4.

197 8 0
                                    

THOMAS

Mercoledì


Non appena si aggiudicò l'unico sedile libero dell'affollato vagone della metropolitana si abbandonò contro il finestrino e chiuse gli occhi. Era stanco ma non poteva fare a meno di sorridere. Sorrideva da tre giorni, sorrideva anche in quel momento perché aveva ottenuto la promozione ed era felice.

Quando erano tornati dal The Whisper sabato notte, Zack e Noah erano rimasti al suo fianco tutto il tempo mentre scriveva l'articolo, stesi sul parquet della sua camera a passarsi uno spinello con la luce dell'alba londinese che investiva le persiane.

La risposta concisa del suo capo era arrivata via e-mail nel pomeriggio della domenica: il lavoro gli era piaciuto e il mattino seguente sulla grande scrivania di mogano del suo ufficio aveva trovato l'edizione del giorno con il suo articolo firmato Thomas Reed.

Ancora faticava a crederci.

Avrebbe voluto esultare ma si era limitato a firmare silenziosamente il nuovo contratto e a stringergli la mano.

Gli era stata data una postazione nell'open space con altri giornalisti e un badge per accedere a locali ed eventi da recensire per la sezione «London Life» quattro volte a settimana. 

Era un sogno che si avverava e ogni pensiero felice avrebbe voluto annotarlo sulla Moleskine, ma l'aveva persa. 

Le collezionava fin da quando, a otto anni, suo nonno gli aveva regalato la prima e non gli era mai successo di smarrirne una. La sorte aveva voluto che capitasse con l'unica tra le cui pagine aveva scritto del suo incontro da Starbucks con Jackson James Turner, uno dei fotografi più famosi e osannati della sua generazione.

La sua citazione più conosciuta – che descriveva la sua filosofia professionale – diceva: 

«Il fotografo non è il protagonista. La fotografia lo è». 

La sua immagine era avvolta nel mistero, quasi nessuno, se non pochi diretti collaboratori, sapeva che aspetto avesse e questo perché voleva che la sua arte parlasse per lui. Quasi nessuno a parte Thomas.

Non riusciva a dimenticarlo, non poteva.

Ne aveva parlato con Zack la notte prima, sdraiati sul suo letto con i piedi scalzi e le caviglie incrociate.

«Ho bisogno di rivederlo, ma ho paura che non accadrà. Non facciamo nemmeno parte della stessa galassia e forse è meglio così.»

«Se lo rivedrai sarà il destino a deciderlo», gli aveva detto l'amico, sollevando la testa. «Sappi solo che non credo tu gli debba una seconda possibilità. Ti avrà anche baciato, ma resta sempre uno stronzo.»

«Non è chi dimostra di essere e ci sono le sue fotografie a testimoniarlo.»

Aveva fatto spallucce. «Mi sono sempre fidato del tuo giudizio sulle persone e, se vorrai frequentarlo, gli concederò il beneficio del dubbio. Per te. Ma devi farmi un favore, Tommy.»

Aveva annuito, invitandolo a continuare. «Devi lasciarti andare e credere in te stesso perché il ragazzo perfetto non esiste, esiste qualcuno perfetto per te. Quindi lasciati amare. Non dico da Turner, parlo in generale. Lasciati amare per chi sei, imperfetto come lo siamo tutti e incompiuto come pensi di essere. Credere di poter nascondere tutte le parti di te che sono spezzate solo per paura che qualcun altro sia incapace di amare ciò che non è perfetto è come credere che la luce del sole non possa entrare da una finestra rotta e illuminare una stanza buia. Capisci quello che intendo?»

Lo capiva. Sempre.

«Se il destino vorrà fartelo rincontrare e quello stronzo ti renderà felice anche una sola volta, allora non avere timore di mostrargli il vero te, Reed. Se è l'amore che cerchi, vai là fuori a prendertelo, non lo troverai restando in camera tua a inventarti luoghi che non esistono.»

You Make Me Ache I Crave YouWhere stories live. Discover now