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THOMAS

Lunedì


Aveva sempre amato South Kensington.

Emanava un senso di poesia elegante che apparteneva a un'epoca lontana e anche quella sera, come ogni volta, ne ammirò i meravigliosi edifici storici che si rincorrevano oltre il finestrino della Mercedes che svoltò su Cromwell Road. 

Davanti al Museo di storia naturale si ergevano degli alberi vestiti da un manto di lucine bianche ed era tutto bellissimo, ma lui provava solo inquietudine.

Inspirò a fondo, lisciandosi il rever in seta della giacca.

«Non essere nervoso, Tommy. Si tratta di poche ore», lo rassicurò Noah, seduto al suo fianco. 

Ma Thomas sapeva che nemmeno lui era tranquillo, non lo era mai quando doveva partecipare a eventi mondani organizzati dalla sua famiglia e, come se non bastassero i già difficili rapporti con i genitori, vedere il fratello Greg lo metteva di cattivo umore.

La Hall Publishers United era lo sponsor della serata.

Le donazioni degli invitati sarebbero finite sul conto corrente di una fondazione che garantiva l'educazione dei bambini del terzo mondo e Walker aveva scelto Thomas per scrivere un articolo sull'evento. Noah aveva accettato di restargli accanto e accontentare suo padre sperando di risparmiarsi le critiche per qualche settimana.

«Non credo che Turner ci sarà», disse più a se stesso che al suo migliore amico, stringendo il programma della serata dove il suo nome spiccava tra quelli degli artisti. Una delle sue opere era stata scelta dalla gallerista Sophia Sanders in rappresentanza della causa. «Lui vive lontano dai riflettori.»

«Non mi riferivo a lui dicendoti di stare tranquillo.» Noah gli sorrise. «A ogni modo, stai benissimo in smoking.»

Rise imbarazzato. «Be', grazie per avermelo prestato.»

Prima dell'incontro di quella mattina con Jackson a Hyde Park si era sforzato di vivere archiviandolo nel cassetto del passato. Si svegliava e faceva colazione con i suoi migliori amici, poi andava in ufficio, scriveva articoli, partecipava alle riunioni, visitava nuovi posti da recensire e la notte combatteva contro l'insonnia leggendo libri.

Viveva, certo, eppure gli sembrava di galleggiare in una statica apatia, sempre sull'orlo del precipizio di un buco nero generato dal collasso gravitazionale della testa che non riusciva a spegnere. E per non cadere scriveva in continuazione sulla Moleskine, cercando un appiglio, legandosi ai fogli bianchi.

Poi, poco più di dodici ore prima, era uscito di casa per non soffocare e spinto da un'assurda forza si era messo a correre attraverso la città fino al parco dove lo aveva trovato. Nel vederlo sulla sponda opposta del Serpentine non aveva potuto fare a meno di pensare che, per quanto provassero a perdersi, non potevano smettere di ritrovarsi.

Sarebbe successo anche lì, quella notte?

«Siamo arrivati», disse Noah scuotendolo per una spalla.

Scesero dalla macchina quando un giovane in divisa aprì loro la portiera.

L'imponente rampa curva era illuminata da centinaia di candele bianche e all'entrata consegnarono loro delle maschere di velluto nero con sottili ricami dorati. Le indossarono, scambiandosi occhiate poco convinte.

«Devo cercare i miei genitori e farli vergognare davanti a tutti i loro amici. Vieni con me, Tommy?»

Noah non aveva tolto né il piercing al labbro né i dilatatori ai lobi, e non si sforzava di celare i tatuaggi che gli costellavano il collo e le mani, orgoglioso di affrancarsi dalle rigide etichette sociali.

You Make Me Ache I Crave YouWhere stories live. Discover now