quanto i suoi occhi fossero azzurri.
Genn socchiuse le labbra come se stesse per dire qualcosa, ma in quel momento si aprì la porta.
Dave entrò come una furia.
"Ha dato la colpa a me! Perché non le davo abbastanza attenzioni, ti rendi conto?!"
Si bloccò quando ci vide così vicini. "Oh. Scusa Gea, io... aspetta. Sei Genn degli Urban Strangers! Non ti ha inventato lei allora!"
"Grazie tante, Dave."
Genn si allontanò da me e strinse controvoglia la mano a Dave. Visti uno accanto all'altro erano diversissimi.
"Ha le chiavi?", mormorò Genn nel mio orecchio. Gli feci segno di tacere.
"Sul serio ha detto questo? Secondo me è stata colpita in pieno da un fulmine."
"Credo che me ne andrò", disse Gennaro, a voce alta.
"Possiamo fare una foto prima? Insomma... sei Genn."
"Certo."
Cercai di non ridere. Dave non aveva ancora metabolizzato del tutto che avessi conosciuto gli Urban Strangers.
Seguii Genn fino al portone d'ingresso.
"Ti va di vedere un film stasera?" azzardai. Come sempre il suo umore era altalenante, e non sapevo che risposta aspettarmi.
"Quale film?"
"Sceglilo tu. Alle otto?"
Annuí e fece per chiudersi la porta alle spalle. All'ultimo secondo parve ripensarci e mi schioccó un bacio sul naso.
"Sei strana."
"Mai quanto te."

Strangers  (in the same empty space)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora