PROLOGO

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JACKSON JAMES

Sabato


Era mattina presto?
Così sembrava.
Sentiva le palpebre pesanti, come se due macigni gli gravassero sopra. Cercò di aprire gli occhi sforzandosi di raccogliere le energie che gli

restavano e nello stropicciarseli gli anelli d'argento che portava alle dita si scontrarono, tintinnando.

Persino quel suono gentile era un frastuono per la sua emicrania.

I raggi del sole oltrepassavano la tenda leggera, inondando la stanza con la luce dell'alba.

Ma dove cazzo sono? pensò.
Doveva smetterla di bere così tanto.
Sì, come no...
Cercò di alzarsi dal letto ma quel movimento gli parve impossibile. Le

tempie non smettevano di pulsare e il sapore in bocca di alcol e sigarette era orribile. Doveva darci un taglio. Prima o poi.

Riuscì faticosamente a sedersi sul letto sfatto e si guardò intorno. Sul divano di pelle rossa dagli angoli consumati erano ammucchiati dei vestiti e sul parquet c'erano un paio di bottiglie vuote di gin e un posacenere zeppo di mozziconi.

Okay.
Era nell'appartamento di Aiden.
Storse la bocca, schifato dalla piega monotona che aveva preso la sua vita. Ogni sera verso le sette entrava in doccia con la sua musica preferita in sottofondo. Si radeva il viso con una sigaretta tra le labbra e un'altra a consumarsi nel posacenere sul lavandino, perché era sempre meglio averne due a portata di mano. Indossava una camicia eccentrica sbottonata che lasciava intravedere i tatuaggi sul petto, un paio di skinny jeans neri, i suoi stivaletti preferiti, qualche spruzzo di Tobacco Vanille alla base del collo ed era pronto per fare serata nel locale che preferiva in tutta Londra, il The Whisper.

Si trascinò stancamente fino alla finestra che dal quinto piano si affacciava su Old Gloucester Street e premette la fronte contro il vetro, osservando l'asfalto del marciapiede che conservava le impronte invisibili dei suoi passi.

Era ancora solo un ragazzino quando aveva lasciato la cittadina dove era cresciuto – troppo provinciale per i suoi sogni ingombranti – ed era arrivato nella capitale in una giornata fredda con l'iPod mezzo scarico e le scarpe fradicie di pioggia.

Ai tempi non sapeva niente della vita né di se stesso, per questo aveva permesso all'immensità di Londra, elegante e dannata, di rapirlo. In quel marasma di visi sconosciuti dietro le vetrine appannate delle caffetterie, assordato dai fischi dei freni della metropolitana e degli autobus rossi a due piani, si era sentito libero. E in bilico tra la felicità e una tristezza incurabile era diventato Jackson James Turner.

Lo specchio del bagno gli restituì un'immagine di sé esausta, con gli occhi arrossati, un vago accenno di barba e il viso scavato dagli eccessi. Se lo lavò sfregandoselo forte, come a volersi liberare dalla stanchezza, ma rischiò solo di strapparsi via dalla carne l'anellino che portava alla narice sinistra.

Aveva urgente bisogno di una doccia e di un Caramel Macchiato da Starbucks. Per fortuna Aiden era andato a correre, non voleva incontrarlo fino a quella sera. Si rivestì velocemente, trovò un'ultima sigaretta e un paio di Ray-Ban tra le bottiglie sparse sul bancone della cucina e uscì.

You Make Me Ache I Crave YouWhere stories live. Discover now