Capitolo XXXVIII

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Ero in una piccola casa, con poche stanze e le pareti colorate, com'erano sempre piaciute a me. Le finestre avevano i davanzali colmi di fiori, le tendine bianche terminanti in pizzo e qualche raggio di sole filtrava dai vetri. La sensazione di poter stare sotto la luce del sole senza ridurmi in un mucchietto di cenere era da un po' che non la provavo. Ed era bella. Mi faceva sentire viva, forse come non lo ero mai stata. Non ci soffermiamo mai a pensare alle cose belle della vita, non ci rendiamo conto di quanto la semplicità possa valere più di qualunque altra cosa. Ci accorgiamo di essere circondati da beni preziosi solo quando, oramai, li abbiamo persi. Come il sole, nella banalità quotidiana potrebbe apparire come colui che ci illumina e riscalda le nostre giornate. Ma qualcuno di noi ha mai pensato a quanto sia importante? Tutto, poi, diventa effimero e sembra sfuggire alla portata delle nostre menti.

Nella stanza nella quale mi trovavo vi era un piccolo tavolo, su di esso una brocca in vetro con dei fiori freschi, sembravano appena colti. Margherite, girasoli, primule e tulipani. Era la casa di campagna, semplice e rustica che avevo sempre desiderato. Abituata a vivere in una villa, tutto ciò che sognavo era un ambiente piccolo, naturale, ma accogliente, nel quale potermi sentire davvero a casa e non dispersa, una fra tanti in una dimora troppo grande.

Decisi di uscire in giardino. Dalla porta pendeva un acchiappasogni con le campanelle, ornato di piume colorate. Quando varcai la soglia, si estese davanti a me una piccola distesa verde, non troppo grande, al cui centro vi era un albero di ciliegio maturo.

I fiori erano magnifici, punteggiavano il prato di mille colori. E all'ombra della chioma del grande ciliegio, era stesa una donna. I capelli biondi svolazzavano al vento e sapevo benissimo di chi si trattava. Mi avvicinai e mi chinai in ginocchio, fino a raggiungere la sua stessa altezza. Fra le mani aveva un cestino di vimini, dal quale proveniva un certo profumino. «Ciao mamma», la salutai, scoccandole un bacio sulla guancia.

«Ho preparato per te una crostata, una crostata alla marmellata di ciliege, le stesse colte da questo albero.» Era radiosa e felice, come l'avevo vista poche volte. Era così allegra solo quando le cose andavano davvero bene. Indossava un magnifico abito color pesca a fiori, che si abbinava perfettamente all'intero contesto.

«Grazie mamma.»

Mi prese il viso tra le mani, cominciando ad accarezzarmi le goti rossastre. «Tesoro, devo dirti una cosa», annuii pronta ad ascoltarla «Io adesso devo andare, ma tornerò. Te lo prometto.»

«Dove vai, mamma?» ero tranquilla, leggera, per nulla agitata. Nel mio animo sapevo che quella fosse la cosa giusta, ne ero certa e quindi stavo bene. Non temevo di rimanere da sola, non temevo nemmeno che lei sarebbe andata via e non l'avrei più rivista. Tanto sarebbe tornata. Ed ero certa che sarebbe stata bene.

«Non lontano da te, non temere. Ma io torno presto», adagiò il cestino sulle mie ginocchia e da lì presi un pezzo di crostata, già tagliata, e lo addentai. Si alzò e andò via, tenendomi la mano. «Tornerò presto, tesoro» e mentre continuava a stringere la mia mano, vidi la sua figura diventare fioca fino a scomparire.

Nello stesso istante aprii gli occhi e tornai alla realtà. E nella realtà mia madre non c'era.

Ma come nel sogno, adesso stavo bene, non mi sentivo più triste e malinconica perché ero certa che mia madre vivesse meglio, lontano da questo posto, ovunque lei fosse andata.

Eravamo lontane, ma non con il cuore. E all'improvviso mi sentivo incredibilmente leggera e serena, come se tutto il male che prima si trovava dentro di me fosse all'improvviso scomparso. Lei viveva bene e non mi avrebbe abbandonata. Lei sarebbe tornata.

Era il giorno prima del matrimonio, Luke doveva essere molto indaffarato poiché quella mattina non lo vidi in casa. Di solito quando ci si sposa si dovrebbe essere emozionati, agitati, euforici. Immagino si provino mille sensazioni nello stesso momento. Chissà Luke cosa provava, chissà cosa sentiva in quel cuore da vampiro.

Eloise - Figlia di una schiavaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora